Storia MinimaNon tutti i liberali vengono per fare del bene

Non tutti i liberali vengono per fare del bene

La parola liberalismo è spesso evocata come il toccasana magico alle nostre disgrazie. Più precisamente come la terapia che guarirà i nostri difetti e comunque, se non un vero lasciapassare verso il futuro, almeno capace di perseguire il fine di liberarci dalla zavorra della demagogia.

Davvero il liberalismo è questa cosa? E ha questo potere? Forse. Ma le affermazioni apodittiche mi lasciano sempre perplesso.

Così ho pensato che non sarebbe stato male individuare un testo indubbiamente scritto da una figura di profondo animo liberale, ma che lasciasse interdetti, incerti, o almeno non suonasse così lodevole. Tanto per non affidarsi un’altra volta a una fede, ma per avere un rapporto laico con le categorie politiche.

Benedetto Croce, Liberiamoci del Settecento riformatore*

Non potendo altro, io me la prendo, intanto, contro la Massoneria, non già come si fa d’ordinario, perché la giudichi perniciosa accolita di intriganti e affaristi (…), ma appunto perché quell’istituto, originato sul cadere del Seicento, al primo formarsi dell’indirizzo intellettualistico, plasmato nel Settecento, messo ora a servizio della democrazia radicale, popolato dalla piccola borghesia, rischiarato dalla cultura dei maestri elementari, rafforzato dal semplicismo razionalistico del giudaismo, è il più gran serbatoio di “mentalità settecentesca”, uno dei maggiori impedimenti che i paesi latini incontrino ad innalzarsi a una vera comprensione filosofica e storica della realtà e a una vita politica adeguata ai nuovi tempi”.

Benedetto Croce, Pagine sulla guerra, Laterza, Bari 1928, p. 108 (il brano è del marzo 1916)

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