Assunta Legnante ha alle spalle una carriera di altissimo livello. Campionessa europea indoor di getto del peso nel 2007, detentrice del record italiano con 19,04, olimpica azzurra a Pechino 2008. Risultati raggiunti sempre con un problema fisico non da poco: un occhio a mezzo servizio. Nel 2004 il Comitato Olimpico non la ritenne idonea a partecipare ai Giochi di Atene proprio a causa di un glaucoma (pressione sanguigna elevata).
Ma era una malattia che faceva brutti scherzi. Alti e bassi. Tra il 2004 e il 2008, sotto il controllo di Iaaf e Fidal centinaia di gare disputate, Europei, Mondiali, primati italiani, un titolo continentale indoor ed una fascia di capitano della nazionale sigillata sul braccio. Mai una polemica, solo la ricerca di una nuova opportunità. A marzo 2008 la vittoria in coppa Europa con 18.98 le consegnò la misura necessaria ed il passaporto virtuale. Poi le visite mediche e l’attesa. Interminabile. Arrivò il sì e l’atleta di Frattamaggiore poté coronare il sogno di una vita.
Per la verità i Giochi di Pechino non andarono benissimo. “La fiamma olimpica mi ha stordito, un’emozione grandissima” disse subito dopo essere stata eliminata dalle qualificazioni. E la fiamma olimpica si spense dentro di sé. Affievolendosi giorno dopo giorno come la luce che si abbassava. Fino all’agosto 2009. Il mondo sembrò crollarle addosso. «Ho sempre sofferto di glaucoma. Quel giorno non lo dimenticherò mai: ero in auto e mi recavo a Padova per disputare un meeting – racconta la stella italiana del peso -. L’occhio destro, quello migliore, mi abbandonò».
A novembre del 2011 l’ennesima tappa del suo calvario: l’operazione alla retina dell’occhio sinistro sembra metterla completamente fuori causa. Il verdetto: cieca. «Ma io sono una combattiva, non mi do per vinta». Piangersi addosso non serve. «I miei occhi ora sono quelli del mio compagno». La Federazione di atletica leggera, la Fispes (Federazione sport paralimpici e sperimentali, che comprendono l’atletica), il Comitato paralimpico le sono vicini. «Nel braccio un po’ di forza ancora l’avevo», racconta. Del resto il suo soprannome, “cannoncino”, vale tanto per i normodotati che che per i paralimpici. E nessuno glielo può cancellare. «Per me si tratta di una nuova esperienza, proprio non so cosa pensare. È una dimensione nuova, spero di fare bene comunque. Sono ancora in pista e questo è molto importante. Ci provo, ce la posso fare». Ce l’ha fatta.
Agli assoluti paralimpici di Torino ha portato il limite mondiale fra i non vedenti (cl. F11) a13,27 m, dopo quattro lanci (13,22; 12,51; 13,20; 13,23), eseguiti da ferma, tutti sopra gli11,84 m, record precedente della cinese Zhang Liangrim. Assunta ha tirato senza traslocazione. Questo vuol dire che quando l’avrà affinata anche nella sua nuova veste di atleta paralimpica potrà guadagnare fra uno e due metri. E non è bastato. Dopo un giorno, si è qualificata anche nel giavellotto per le paralimpiadi con un lancio di 30.37m (sesto posto nell’attuale ranking mondiale). È cominciata una nuova vita. «Penso di potermi migliorare notevolmente e, chissà, magari puntare a una medaglia anche in questa specialità». Toccare il fondo e ripartire, una storia dello sport che può valere per tutti. E raggiungere anche un piccolo record perché disputare un’Olimpiade e poi vincere una medaglia ad una Paralimpiade non è da tutti. Assunta Legnante lo può dimostrare.