La pesca “mare in Italy”: tanti disoccupati e poco pesce

La pesca “mare in Italy”: tanti disoccupati e poco pesce

Negli ultimi 40 anni, il consumo pro capite di pesce e prodotti della pesca è cresciuto in tutto il mondo dell’80 per cento. In Italia si parla di un incremento del 108%, con un consumo annuo di 20 chilogrammi ciascuno. Ma dopo decenni di pesca intensiva, la quantità di pesce nei mari è drasticamente diminuita. E con l’aumento del prezzo del carburante, in Italia sono calati sia la produzione ittica sia il numero degli occupati nel settore. Che, come spiega a Linkiesta Corrado Piccinetti, direttore del Laboratorio di Biologia Marina e Pesca di Fano (Pesaro Urbino) e docente di scienze biologiche all’Università di Bologna, sono passati dai 35.069 del 2004 ai 28.982 del 2010. Così, nel nostro Paese, aumenta l’importazione dall’estero e cala la produzione. E il 60% del pesce che arriva sulle nostre tavole prima nuotava in mari non italiani. 

Professore, in che stato si trova la pesca nel nostro Paese?
La pesca italiana da diversi anni è in una fase di crisi profonda e crescente. La flotta italiana al 2010 è composta da 13.223 motopesca che operano con pesca a strascico, pesca a volante, pesca a circuizione, draghe idrauliche, piccola pesca, polivalenti passivi e palangari. Ma tutti i parametri sono negativi, dalle dimensioni della flotta al numero dei pescatori imbarcati, dalla produzione ai ricavi economici. Secondo i dati ufficiali dell’Istituto ricerche economiche pesca e acquacoltura (Irepa) e del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, le catture sono passate dalle 288 mila tonnellate del 2004 alle 223 mila del 2010. I ricavi per gli stessi anni sono passati da 1.379 milioni di euro a 1.102 nel 2010. E gli occupati sono calati da 35.069 a 28.982.

Cosa c’è alla base di questa contrazione?
Un fattore importante è stato l’aumento del costo del carburante, soprattutto per la pesca a strascico e a volante.

Quali sono le regioni italiane più attive nella pesca?
In testa c’è la Sicilia, che ogni anno cattura 45 mila tonnellate di pesce con 293 milioni di euro di ricavi, seguita dalla Puglia, con 34.800 tonnellate per 184 milioni di euro, e dalle Marche, dove si pescano 29.620 tonnellate per 120 milioni di euro di introiti. 

Quali sono le specie più pescate nel nostro mare?
Le specie più pescate nei nostri mari sono le alici, 54 mila tonnellate all’anno, le vongole, 19.700 tonnellate, le sardine, 16.200 tonnellate, i naselli, 11.500 tonnellate e i gamberi bianchi 10.200 tonnellate. Tra le specie pescate non ci sono specie in via di estinzione. Anzi, alcune specie nei nostri mari vengono protette, come i cetacei, le tartarughe, gli storioni ecc. 

Ma c’è uno sfruttamento eccessivo dei mari?
Lo sfruttamento per alcune specie è eccessivo e per altre è sostenibile. I pescatori cercano di catturare l’insieme di specie che per l’attrezzo da loro utilizzato permetta il massimo ricavo. Le specie catturate insieme hanno però parametri biologici diversi, per cui la stessa pressione di pesca per alcune specie è troppo elevata e per altre potrebbe essere aumentata. È difficile trovare il giusto equilibrio. I sistemi da pesca che catturano più pesce sono la pesca a strascico, con 78.182 tonnellate, la pesca a volante con 44.300 t e la piccola pesca con 33.500 t.

Com’è cambiato nel tempo il mestiere del pescatore?
Il mestiere è cambiato moltissimo, dalle imbarcazioni alle tecniche di pesca alla strumentazione elettronica per la posizione nave e la navigazione. Ma ci sono tecniche artigianali che ancora sopravvivono nella piccola pesca (le nasse, le reti da posta, i palangari), che hanno avuto limitate modifiche ai materiali, con utilizzo di diversi filati.

Ma le normative italiane ed europee in materia di pesca sono eccessivamente restrittive come si sente dire spesso?
Le normative sono troppo dettagliate e non si adattano a tutti i tipi di pesci. La larghezza stabilita delle maglie della rete può essere idonea per la cattura di specie di medie dimensioni, ma troppo piccola per altre specie. Come accade per le rane pescatrici, che vengono catturate anche molto giovani. Al contrario, le maglie possono essere troppo grandi per catturare pesci di piccola dimensione anche quando sono adulti, come il latterino, cicerello, zerro, rossetto, gobidi ecc.

In che modo funziona la filiera del pesce in Italia?
In Italia, la filiera del mare funziona bene per il pesce importato e poco per il pesce fresco, che è prodotto da molti pescatori distribuiti sul territorio con piccole quantità.

Quanto pesce importiamo?
Il pesce importato è circa il 60% del consumato. Le importazioni sono in continuo aumento e la produzione diminuisce. E molto del pesce che mangiamo viene dall’allevamento italiano, circa 250.000 tonnellate all’anno.

Esiste la pesca illegale in Italia?
Esiste una pesca illegale, anche perché le norme sono molte e cambiano con grande velocità. A volte è difficile seguire insieme norme comunitarie, nazionali e regionali.

Ma il pesce italiano è buono?
La qualità del pesce pescato è ottima anche se è difficile trovare pesce pescato in Italia sui mercati.

E gli italiani mangiano abbastanza pesce?
Il consumo italiano nel 2010 è stato di 1.198.000 tonnellate per un valore di 5.055 milioni di euro. Gli italiani consumano circa 20 chilogrammi di pesce per abitante all’anno, ma solo 4-5 kg di pesca nazionale.

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