«Tu pensa che oltretutto io non farò più niente in Sicilia, non me ne occupo più. Debbo dire che il governo Lombardo mi ha fatto questo grande regalo: mi ha fatto odiare tutte le possibilità di potere fare qualcosa in Sicilia. E quindi ad un certo punto ho fatto le valigie e me ne sono venuto qui, in continente». Siamo nella sede romana della Mondadori quando Pietrangelo Buttafuoco inizia una lunga chiacchierata con Linkiesta sulla “sua” Sicilia, e sulle prossime regionali. «Avanti, iniziamo», dice sorridendo.
Non vive più in Sicilia.
La Sicilia per me è casa, c’è la mia famiglia.
Ma è ancora residente in Sicilia?
Sono residente in Sicilia, e voterò in Sicilia, e quindi voterò per fare danno alle strategie di Lombardo.
E quindi voterà..?
Ho individuato tutte le possibilità, dove arriva lui [Lombardo] non ci sarò io.
Partiamo dai candidati.
Secondo me, per Nello Musumeci (candidato di Pdl, La Destra, Pid) è più facile diventare presidente della Regione che vincere le elezioni (nel senso che Musumeci avrà un consenso personale ma ha una coalizione debole alle spalle, ndr). Perché il Lazio docet: il P-d-l è soltanto un peso e un ostacolo.
E Rosario Crocetta?
Crocetta è il destinatario di una rete di potere, potere fortissimo, che ha in Lombardo il marchio d’origine. Perché pensare che possa essersi distaccato da quel mondo è solo una favola. Tanto è vero che, guarda caso, tutti quelli che hanno sostenuto Lombardo, adesso appoggiano Crocetta. Per quel che mi risulta, anche Confindustria. Mi dispiace solo per il mio amico Andrea Vecchio [industriale, e assessore regionale nell’ultimo governo Lombardo]. Già una prima volta l’ho avvisato: «Cu ti ci porta». E lui lo può testimoniare. Adesso lo devo riavvisare: «Stai attento: gratti Crocetta e trovi Lombardo». Il gratta e vinci di Sicilia è sempre questo.
Ci saranno anche i grillini in campo. Secondo lei, potranno fare la differenza in una realtà come quella siciliana dove il voto clientelare spopola?
Mi dicono un gran bene del candidato di Grillo. Ma il discorso vero è che la regione Sicilia è la fogna del potere: il posto più impossibile, impensabile. Lì ci vuole veramente un pazzo che metta a disposizione tutti i suoi sonagli. Che te ne fai di tutti i guai di Sicilia, come li risolvi? Solo un emirato li potrebbe risolvere. Solo una sana dittatura, la sospensione della democrazia. Perché tu non puoi pensare di risolvere una terra che avrà un’infinita di precari. Che fai?
Lei sarebbe stato favorevole al commissariamento dell’isola?
Commissariamento “di cursa”. A noi ci devono togliere l’autonomia. L’autonomia regionale siciliana è una sciagura. La “buttanissima autonomia regionale siciliana” è una sciagura. Perché lo ripeto, lo dico da siciliano: non siamo come i trentini. Noi non abbiamo mai avuto una visione reale, corretta della res publica. Per noi il destino si ferma alle mura di casa nostra. Guardi, le racconto un aneddoto.
Prego.
Un grande poliziotto, uno dei più grandi che abbiamo avuto nella storia del Viminale, mi ha raccontato un episodio che svela tutto, ma proprio tutto, della nostra storia. Lui si trovava, la mattina presto, in via Principe di Belmonte, una strada elegantissima e bella di Palermo. Passeggiava. Era il momento in cui nei negozi si preparava la giornata, e quindi in cui si pulisce. E lui notava questa vetrina piena di cose preziose, lussuosissime, bellissime, che era uno splendore. E vedeva questo tipo che stava sistemando, pulendo le luce. Poi ad un certo punto, si apre la porta, e tutta l’acqua sporca che era servita per pulire veniva buttata per strada. Questa è l’idea che noi abbiamo della socialità.
Torniamo al Movimento Cinque Stelle. A livello nazionale, stando ai sondaggi, è il terzo partito. In Sicilia sfonderanno?
Il discorso è il seguente, e fa parte anche del nostro essere arretrati. Io so perfettamente qual è il meccanismo, dove si può fare la banda larga. Ma il ragionamento da fare è un altro: dobbiamo aspettare cosa succederà fra qualche giorno perché ancora non è iniziata la vera campagna elettorale. È molto probabile che Beppe Grillo, arrivando, possa determinare quello che a suo tempo Berlusconi fece in Sicilia. Perché Berlusconi, se ci ricordiamo, chi ha memoria storico del “61 a zero” del 2001, venne immediatamente intercettato dall’opinione pubblica siciliana come la novità. Tanto è vero che ci fecero anche dei film bellissimi, ad esempio quello di Maresco su “Belluscone”. I siciliani non votarono i 61 che andarono a Roma, ma votarono lui. E chissà cosa può accadere adesso con Grillo. Certo c’è una forma di isteria, di disperazione, di frenesia, di malia nell’elettorato siciliano. Certo con gli strumenti della vecchia politica, le dico: i rapporti sono questi, c’è il problema del voto clientelare. Ad esempio, stamane mi raccontavano che in via Plebiscito a Catania giravano i buoni benzina. Ecco, si comincia con queste forme non di clientelismo, ma di elemosina spicciola. Del resto, lei come se lo spiega che quando si apre il comitato elettorale di questi politici locali imbarazzanti, brutti pure da guardare nelle loro fotografie, si popolano immediatamente? Diventano come quei pezzi di carne su cui vanno le mosche, le formiche.
Adesso c’è anche il figlio di Raffaele Lombardo fra i candidati per un seggio a Palazzo dei Normanni.
Questa è una vicenda pittoresca, curiosa. Io non posso essere certamente critico nei confronti di quella che è una solida tradizione di famiglia. Poi noi siciliani abbiamo delle storie importanti, potenti, abbiamo i Colajanni, i La Loggia, i Restivo, Stagno D’Alcontres. Dei Buttafuoco non si è fatta dinastia perché né i miei cugini, né io abbiamo voluto ripercorrere il solco di Nino Buttafuoco (ex deputato missino, e zio di Buttafuoco). Però non dal punto di vista parlamentare, ma da altri punti di vista la tradizione c’è.
Il motto del facsimile di Toti Lombardo è “Liberi di crederci”.
Bello, sembra scritto da un ottimo pr.
Torniamo ai candidati. Il forcone Mariano Ferro come lo vede?
No, no. Ma “pi favvuri”. È molto più serio discutere sul fenomeno Grillo. Basta con tutte queste esagitazioni che non hanno mai portato a nulla di concreto. Signori miei, noi siamo ancora una terra dove per fare Palermo-Catania ci vogliono un sacco di ore in treno, o in bus. Oltretutto non c’è manco l’elasticità mentale. Ad esempio, io prendo spesso l’autobus per andare da Catania a Palermo. E mi sono accorto: “sai cu u piglia?”. Qualche studente, gli immigrati e poi le ragazze squillo. Una cosa impressionante.
E Gianfranco Miccichè, sostenuto da Raffaele Lombardo?
Il povero Miccichè è stato preso in una trama giocata a Roma. Fu tutto un giochetto giocato da un disperato fra i disperati, cioè Gianfranco Fini, che non saprà dove andare a ritrovarsi una pensione futura, e poi da uno come Lombardo, che ovviamente sopravvive nell’emergenza.
Lei come se lo spiega il rapporto idilliaco fra Fini e Lombardo?
Sono uguali, precisi precisi. Perché se tu li tagli, non esce una goccia di sangue. Sono due animali a sangue freddo, sono odiatori anche di loro stessi. Io Fini so perfettamente che tipo è: si guarda allo specchia, e non sa se salutarsi o meno. Sono uguali, “nun si pigghia cu nun s’assumuglia”.
Altra cosa: in Sicilia si sbandiera l’antimafia. Rosario Crocetta si definisce “un paladino dell’antimafia”.
Sì, da noi c’è l’antimafia di “chiddi sperti” che stanno con Lombardo, e poi c’è l’antimafia degli ingenui. Io preferisco stare con gli ingenui.
Ma la Sicilia è o non è un “Laboratorio politico”?
Ma quale laboratorio, siamo la fogna del potere. Ad esempio, Lombardo si è dimesso lo scorso 31 luglio, ma continua a nominare, a presiedere le riunioni di giunta. Ci rendiamo conto? Non c’è nessuno, nessuna autorità, nessun giornale che si ponga la domanda: “Scusa figlio, ti sei dimesso? Basta”. Questo ha dato la parola a Mario Monti. Ma la vera cosa grave è che la Sicilia non fa notizia , non gliene fotte niente a nessuno della Sicilia. Poi anche noi siciliani abbiamo perso quel prezioso dono che avevamo e sul quale abbiamo costruito la letteratura: l’onore, la dignità della parola.
In un articolo sul Foglio del mese scorso, lei dice: «Scusa Totò!», riferendosi all’ex presidente della regione Totò Cuffaro, oggi nel carcere di Rebibbia.
Intanto Totò è una persona di cuore, perbene. Totò è uno che magari, probabilmente, sicuramente, certamente – non te lo so dire, usiamo tutti gli avverbi possibili – ha sbagliato. Ma è un uomo profondamente buono. Anzi, togliamo gli aggettivi, è un uomo. Gli altri, invece, non hanno un minimo di quella storia. Guardi, io ho scritto su Cuffaro le cose peggiori, ho fatto articoli a levare la pelle. Ma oggi con il senno del poi, ogni volta che passo davanti a Rebibbia urlo: «Scusa, Totò!». A me hanno fatto dei racconti sulla sua vita in carcere, che veramente ti lasciano sbalordito. Lei deve vedere come gli vogliono bene gli altri detenuti, le guardie. Lui sta vivendo per la sua fede, per la sua storia, un atto di testimonianza cristiana. Tanto di cappello, e glielo dico io che sono saraceno. Sicuramente questa è la rivincita di Totò Cuffaro, nessuno adesso si potrà permettere di parlare del “cuffarismo”.
E invece cos’è il “lombardismo” ?
Ad esempio, se io adesso le facessi un elenco con nomi di persone che ricoprono incarichi istituzionali, e ne parlassi bene, gli farei un danno. Perché immediatamente uscendo fuori questa notizia, che io parlo di “tizio o di caio”, “tizio e caio” sarebbero terrorizzati dalla reazione del lombardismo. A questi livelli siamo.
L’ultima domanda: cosa si augura per la Sicilia, la sua terra?
Io, l’augurio più bello che ci vuole per la Sicilia? Diventare un emirato con la shari’a, ci vuole il ritorno di quella che fu la stagione felice in Sicilia, saracena in Sicilia. Finalmente potremo ritornare a quella stagione che fece di noi la vetrina più bella, ricca, gloriosa della nostra stagione. Ci vuole un bell’emiro.
(Pietrangelo Buttafuoco, classe ’63, siciliano, sposato, giornalista e scrittore. A fine intervista ci dice: «I siciliani non possono essere così idioti per non capire che dietro Crocetta c’è Lombardo. Amunì a prenderci un caffè»)