Quanti uomini di Bersani sono tentati dal Monti bis?

Quanti uomini di Bersani sono tentati dal Monti bis?

Adesso Pier Luigi Bersani è costretto a guardarsi le spalle. Dopo l’annuncio newyorchese di Mario Monti, che ieri ha assicurato la sua disponibilità a un nuovo incarico al governo, il premier continua a ricevere messaggi di stima e di sostegno. Si schierano con il Professore rappresentanti dell’industria e del sindacato, vertici vaticani, il portavoce di Angela Merkel. Anche una parte del mondo politico italiano, compreso il Partito democratico.

La prima reazione del segretario democrat alle frasi di Monti è stata quella di una fredda bocciatura. «Monti è una risorsa del Paese. Ma se vuole continuare senza maggioranza politica, gli dico che non è possibile. Questo è il punto basico, tutto il resto viene dopo». Ora però Bersani inizia a guardarsi attorno. Perché anche nel suo partito è presente un fronte di chi vorrebbe confermare la fiducia al presidente del Consiglio. Con buona pace delle legittime aspirazioni del leader Pd.

Una pugnalata alle spalle, proprio mentre l’ipotesi di un Monti bis diventa sempre più concreta. Nelle ultime ore si sono aggiunti al coro dei favorevoli l’ad di Fiat Sergio Marchionne, il segretario Cisl Raffaele Bonanni. Persino Steffen Seibert, il portavoce di Angela Merkel, ha voluto precisare che la cancelliera «lavora bene e in stretto contatto con il premier Monti». Un messaggio ancora più rilevante perché arrivato il giorno dopo l’ultima gaffe berlusconiana sulla “non drammatica” eventualità di un’uscita tedesca dall’euro.

Passi l’entusiasmo di Pier Ferdinando Casini e dell’Udc, quello che forse Bersani non si aspettava sono le reazioni soddisfatte di alcuni Pd. Ironia della sorte, proprio domani si riunisce a Roma – l’appuntamento era fissato già da qualche settimana – il gruppo dell’Agenda Monti. I quindici parlamentari democrat che dalla scorsa estate chiedono un segno di tangibile continuità con l’attuale governo anche dopo il 2013. Non c’è ancora un’investitura diretta. Ufficialmente si parla solo di confermare il programma e l’impostazione di governo. Ma non sfugge a nessuno che i fautori dell’iniziativa – ci sono i liberal Enrico Morando e Giorgio Tonini, il veltroniano Paolo Gentiloni, ma anche Marco Follini e Umberto Ranieri – sarebbero pronti a sostenere un nuovo governo Monti.

Una parte del Pd non nasconde l’infatuazione per il Professore. E se oggi l’ex popolare Beppe Fioroni chiede espressamente al premier di candidarsi a capo di una lista di moderati, nell’ottica di un’alleanza con il Pd, il leader dei Liberal Enzo Bianco festeggia così la decisione di Monti: «La disponibilità offerta dal presidente ha un grande, positivo significato». 

Nessuno ipotizza scissioni, per ora. Anche se da qui a sei mesi non è escluso che alcuni esponenti democrat possano aderire a una lista elettorale pro-Monti. Magari costruita attorno al progetto di Pier Ferdinando Casini e alcuni ministri dell’attuale governo. La situazione non è chiara. Ci sono ancora tanti dubbi. Su due cose, però, i sostenitori montiani del Pd sono tutti d’accordo. L’autorevolezza internazionale del premier non può essere sacrificata. E il prossimo governo del Professore – se mai ci sarà – dovrà essere un governo politico. Non la prosecuzione della strana maggioranza parlamentare dell’ultimo anno.

Oggi la maggior parte dei parlamentari Pd disponibili a un Monti-bis è vicina alle posizioni di Renzi. «Ecco perché in realtà – spiega il bersaniano Matteo Orfini – Semmai il problema ce l’ha il sindaco di Firenze. In ogni caso parliamo di una posizione minoritaria nel partito. Non credo che il segretario perderà qualche pezzo». Eppure il maggior rischio per Bersani è rappresentato proprio dalla diffusione trasversale del sentimento filo-montiano nel partito. Sono pronti a sostenere un nuovo governo del Professore esponenti liberal, ex popolari, veltroniani. Non c’è una corrente precisa. Ma un’idea diffusa, forse più di quello che il segretario immagina.

Intanto le interviste del presidente del Consiglio rendono più difficile la strategia elettorale di Bersani. La “disponibilità” del premier ha già iniziato incrinare il rapporto tra Pd e Udc. Bersani non ha gradito gli inviti di Casini a riproporre la grande coalizione. Il rischio è che i tentativi di dialogo con i centristi possano presto venire interrotti (agevolando la rinascita di un asse di centrodestra tra l’Udc e un Pdl senza Berlusconi candidato). Per non parlare del confronto sulla legge elettorale. L’ipotesi di un Monti bis non potrà non condizionare la trattativa sulla riforma del Porcellum. Paradossalmente è proprio l’attuale legge a tutelare maggiormente Bersani. Ecco perché, pur essendosi impegnato a cambiare il sistema, il segretario non è disposto a scendere a patti su un premio di maggioranza il più incisivo possibile.

Al segretario resta una possibilità. Per disinnescare ogni polemica interna con i filo-montiani, dovrà coinvolgere il Professore nel suo progetto di governo. Ritagliando un ruolo centrale al premier metterà a tacere la minoranza che spera in un Monti-bis. In realtà il segretario ci sta già provando. «Monti è una persona che dovrà in qualche modo continuare a servire il Paese – ha spiegato Bersani in serata intervenendo ad una conferenza a Bruxelles – Lo diciamo davanti al mondo, noi riteniamo che quell’idea di rigore e credibilità per noi è un punto di non ritorno». Ma è presto per arruolare il premier (sempre ammesso che lui sia d’accordo). Il governo tecnico ha ancora diversi mesi di vita davanti. Spingere Monti troppo a sinistra potrebbe scontentare alcune forze della maggioranza. Paralizzando l’azione dell’esecutivo in Parlamento da qui alle prossime elezioni. Forse, per il Paese è il rischio peggiore. 

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