Post SilvioAl gazebo del Pdl: “Guardaci, la nave affonda ma noi siamo qui”

Al gazebo del Pdl: “Guardaci, la nave affonda ma noi siamo qui”

«Guardaci bene, noi siamo quelli che quando la nave affonda stanno sul ponte. Noi siamo quelli che restano fino a dopo l’ultimo momento». In Piazza San Babila, sole tiepido di ottobre e solito viavai da sabato pomeriggio. Il passeggio è rilassato, poco lontano un cantante di strada amplifica quattro giri di chitarra che messi insieme suonano come “Yesterday”. Al banchetto del Pdl, sotto il gazebo siedono tre ragazzi, il più disinvolto dei tre ci ha appena spiegato che loro sono gli anti-Schettino del partito, e tra i passanti non si ferma nessuno. Quando entriamo nel gazebo dopo averli fotografati si rianimano, sorridono orgogliosi quando arrivano i complimenti per il fegato che serve a farsi vedere, oggi, sotto le bandiere di un partito, e del partito di Silvio Berlusconi in particolare.

«Già, va come per tutti, crisi nera: guarda i negozi, neanche lì entra nessuno…». Sono tutti e tre giovani i militanti che testimoniano in piazza nel pomeriggio ottobrino. Uno ci spiega che ha iniziato con Forza Italia, nel 1998: «Quando avevo 18 anni». Recitano un decalogo liberale classico, tutto sommato preciso. Rivendicano sinceramente – ce l’hanno scritto in faccia – la voglia di fare politica in un partito moderato e liberale. Su Berlusconi gli elogi parlano al passato, sul presente gli occhi si fanno piccoli, come a mettere a fuoco gli elementi avvolti dalla nebbia. Poi, all’improvviso uno dei tre inizia un racconto: “Io adoro fare politica, e prima di arrivare qui, nel Pdl, stavo da tutt’altra parte. Stavo nel Pd, molto molto vicino a Penati, e ne ho viste di cotte e di crude. Me ne sono andato schifato prima di trovare qualcuno di onesto e per bene, nel Pdl. Io come idee non sono proprio comunista, ma diciamo che ero comunque più di sinistra. Ma quello che ho visto di là…Da voltastomaco, credimi”. Schiuma rabbia e fastidio, forse voglia di vendetta, perfino. Quando salutiamo e ce ne andiamo, si riappoggiano tutti contro le sedie, poi si alzano per volantinare. Nessuno si ferma e loro sorridono come quelli che sanno che di essere lì, in prima fila, a prendersi il vento in faccia. «Anzi, siamo la prima linea del fronte…»

Il linguaggio ardito te lo saresti aspettato al banchetto dopo, proprio di fronte al cantante di Yesterday, dove sventolano le bandiere di Forza Nuova. «Come mai tutta questa passione per le fotografie?». Fa il duro mentre fotografiamo il gazebo pieno di militanti e vuoto di passanti, ma ha gli occhi che sorridono Dario. Ventiquattro anni, di cui sette in Forza Nuova. «Iniziamo col dire cosa non siamo: non siamo liberali, non siamo affiliati al pensiero unico, non siamo comunisti: anzi, siamo contrari a tutti ciò che discende dalla Rivoluzione Francese, che ha messo l’uomo al centro della storia e ha prodotto solo disastri». E naturalmente, il fascismo è solo un pezzo di quella storia e di quell’identità: «Un’epoca storica importante, certo, coi suoi pregi e i suoi difetti. Anche dal fascismo noi abbiamo preso cose buone e vogliamo svilupparle nuovamente, ma non siamo fascisti. Ha fallito il liberalismo, ha fallito il comunismo: noi siamo per una terza via, che ricostruisca il patto e la pace tra le forze sociali, sulla scia di un modello consociativo». E negli ultimi tempi «vediamo timidi segnali di maggior interesse e rispetto per il nostro simbolo, le nostre idee, il nostro movimento politico».

Racconta, Dario, la storia di un 24enne normale che lavorava nell’immobiliare e ci stava tutto sommato bene. «Poi la crisi è arrivata e io ho deciso che è tempo di reinventarsi. Voglio vivere del lavoro delle mie mani, fare l’artigiano: mi sto formando per diventare un tecnico delle fotocopiatrici, dei fax, ecc». La parola artigiano però ci aveva fatto pensare ad altro, tanto da chiedere se davvero non potesse essere più divertente, più creativo, più innovativo, pensare davvero all’artigianato, alla falegnameria, alla costruzione e produzione di oggetti. «Eh lo so anch’io che è più bello, ma sai a 24 anni dovrei andare a lavorare da garzone, e non ho proprio voglia di partire da zero a prendere ordini da un vecchio artigiano».

Ma come, la centralità dell’individuo non aveva rovinato la storia dell’uomo? Dario ride e incassa e si accommiata. È nel mezzo di un week end di militanza politica contro l’individualismo e i fallimenti dello stato liberale. Lunedì, quando tornerà alla sua partita Iva, qualche compromesso sarà indispensabile.  

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