«Vogliamo bonificare la politica non solo attraverso il ricorso alla magistratura. Se si passa attraverso un codice di regolamentazione la politica riacquista il suo peso e decide di allontanare e chi premiare». Queste parole sono state pronunciate a pochi giorni dalla chiusura delle liste in vista delle regionali del prossimo 28 ottobre dal co-coordinatore del Pdl in Sicilia, Domenico Nania. Parole chiare ed inequivocabili che lasciavano intendere un cambio di direzione in una regione, la Sicilia, dove nella scorsa legislatura il Parlamentino siciliano ha toccato il record di un terzo dei deputati indagati, 29 su 90, senza contare il governatore regionale Raffaele Lombardo che si è pure dimesso per i guai giudiziari.
Addirittura i tre coordinatori regionali del Pdl, Simona Vicari, Dore Misuraca e Domenico Nania, mettono a punto un codice etico, convocano i giornalisti e dicono “no” agli inquisiti per mafia e a quanti sono sotto processo per i reati contro la pubblica amministrazione. «Sarà una rivoluzione perché cominciamo a parlare per primi di “incandidabilità», dicono soddisfatti Vicari, Misuraca e Nania.
Sulla stessa lunghezza il candidato di Pd-Udc-Api, l’europarlamentare Rosario Crocetta, che con il Fatto quotidiano il 22 agosto scorso, è piuttosto chiaro:«È un accordo etico: neanche un indagato per mafia in lista. l’Udc non c’entra più nulla con Cuffaro, in caso contrario mai mi avrebbe appoggiato. Non possono pagare in eterno per Cuffaro».
Insomma c’erano tutti i presupposti perché (finalmente) nella regione fra le più sprecone e più corrotte dello stivale non ci fossero candidati indagati, o comunque candidati sui quali si potesse sospettare. E invece gli annunci della prima ora sono rimasti tali. Altro che “liste pulite”. In Sicilia i partiti politici superano persino il Gattopardo:«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».
Infatti non è cambiato niente. Spulciando le diciannove liste che raggruppano l’esercito dei 1.629 candidati per uno scranno di Palazzo dei Normanni, si annoverano diversi aspiranti parlamentari “indagati”, e altri già condannati in primo grado. Una lunga lista trasversale che spazia dal centrodestra, al centrosinistra, passando in un paio di casi anche per Italia dei Valori.
Anche questa volta la pole position spetta al movimento di Raffaele Lombardo, che oggi si chiama Partito dei Siciliani (Pds). Tant’è, onore al merito, Lombardo non ha mai parlato di “liste pulite”. Nove gli “incandidabili” del Pds: Giuseppe Arena (condannato in primo grado a due anni e nove mesi per falso in bilancio), Paolo Colianni (indagato per abuso edilizio), Roberto Di Mauro (indagato per omissione d’atti d’ufficio), Rossana Interlandi (indagata per omissione d’atti d’ufficio), Mario Parlavecchio (indagato per omissione d’atti d’ufficio), Giuseppe Gennuso (indagato su presunti rapporti tra la mafia e le scommesse), Riccardo Minardo (rinviato a giudizio per associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato), Fabio Mancuso (indagato per bancarotta), e poi Giuseppe Picciolo (indagato per simulazione di reato e calunnia).
La seconda posizione è riservata al “partito degli onesti” (copyright Angelino Alfano), il Pdl. Quattro i casi di “incandidabilità”. Giuseppe Buzzanca, ex sindaco di Messina, condannato a sei mesi per peculato, è anche indagato per l’inchiesta post-alluvione. Salvino Caputo, deputato uscente, presidente della Commissione Attività produttive all’Ars, è stato condannato a due anni per tentato abuso d’ufficio e falso ideologico. Quando era sindaco di Monreale, Caputo avrebbe evitato il pagamento di alcune multe ad un assessore e all’autista del vescovo.
Poi c’è il caso di Girolamo Fazio, condannato a 4 mesi per violenza privata, e quello di Francesco Cascio, presidente dell’Ars, indagato «per la mancata adozione di misure antinquinamento». Sempre a quota quattro “incandidabili”, troviamo il Pid di Saverio Romano, nato dalla scissione dell’Udc di Casini. Nelle liste del Pid c’è una vecchia conoscenza della regione Sicilia, l’ex presidente della Regione Giuseppe Drago, condannato a quattro anni per peculato per essersi appropriato dei fondi riservati alla presidenza della regione. E per il leader del Pid Saverio Romano non c’è alcun problema: «Drago è perfettamente candidabile in quanto ha già esaurito il periodo di interdizione». Sempre nel Pid a Messina sarà candidato Santo Catalano, che patteggiò una condanna ad un anno e undici mesi per abuso edilizio, e poi Rudy Maira, capogruppo all’Ars, indagato per associazione a delinquere.
Ben saldo in terza posizione c’è il partito di Gianfranco Micciché, Grande Sud. Che annovera nelle liste Franco Mineo, indagato per trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra. E per completare il “curriculum d’eccezione” Mineo risulta anche indagato per usura. Sempre nelle liste di Grande Sud troviamo l’ex sindaco di Milazzo, Lorenzo Italiano, indagato per tentata concussione, e poi Mario Briguglio, sindaco di Zanetta Zanaclea, un comune del messinese colpito dall’alluvione del 2010 che causò 37 morti. E a causa dell’alluvione Briguglio è indagato per disastro e omicidio plurimo colposo. Tuttavia il suo slogan parla chiaro: «Prima la sicurezza del tuo territorio». Simpatico.
Ma in questa lunga lista di “indagati” e “condannati” ce n’è anche per il centrosinistra. Nel collegio di Trapani il partito democratico candida l’ex sindaco di Alcamo Giacomo Scala, indagato per abuso d’ufficio. E anche nelle liste civiche per “Crocetta presidente”, candidato che si definisce “un paladino dell’antimafia” c’è un caso incandidabilità. Come scrive oggi l’edizione palermitana Repubblica, «nel suo viaggio da Grande Sud alla lista Crocetta Giovanni Di Giacinto ha portato con sé un’inchiesta per abuso d’ufficio e una lunga scia di sospetti». Giovanni Di Giacinto, sindaco di Casteldaccia, è indagato dalla Procura di Termini Imerese «per una vicenda che riguarda un appalto per l’illuminazione pubblica da dieci milioni di euro».
Nel calderone degli “incandidabili” ci finisce anche l’Idv. Il partito di Di Pietro stava per candidare Francesco Pettinato, indagato a causa di una presunta infiltrazione della mafia in un appalto per la costruzione per la costruzione di pale eoliche nel comune di Fondachelli Fantina. Ma l’Idv ha diffidato l’aspirante candidato. E Pettinato si è ritirato dalla corsa.
Eppure l’elenco degli “incandidabili” cresce di ora in ora. L’ultimo risulta essere uno fra le file dell’Udc. Il partito di Casini, che alle regionali sostiene Rosario Crocetta, avrebbe candidato Giuseppe Spata, un dirigente del comune di Palermo condannato in primo grado nel 2011 per abuso d’ufficio. Spata minimizza: «Non ho commesso alcuna irregolarità». Crocetta rilancia: «A buona memoria di quanti si lasciano andare a giudizi sommari e condanne preventive, ricordo che nel codice etico (fedelmente ripreso da quello stilato della commissione parlamentare Antimafia) sottoscritto da me, dal Pd, dall’Udc e dagli altri compagni e amici della coalizione che mi sostiene, l’incandidabilità per reati amministrativi, ben diversi dalla corruzione, dal peculato, e da quelli di mafia, scatta soltanto nel caso di ‘sentenza passata in giudicato’, cioè a conclusione dei tre gradi di giudizio». E la candidata di SeL-Idv-Fds Giovanna Marano ci scherza su: «Chi di spada ferisce di Spata perisce?». O no?
@GiuseppeFalci