Il Parlamento si inchina alla casta dei magistrati

Il Parlamento si inchina alla casta dei magistrati

«Ho perso». Senza troppi giri di parole il deputato Pd Roberto Giachetti ammette la sconfitta. La sua crociata contro i magistrati fuori ruolo sembra essere giunta al termine. A giudicare dalle parole del parlamentare democrat, hanno vinto gli altri: le toghe dalla doppia carriera. «I magistrati che non fanno i magistrati», come titolava l’altro giorno il Corriere della Sera. Una casta vera, stando alla definizione che ieri in Parlamento qualcuno si è avventurato a proporre. Sono gli oltre 200 magistrati che che negli anni hanno preferito trovarsi un altro lavoro: presso ministeri, ambasciate, Camere, enti locali, autorità di garanzia. Mentre negli uffici giudiziari italiani – secondo i dati del Consiglio superiore della magistratura – ci sono ancora 1255 posti vacanti.

«Sul fuori ruolo dei magistrati alla fine hanno fatto solo “ammuina”. L’emendamento che costituiva l’articolo 18 del ddl corruzione è stato asfaltato al Senato». Roberto Giachetti parla del provvedimento anti-corruzione approvato ieri a Palazzo Madama. Un testo in cui il deputato, con non poca fatica, era riuscito a inserire la sua proposta. Nulla di scandaloso. Un emendamento per limitare a un massimo di cinque anni consecutivi – più altri eventuali cinque anni – la carriera “extragiudiziaria” dei magistrati. «Senza alcuna eccezione».

Evidentemente a qualcuno quel progetto non è piaciuto. E il maxiemendamento approvato da Palazzo Madama lo ha rivoluzionato. Nel testo presentato dal governo è stata confermata l’obbligatorietà di collocamento fuori ruolo per quei magistrati impegnati in altre attività: «Tutti gli incarichi presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali e internazionali attribuiti in posizioni apicali o semi apicali – si legge – compresi quelli di titolarità dell’ufficio di gabinetto a magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato, devono essere svolti con contestuale collocamento in posizione di fuori ruolo».

Con alcune novità. Anzitutto il governo si è preso quattro mesi di tempo per emanare un decreto legislativo «per l’individuazione di ulteriori incarichi che (…) comportano l’obbligatorio collocamento in posizione di fuori ruolo». Non solo. Il limite temporale del “fuori ruolo” è stato esteso a dieci anni, «anche continuativi». Una limitazione che non sarà applicata «ai membri di Governo, alle cariche elettive, anche presso gli organi di autogoverno, e ai componenti delle corti internazionali comunque denominate».

Un intervento che ha suscitato la dura reazione dell’Unione Camere Penali. «Il maxi, e pressoché illeggibile, emendamento governativo, approvato a tambur battente dal Senato con la fiducia – questa la dichiarazione dell’associazione – dimostra la volontà di non scontentare la magistratura, mantenendone tutti i privilegi di casta e, quel che è peggio, di abdicare al compito di sciogliere il nodo gordiano che lega politica e magistratura». Peraltro, come ha spiegato oggi il deputato Pdl Gaetano Pecorella, «con la carenza di magistrati e i ritardi dei processi è inaccettabile che un magistrato possa restare fuori ruolo sino a 10 anni, e in qualche caso anche di più».

La vicenda inizia oltre due anni fa, quando Roberto Giachetti presenta alla Camera una proposta di legge per regolamentare il collocamento fuori ruolo dei magistrati. «Come spesso accade – ricorda oggi – quel documento non è stato preso neppure in considerazione». Ma il deputato Pd non demorde. Trasforma il provvedimento in un emendamento e lo inserisce in una delle manovre economiche presentate dal governo Berlusconi. Ancora una volta non c’è niente da fare. Siamo nell’estate 2010. Il ministro Tremonti chiede la fiducia sulla manovra e tutti gli emendamenti decadono. L’occasione giusta arriva con il disegno di legge anti-corruzione. La regolamentazione degli incarichi extragiudiziari dei magistrati viene allegata a quel provvedimento. Nel frattempo il governo cambia. Curiosamente, però, la posizione dei ministri della Giustizia resta la stessa. Durante l’esecutivo Berlusconi è Francesco Nitto Palma a esprimere parere contrario all’emendamento Giachetti. Con l’arrivo dei tecnici a opporsi è Paola Severino.

Nonostante la posizione del governo, in commissione l’emendamento viene approvato. Con una curiosità. Il Partito democratico, cui appartiene Giachetti, si dissocia. I deputati Pd si dichiarano contrari e si astengono. Il Popolo della libertà, invece, vota a favore. Per convinzione, probabilmente. Anche se qualche malizioso osservatore sottolinea come il mantenimento in vita di una norma discussa come quella sui magistrati fuori ruolo, una volta al Senato, avrebbe potuto affossare più facilmente l’intero impianto anti-corruzione. Un disegno di legge mai troppo caldeggiato dai berlusconiani.

«Nel passaggio dalla commissione all’Aula – ricorda oggi Giachetti – è successo di tutto». E ancora di più nel passaggio dalla Camera al Senato. È in questo momento che, secondo i racconti di tanti parlamentari, si manifesta in Parlamento la lobby dei magistrati. Si parla di pressioni, inviti a modificare il testo. Suggerimenti a stralciare la norma sui fuori ruolo che arrivano da tutti i Palazzi romani. Un’attività così evidente che ieri, durante le dichiarazioni di voto a Palazzo Madama, persino il presidente dei senatori pidiellini Maurizio Gasparri ha lanciato l’allarme: «Sono sconcertato dall’assalto all’articolo 18 (la norma introdotta da Giachetti, ndr) sui magistrati fuori ruolo. Ci sono state troppe pressioni indebite sul Parlamento, su tutti i gruppi, anche con norme ad personam». E ancora: «Siamo considerati una casta, ma ci sono altre caste come quella di alcuni togati che si insinuano negli organi istituzionali e non tornano mai a fare il proprio lavoro».

Quante sono le toghe fuori ruolo? Secondo i dati forniti questa mattina da Giachetti a Montecitorio, per quanto riguarda la magistratura ordinaria si parla di 227 casi (91 al ministero, 28 presso organismi internazionali, 108 presso altre amministrazioni). In un lungo articolo di Sergio Rizzo pubblicato ieri dal Corriere sarebbero 219. Impegnati presso ministeri, autorità garanti, Palazzo Chigi, ambasciate. «E senza contare i componenti del Csm, o i giudici che sono in politica: sindaci, assessori regionali, parlamentari. Altre 34 sedie libere». In effetti tra Camera e Senato i magistrati eletti sono in una quindicina («E molto spesso – racconta Giachetti – siedono proprio nelle commissioni Giustizia»). Il tutto su un totale di 8984 unità.

«Qualcuno ha scritto che il mio emendamento era nato per creare problemi alla magistratura – ha spiegato questa mattina Giachetti in una conferenza stampa alla Camera – Ma è del tutto evidente che dei circa 10mila magistrati, gli interessati sono circa 300. E che all’interno di questi vi è un gruppo di “superprivilegiati”, di “derogati”, di intoccabili. Parliamo di una cinquantina di persone. Gli altri non sono particolarmente toccati dalla vicenda, e probabilmente la pensano esattamente come me». 

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