Portineria MilanoMaroni chiama (anche) i sindaci rossi: «No al patto di stabilità e via Equitalia»

Maroni chiama (anche) i sindaci rossi: «No al patto di stabilità e via Equitalia»

VENEZIA – Tutti i sindaci del nord Italia incomincino a non rispettare il patto di stabilità, non solo quelli «guerrieri» della Lega Nord. È questa la «disobbedienza civile» trasversale che Roberto Maroni, segretario del Carroccio, vuole portare avanti nei prossimi mesi. E che ha solo abbozzato domenica alla Festa dei Popoli Padani di Venezia dove c’erano più militanti rispetto al 2011. «In Sicilia hanno usato i forconi. Dobbiamo fare qualche cosa di simile. Lo dico ai sindaci. Protestare e passare ad azioni concrete come disobbedienza civile, la protesta fiscale e via Equitalia dal Nord». 

Non è un richiamo ai cittadini a non pagare tasse come Imu o Irap oppure ancora il canone Rai, cosa provocò qualche problema con l’agenzia delle entrate negli anni passati. La disobbedienza civile questa volta è un appello agli amministratori pubblici. È rivolto pure agli enti locali con meno di 5mila abitanti, che dal prossimo anno si ritroveranno con gli stessi problemi delle grandi città. Sindaci della Lega certo –  che sono più di 300 nel settentrione – ma si tratta di un invito che sarà presto esteso a ogni partito.

Il modus operandi sarebbe quello di non rispettare i vincoli di spesa imposti dallo stato e rescindere il contratto con Equitalia. Così le amministrazione potranno gestire la fiscalità sul territorio e aiutare i cittadini. In sostanza, è l’idea dell’Euroregione, con il 75% del gettito che resta nella terra d’origine. Per questo motivo Maroni – ma anche il sindaco di Verona Flavio Tosi come il segretario nazionale lombardo Matteo Salvini – ha annunciato dal palco sulla laguna di «voler parlare anche ai non leghisti, a quelli che la Lega non la votano ancora». 

Tutto nasce da due fattori concomitanti. Il primo è il caso di Franco Zorzo, sindaco di Tombolo in provincia di Padova, che a fronte dei 24 milioni di euro che il suo comune invia a Roma si è ritrovato quest’anno un’entrata nelle casse comunali di appena 72 mila euro. A quanto pare sarebbe stato un errore di conteggio da parte del ministero dell’Economia, ma – come ha annunciato lui stesso nell’intervento a Venezia – «gli altri anni ci arrivava solo 1 milione di euro. Siamo stanchi di essere presi in giro».

Maroni ha in mente di convocare il mese prossimo, proprio a Tombolo, tutti i primi cittadini che vogliono fare «cartello» nel «non rispettare il patto di stabilità». La macchina organizzativa è appena entrata in funzione, ma già oggi in via Bellerio durante il consiglio federale, Bobo ne parlerà con il sindaco di Verona Flavio Tosi e con quello di Varese Attilio Fontana, i due maroniani di ferro che parlano spesso di «patto di stupidità».

Il progetto è quello di organizzare una manifestazione in novembre. Il segretario federale sta pensando di invitare sindaci rossi come Giuliano Pisapia (che ha già rescisso il contratto con Equitalia) o Piero Fassino, ma anche quelli del Pdl e di altre formazioni politiche. «L’unione fa la forza», sarebbe il ragionamento di Bobo. Con 500 sindaci uniti nella protesta – sostenuti dai governatori di Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia -, il segretario potrebbe lanciare in questo modo un forte messaggio politico nell’interesse delle regioni settentrionali e contro il governo Monti (o «falliMonti» come lo ha definito).

Il secondo fattore è quello contenuto in una ricerca Swg che Maroni ha sul tavolo da qualche giorno. In questa sorta di sondaggio sta scritto che tra Lombardia e Veneto quasi il 70% dei cittadini è stufo di dare soldi a Roma e al sud. Questo malessere così vasto può essere intercettato – secondo il segretario – proprio dal Carroccio, ripulito, più serio e concreto, fresco degli Stati Generali del Nord di Torino dopo l’incontro con imprenditori e banchieri, con 12 punti racchiusi in un libretto che viene distribuito a Venezia. «Siamo l’unica forza politca seria che osteggia il governo Monti», chiosa Bobo, che dice ai militanti di non fidarsi di «altri partiti o partitini» e invoca la «secessione morbida» d’ispirazione gandhiana, nel senso del mahatma Gandhi e la non violenza. 

Le scope sono «servite» a qualcosa. E oltre a dirlo Roberto Calderoli nelsuo intervento «cabarettistico» (copyright di un big padano), è una sensazione comune fra molti dirigenti di via Bellerio, sorpresi dall’afflusso di militanti in laguna. Certo, «l’ansia da prestazione» – come la definisce qualcuno -si avverte girando sulla Riva degli Schiavoni o dei Sette Martiri. I padani ci tengono a sottolineare fino all’ultimo che «la Lega è unita, in Maroni e Bossi» e soprattutto che di gente ce n’è tanta. (cosa confermata anche dai dati della Questura e dai 26 pullman in più rispetto all’ano passato).

C’è però qualcuno che non è ancora allineato, come l’ex sindaco di Cittadella Massimo Bitonci, che quando Bobo sale sul palco a parlare, raduna i suoi e se ne va. Non è un caso che da Gianni Fava fino a Salvini o a Tosi, ci sia un fronte comune nel sostenere che chi «non ci sta con il progetto Prima il Nord è meglio che esca dalla Lega». Cosa già ribadita da Maroni la scorsa settimana. 

È comunque una Lega che funziona quella nata dopo gli scandali dell’ex tesoriere Francesco Belsito. Qualcuno, come il segretario dell’Emilia Fabio Ranieri calca troppo la mano («Monti è un lurido buffone»), ma tutti gli altri interventi, dal governatore del Veneto Luca Zaia a quello del Piemonte Roberto Cota cercano di informare i militanti sui contenuti: gli anni del gesto dell’ombrello di Mario Borghezio o dello stesso Umberto Bossi sembrano lontani. Infine, se nel 2011 la fotografia del palco era il Trota Renzo Bossi con un’ampolla sulla testa, quest’anno è quella dei Giovani Padani che si radunano sotto Maroni all’inizio del suo intervento: un cambio di passo simbolico e importante.  

«La Lega è viva», sostiene Maroni, mentre Calderoli ricorda i «gufacci» che ci davano per morti. Pontida sarà organizzata in marzo, a un mese dalle elezioni. Ci sono ancora le caffettiere padane, i gazebo, le bandiere di Alberto Da Giussano. Il Vecchio (Bossi ndr) al momento preferisce starsene tranquillo in disparte, ascoltando il suo popolo che invoca la «secessione». Durante l’intervento il Senatùr ha strappato qualche applauso, ha ricordato l’amico Giulio Tremonti, ma ha chiesto «unità» nell’interesse proprio della Lega e dell’obiettivo finale: la libertà di cui parlò nel 1996 proprio a Venezia in occasione del giuramento. Il richiamo però è alla battaglia di Lepanto del 1571, 7 ottobre, quando la Lega Santa fermò i turchi: ora la Lega di Prima il Nord vuole fermare Monti che, secondo i leghisti, «sta distruggendo il nord».

@ARoldering

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