ZLITEN – Zliten, 140 km a est di Tripoli lungo la linea della costa. Una delle nuove reti televisive nate dopo la caduta del regime di Gheddafi, Dardanil Tv, interrompe le solite trasmissioni a base di paesaggi desertici con sottofondo musicale per diffondere le immagini di una manifestazione in corso a Bani Waled, 120 Km a Sud della costa.
Tra la gente radunata in piazza sventolano le bandiere verdi della Giamahirria, mentre le immagini trasmesse dall’emittente che ha la sua sede proprio in città aprono l’inquadratura per dare conto del gran numero di persone presenti. Bani Waled, roccaforte dell’ex regime di Gheddafi, dopo essere stata “liberata” nei primi mesi della guerra civile libica da una brigata di 300 rivoluzionari è poi lentamente scivolata fuori dal controllo del governo di Tripoli e di fatto ha continuato a ospitare e sostenere segmenti dell’ex regime in rotta che qui si sono riorganizzati intorno a interessi locali di potere.
Nel posto di guardia di una prigione nella periferia di Zliten, dove sono rinchiusi anche alcuni prigionieri politici in attesa di conoscere il loro destino, i giovani che montano la guardia fissano le immagini che trasmette un vecchio apparecchio televisivo con un sentimento di rabbia misto a una certa stanchezza. I giovani guardiani vestono una semplice galabia e non hanno divise ufficiali: dicono di non averle ancora ricevute a causa di qualche non meglio precisato ritardo organizzativo, in realtà appartengono a una milizia locale che non ha accettato di essere incorporata nella nuova polizia nazionale perché persegue in modo esplicito un’agenda politica e allo stesso tempo islamica della rivoluzione che male si accorda con le linee d’indirizzo dettate dal governo di Tripoli. Sono tuttavia queste milizie a fare una parte importante in quel chiamano «la sicurezza della rivoluzione». E infatti proprio da Zliten e Msrata si sono mosse in direzione di Bani Waled alcune delle milizie più famose e potenti della Libia liberata che insieme all’esercito nazionale si sono assestate alle porte della città ribelle alla quale sono stati concessi 4 giorni per arrendersi.
Non è detto che si arrivi per forza a uno scontro che sicuramente avrebbe dimensioni considerevoli, potrebbe anche essere ristabilito quel modus vivendi che fino a oggi ha permesso a regioni come quella di Bani Waled di sottrarsi di fatto all’autorità di Tripoli, riconoscendone almeno formalmente la legittimità verso l’esterno. Non è certo un mistero che altre zone dell’immenso Sud libico, il Fezzan, restino lontano geograficamente e politicamente da Tripoli, trovando tutta la convenienza del caso nel coltivare traffici illeciti di armi in primis e consolidando potentati locali sotto la bandiera del vecchio regime mostrata ad arte. Non a caso notizie di dimostrazioni simili sono arrivate anche da Sabha, nel’estremo Sud del Sahara libico.
L’evidenza dei fatti dimostra che a ormai un anno dalla cattura e assassinio di Gheddafi la frammentazione delle forze in campo resta molto ampia e l’impressione è che anche nel caso in cui il governo centrale alla ricerca di una legittimazione crescente dovesse ritenere di arrivare allo scontro con i ribelli di Bani Waled, l’esercito nazionale non avrebbe la forza di lanciare l’iniziativa senza l’appoggio delle milizie locali di Zliten e Msrata. Il compromesso rimarrebbe dunque al ribasso, perché per combattere milizie anti-governative si finirebbe per premiare milizie lealiste, ma pur sempre espressione di interessi e assetti di potere che hanno il loro fulcro in reti economico-sociali (ridotte con una certa approssimazione al termine qabila) che rimangono fortemente limitanti per la nascita di una nuova Libia unica e unita.