E nel giorno del Pd irrompe la patrimoniale di Monti

E nel giorno del Pd irrompe la patrimoniale di Monti

Il governo sta studiando una patrimoniale, non sarà fatta «nottetempo» (come fu invece quella operata dal Governo Amato circa 20 anni fa, ndr), e si lavorerà per evitare che questa misura favorisca la fuga di capitali all’estero. Non è un retroscena, ma ciò che al Summit “Nuove strade per la crescita” organizzato dal Financial Times a MIlano ha spiegato Mario Monti.

Monti ha parlato apertamente di patrimoniale nella capitale della finanza italiana, Milano, e soprattutto al cospetto del gotha del capitalismo internazionale e nazionale, in un pubblico consesso organizzato dal Financial Times, cioè dalla bibbia del capitalismo mondiale.

Come reagiranno mercati, investitori e capitali italiani? «Non vogliamo certo che scappino», spiega il premier che ben conosce il rischio di un panico sui mercati e tra gli investitori ma, altrettanto bene, conosce il proprio ruolo di garante  rispetto a mondi e istituzioni che avrebbero lanciato ben altri allarmi se a proporre  una patrimoniale non fosse stato lui.

Ancora una volta, con un’uscita che è insieme di programma politico e di “attacco” culturale, Mario Monti ridisegna infine, in pochi minuti, l’agenda politica dei partiti italiani. Soprattutto – nel giorno dell’attesissimo confronto tra Bersani, Renzi e gli altri candidati alle primarie – si siede nel ruolo di chi dà le carte nel campo del Pd, imponendo un argomento che, da teorico e futuribile, diventa di colpo concretissimo e inevitabile oggetto di discussione già stasera.

Così, se la sinistra pro-patrimoniale di Bersani si trova dalla stessa parte del tavolo di un governo sostenuto con lealtà ma senza mai mancare di sottolineare ogni distinguo culturale, la strategia liberal di Renzi si trova a dover affrontare un tema spinoso e compelsso: un vero e proprio giperaio se si considera l’insufficienza dell’anagrafe patrimoniale italiana, in una serata che, per la prima volta sugli schermi di Sky, sarà all’insegna del fact-checking e del controllo di quanto detto dai candidati.

Monti, lo stesso che oggi ha ribadito che nel futuro preferirebbe non “pensarsi premier”, ha così cambiato lo scenario e imposto un grosso nodo di discussione. L’impressione è che in qualce modo, lui che continua a ribadire che non si candiderà a nulla, abbiamo già vinto il suo dibattito. E sia in netto vantaggio anche in quello degli altri.