Ma guarda un po’, il vecchio Marx sotto sotto era un liberale?

Ma guarda un po’, il vecchio Marx sotto sotto era un liberale?

Cerchiamo di capire quel vecchio liberale del comunista Karl Marx per quello che veramente è stato. Di fronte alle contrastanti e spesso false letture che ne sono state fatte da seguaci e avversari, ci sia consentito di tracciare una prima sintetica rassegna delle sue riflessioni, per ricominciare poi con una forse un po’ didascalica rassegna delle sue attività culturali e pratiche.

Marx fu di fatto un filosofo, che giunse a occuparsi della materialissima economia dopo aver compreso che la perdita di umanità da lui definita con termine hegeliano capovolto come alienazione, nasce dai rapporti che gli uomini instaurano tra loro nel produrre la loro vita, e vi rifletté chiarendo alcuni snodi essenziali del suo pensiero, che enuncerò qui sinteticamente.

Primo, la scandalosa concezione materialistica della storia, secondo la quale sulla struttura economica della «società civile» si eleva una sovrastruttura giuridico-politica, che ne rappresenta la coscienza sociale, ovvero che la coscienza non è (come avrebbe detto un neoidealista) coscienza di sé a sé, ma sempre coscienza di qualche cosa di reale. Secondo, la critica della falsa coscienza, comune a tutti gli ideologi dell’economia politica, alla quale i rapporti interumani, storici e transeunti, come denaro, merce, capitale eccetera, appaiono «cose» naturali ed eterne, fuori da ogni sviluppo storico. Terzo, il metodo della ricerca in economia politica, nel quale, contro l’illusione che partire da lavoro o popolazione fosse partire dal concreto e reale, mostrò che tuttavia quel concreto in realtà era sintesi di più cose storicamente determinate, e che dalla loro analisi si deve partire. Sono questi, tra molti altri, tre snodi del suo pensiero qui appena accennati, ma sui quali ritorneremo nello sfogliare le pagine dei suoi libri.

Ma infiniti sono i temi da lui affrontati con le sue caratteristiche scelte. Sul piano politico, l’elogio del ruolo storico della borghesia antifeudale, l’apprezzamento dello Stato liberale che rendendo la legge eguale per tutti, cancella le differenze corporative della società civile, ma intanto continua a vivere di esse, e poi delle rivoluzioni liberali, come il Risorgimento italiano e la vittoria antischiavista nella guerra di secessione americana; e l’atteggiamento, critico sì ma disincantato, sul colonialismo europeo, spietato ma comunque dinamico. Sul piano economico (sorvolando qui sulle più rigorose e discusse determinazioni: merce, valore d’uso e valore di scambio, capitale eccetera), lo studio degli sviluppi dal protezionismo del colbertismo all’età della libertà commerciale e industriale; la denuncia della totale scissione tra pluslavoro ai salariati e plusvalore al capitalista; del crescente squilibrio tra capacità della produzione e capacità dei consumi; della sventura del capitalista, che non sa se e quando i suoi prodotti diverranno merci producendo profitto, delle crisi ricorrenti e del rischio che le forze produttive diventino distruttive; la segnalazione del passaggio, già allora in corso, dal capitalismo industriale al capitalismo finanziario; e infine, la denuncia della dissipazione della natura, a opera ormai non solo dell’industria ma anche dell’agricoltura capitalistica.

Ma davvero non si finirebbe mai di citare i temi, discutibili e discussi, della sua ricerca: una mole grandiosa di dati raccolti e di teorie elaborate, che non ha l’eguale nella letteratura economica moderna. Pare di poter dire, semplificando, che nella sua personalità di studioso si assiste al singolare e fecondissimo incontro tra due grandi tradizioni culturali, che di solito si voltano le spalle: la capacità di elaborazione dei dati reali tipica dell’empirismo inglese (Marx parlò della «grossolana maniera inglese» di Darwin), e la capacità di astrazione tipica della filosofia idealistica tedesca (Russell parlerà di Kant come di «una calamità»). Il risultato è che, a differenza dall’economia politica classica, la sua è una filosofia (ma anche una storia) dell’economia politica; e forse per questo tutte le scuole della moderna economia politica accademica, nel tracciare la storia delle sue tante scuole di pensiero, pur non potendo non tener conto di molti suoi suggerimenti, costantemente lo ignorano.

Queste e altre questioni, qui citate alla rinfusa, chiariremo andando avanti nelle nostre pagine. Ma per meglio individuare le radici della sua formazione ideale e le vie della sua crescita nel tempo, converrà fare un passo indietro per ripercorrere brevemente (e forse un po’ didascalicamente) la sua biografia giovanile (quella adulta risulterà dall’analisi dei suoi scritti).

Assisteremo, nel leggerli, alla crescita del giovane Marx dalle idealità liberal-democratiche, ereditate dall’ambiente in cui nacque e mai rifiutate, alle prime geniali intuizioni di carattere socialista, arricchite da successivi approfondimenti. Attraverso gli studi severi e le coraggiose battaglie giornalistiche, egli maturò alla scoperta della politica e dello Stato; cui seguirono l’incontro con la classe operaia francese, la partecipazione alla rivoluzione del 1848, con la sua solitaria critica dell’insurrezionalismo. Poi, esule in Inghilterra, mentre, in una vita segnata da povertà, malattie, sciagure familiari, affrontava lo studio critico del capitalismo nel cuore stesso del «demiurgo borghese», ritrovò l’impegno della partecipazione ai movimenti rivoluzionari come capo riconosciuto dell’Internazionale socialista e guida critica del socialismo tedesco e internazionale.

Alla fine avremo a che fare con la mai terminata elaborazione di un opus magnum, al quale (se mi si consente la citazione dantesca) «ha posto mano e cielo e terra», cioè filosofia ed economia, che ci propone una nuova chiave di lettura del mondo moderno. Ci sarà da stupirsi se, in questo complesso percorso di vita, registreremo oscillazioni tra gli apprezzamenti da studioso dell’eredità storica del passato, le utopiche speranze di svolte storiche immediatamente rivoluzionarie, e le più meditate riflessioni sui tempi storici necessari al loro compimento?

Noi, tuttavia, pur consapevoli della costante maturazione e dei mutamenti nelle idee di Marx sulle scelte politiche, sui problemi del metodo della ricerca, sugli stessi contenuti dell’economia politica e sulle prospettive dell’azione, privilegeremo in questo nostro studio, magari a rischio di ripeterci e di semplificare un po’ troppo le cose, quanto in lui ci fu di più coerente e più suo. 

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