Nell’Ohio decisivo si incontrano le due facce dell’America

Nell’Ohio decisivo si incontrano le due facce dell’America

COLUMBUS – A Columbus, la capitale dell’Ohio, il quartier generale dei repubblicani si trova sulla South 5th Street. L’edificio, una villetta a due piani, per chi ci arriva dal centro della città, è proprio l’ultimo della via. Due metri prima, sul lato opposto del marciapiede, c’è una mensa per i poveri, dove decine e decine di persone ogni giorno si mettono in fila per ricevere un sacchetto con dentro un panino e una bibita. Sono quasi tutti afroamericani, ma «semplicemente perché è un quartiere dove vivono molti neri», precisa una volontaria.

Entrambe le strutture sono in mattoncini di terracotta. «È l’unica cosa che hanno in comune», spiega Robert, un signore  alto e magro, mentre aspetta il suo turno alla mensa. «Davanti a te, in pochi metri, trovi le due facce opposte dell’America. Là chi idolatra il successo, noi qui, che facciamo tutti parte di quel 47% di americani che Romney ha definito parassiti, incapaci di assumersi le proprie responsabilità. Ci ha insultato, nessuno di noi vorrebbe essere costretto a vivere di aiuti. Io non avrei pensato che la mia vita avrebbe preso una piega cosi difficile. Sono un ex militare» mai . Storicamente, le persone a basso reddito sono più inclini ad appoggiare i democratici perché «capiscono che è necessario avere uno stato sociale – dice ancora felice di parlare e farsi fotografare – si rendono conto che gli aiuti per chi vive sotto la soglia di povertà sono un modo per far sopravvivere queste persone. La loro equazione: povero uguale fannullone è sbagliata».

Chi prende l’Ohio, prende gli Stati Uniti, lo sanno ormai anche le pietre. I due candidati alla Casa Bianca sono testa a testa nei sondaggi. Il leggero vantaggio di Obama è minimo e rientra nel margine di errore proprio di ogni studio a campione. Ci sono 18 voti da assegnare (ogni Stato ha un tot di Grandi Elettori decisi in base alla popolosità), fondamentali ai repubblicani per raggiungere la quota di 270 delegati su 538, il numero magico per diventare presidente. L’Ohio, insieme alla Florida e alla Virginia sono ormai gli Stati ancora in bilico in cui si decideranno le elezioni.

Le attenzioni però sono soprattutto qui, in questo Stato del Midwest, dove si potrebbe finire al riconteggio. I due candidati ci stanno investendo tutte le energie (in comizi) e i soldi (bombardando gli abitanti di spot pubblicitari). Quattro anni fa, Obama ce l’ha fatta per poche migliaia di voti. C’è stato un boom di presenze ai seggi, gli afroamericani hanno votato in blocco per lui (circa il 95%). Stanno proprio in questi due dati le incognite per capire in che direzione andrà l’Ohio.

L’entusiasmo del 2008 è sparito qui, come nella maggior parte degli Stati Uniti. È difficile che ci sarà la stessa affluenza alle urne e molti analisti americani sostengono che i neri o le persone meno abbienti potrebbero in parte boicottare le elezioni. I repubblicani ci sperano. «Ci sarà una bella sorpresa il 6 novembre – assicura Tom Dains, 22 anni, uno dei 40 volontari dislocati nello Stato. Noi porteremo molte più persone a votare rispetto al 2008, mentre il boom dei democratici non si ripeterà. La gente è eccitata. Capisce che è ora di licenziare Obama, per  eleggere Mitt Romney. Lui ha le risposte giuste».

Sanno di avere poche chance di far cambiare casacca ai poveri e ai neri. Non ci provano in realtà neanche più di tanto, occupati a rinsaldare la base e a far vestire di rosso (il colore dei repubblicani) gli indecisi. «Da mesi andiamo di porta in porta per parlare con le persone, spiegare loro il nostro programma. La gente è stanca – osserva Mattew Anderson, responsabile della comunicazione del partito – Ancora 23 milioni di americani sono praticamente senza lavoro. C’è voglia di cambiare, di far ripartire l’economia. Ogni giorno vengono in sede persone che avevano votato Obama quattro anni fa e ora ci hanno ripensato».

Non Robert. Lui ha paura che se dovesse vincere l’ex governatore del Massachussetts le cose potrebbero mettersi male per il suo futuro. «Il sette novembre saprò se la prossima estate lavorerò o meno». Quattro mesi all’anno viene assunto, racconta, dalla “First Energy”, una delle 100 aziende a cui il Dipartimento di Stato ha concesso gli stimoli federali per incentivare lo sviluppo dell’energia pulita. «Il mio stipendio viene pagato grazie a quegli aiuti che il candidato repubblicano ha duramente attaccato in campagna elettorale». Negli altri mesi dell’anno in cui non lavora, riceve il sussidio statale «ma non mi sento un parassita. Quello che mi danno è solo quello che mi spetta. Sono un veterano, ho servito il mio Paese dal 1971 al 1993, per ben 22 anni».

Voterà Obama, ma su un punto dà ragione al giovane volontario Tom: il calo dell’affluenza alle urne. «Guardati intorno sei nel posto giusto, sai quanti non voteranno? Tanti, io ci provo a convincerli, ma loro ormai pensano che chiunque salirà alla Casa Bianca non farà niente per migliorare la situazione». E in effetti, facendo un piccolo sondaggio all’interno della mensa, sono numerosi quelli che dicono di non aver nessuna intenzione di recarsi quest’anno ai seggi. Chi lo farà però voterà Obama. «La mia scelta è chiara – dice Anthony, un signore anziano nero con il volto tondo e simpatico – Non seguo la politica, so solo che ora per la mia assicurazione sanitaria io non devo mettere un dollaro, mentre con Romney le cose cambierebbero. Vuole darci un voucher di 8mila dollari all’anno, quando le mie cure costano dieci volte tanto». Anche Eric, 37 anni, originario di Columbus, andrà a mettere la crocetta sul nome del presidente. Nelle precedenti elezioni non ha votato. «Ero in prigione» per spaccio di droga. Di nuovo in libertà, fa fatica a trovare lavoro, non riceve aiuti governativi, ma nonostante Romney prometta la creazione di 12 milioni di posti di lavoro, voterà il partito dell’asinello, perché è convinto che Obama riesca a capire meglio «cosa vuol dire non essere ricchi e dover lottare ogni giorno per finire la giornata. Se vinceranno i repubblicani faranno solo gli interessi dei benestanti, cioè dei loro amici».

Questi pensieri fanno scuotere la testa ai volontari del quartier generale di Romney. «Con Obama i sussidi ai poveri sono aumentati. Noi invece vogliamo tagliare questi aiuti, dando l’opportunità ai meno abbienti di trovare un lavoro e uscire da questa situazione di miseria. I democratici credono che riducendo la ricchezza dei benestanti, si migliori la situazione dei poveri e li riempiono di soldi pubblici, non incentivandoli in questo modo ad attivarsi per migliorare la situazione. Chi è povero non puo’ offrire nessun posto di lavoro. Quelli che assumono sono i ricchi, ecco perché non devono essere considerati il nemico».

Se non fosse stato per il salvataggio attraverso gli stimoli federali dell’industria dell’auto nel nord dell’Ohio, probabilmente Il presidente Obama ora si troverebbe in svantaggio. La disoccupazione è ancora molto alta e anche se qui è più bassa della media nazionale (7%), per chi non ha uno stipendio fisso, la rassegnazione e la stanchezza si sentono e spesso si trasformano in disinteresse. A pochi giorni dal voto, lo Stato è diviso: Obama guida di poco: dovrebbe vincere facile nel nord est, mentre sono con Romney tutte le aree rurali e le città a ovest. Cleveland è in mano ai democratici, la capitale Columbus è ancora incerta. La carta vincente per il presidente potrebbe essere ancora una volta l’Early Voting, partito in Ohio 2 ottobre. Le statistiche del 2008 hanno detto che chi si reca alle urne prima del 6 novembre sono soprattutto le minoranze e le persone a basso reddito. Potenziali elettori di fede democratica che probabilmente il sei novembre, con un solo giorno a disposizione, non si sarebbero mai recati ai seggi.

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