Procuratore nazionale antimafia, 68 anni il prossimo primo di gennaio, in magistratura dal 1969 (43 anni pieni), procuratore nazionale Antimafia da 7 anni. Da oggi, questa lunghissima carriera di Pietro Grasso è congelata. Congelata, non abbandonata definitivamente, visto che per scendere in campo (o salire in politica, come preferite) non si dimette da magistrato, ma solo chiede una aspettativa. E così, a inopportunità si aggiunge inopportunità.
Già. Perchè già molto si potrebbe eccepire sull’opportunità di un magistrato di così lungo corso, naturale custode di molti segreti che riguardano lo stato italiano e la mafia, per lunga missione chiamato a una terzietà fondativa, abbandoni questo dovere di imparzialità per diventare – da candidato – uomo di parte. È vero, in Italia la tradizione è lunga e inizia da ben prima di Ingroia e Grasso: ma il fatto che la tradizione sia lunga non significa che sia anche giusta.
Ma anche ammettendo che la continua candidatura di magistrati in politica non sia un male, anzi sia perfino un bene, un altro problema – enorme – resta: perché quasi tutti i giudici che scelgono la politica si mettono in aspettativa anziché dimettersi? Nella nostra infografica di qualche giorno fa elencavamo qusnti magistrati in politica da decenni siano ancora in aspettativa. Cioè, tecnicamente, pronti a riassumere l’incarico di magistrati, dopo decenni, e senza che la loro assenza venga considerata tecnicamente una vacanza, mentre il problema della carenza di organico attanaglia, tra i vari, la giustizia italiana.
Ecco, dato il quadro generale e quello particolare, non sapendo ancora con certezza con chi si candiderà il procuratore Grasso, sarebbe bene chiedere da subito a chiunque lo candidi di porre una condizioni: le dimissioni definitive dalla magistratura. Dopo 43 anni di onoratissima carriera, peraltro, dovrebbe quasi sembrare una questione di buon gusto, prima ancora che di civiltà democratica. O no?
Nel pomeriggio arriva la notizia – per voce dello stesso Grasso – che non chiederà l’aspettativa ma si dimetterà invece in via definitiva. Restano ferme tutte le considerazioni di opportunità generale sulla continua commistione tra potere giudiziario e legislativo, ma certo accogliamo con soddisfazione il fatto che – anche simbolicamente – il passaggio alla carriera politica, per Grasso, sia irreversibile.