E se a fare il Papa capitasse uno dei nostri politici?

Grillo sarebbe Innocenzo III, Monti somiglia Pio IX e Alessandro VI tocca a Silvio

Nel circuito mediatico-politico che circonda il Palazzo romano c’è da sempre una sopravvalutazione costitutiva del proprio ruolo e della propria influenza, quasi che si potesse essere decisivi nell’orientare gli andamenti e i destini della politica nazionale. A questa spocchia contribuisce il vezzo di rimbalzare qui con grande enfasi, a seconda dei diversi interessi di schieramento, gli interventi che compaiono sulla stampa straniera. Fingendo regolarmente di “dimenticare” che gli articoli e le analisi sulla confusa e spesso incomprensibilmente barocca politica italiana sono quasi sempre la serie “B” o la serie “C” del lavoro dei corrispondenti stranieri in Italia.

Eppure la sede di Roma è comunque ambitissima in tutti i media del mondo. E non tanto perché ci si veste bene e si mangia meglio, ma perché c’è la vera serie “A” della notizia, unica in tutto il pianeta, e cioè il Vaticano che attira da sempre la curiosità e l’attenzione universale. E questo avviene non soltanto “ad ogni morte di Papa”, ma molto più spesso di quanto si immagini. Se poi si è di fronte a un completo inedito mediatico, e cioè la prima “abdicazione” dei tempi moderni, emerge l’abisso che separa, in termini di importanza, la vicenda di Oltretevere dalla mediocrità delle elezioni italiane che, guarda caso, si celebrano nel giorno (il 24 febbraio) dedicato dalla Chiesa a San Modesto.

Che il voto abbia infine un esito appunto Modesto è pressoché impossibile negarlo a chiunque. Eppure nell’eterno provincialismo autoreferenziale che impera nel conformismo mediatico di Palazzo la battuta che più ha successo è una sola “…Tanto per chi perde le elezioni c’è sempre il Conclave, una seconda possibilità…”.

Al di là del dubbio gusto di una simile prospettiva non c’è però nessuno che vada oltre, al punto cioè di immaginare i candidati della politicuzza italiana sul soglio di Pietro. E allora, per una volta, si lasci “stare al gioco” e trovare nella lunghissima Storia dei pontefici qualche imprevista similitudine.

«Papa Sisto non la perdona nemmeno a Cristo»… Difficile non intravedere il cipiglio del dottor Ingroia sotto i panni del Papa più terribile e autoritario, passato alla Storia per l’ira e le punizioni che comminava a man bassa, pene capitali comprese. Solo una volta Sisto V perdonò. Avvenne il 10 settembre 1586, quando fu innalzato il grande obelisco egizio in Piazza San Pietro. Sisto V, in piena legalità, aveva ordinato il silenzio più assoluto e per chi l’avesse rotto la pena di morte immediata (La forca era stata già allestita nella piazza). Lo sforzo gigantesco di migliaia di braccia stava per fallire quando si alzò la voce squillante di un marinaio ligure «Acqua alle corde» che stavano per rompersi. Il grido funzionò e il ragazzo si salvò dal capestro al quale era stato subito condotto. Ma un successore Sisto Sesto non è mai arrivato…

Il Cavaliere Alessandro VI… In quell’anno Colombo scoprì l’America, ma se ne accorsero in pochi. Era più intrigante seguire il Conclave, sembra simoniaco, che elesse il catalano Rodrigo Borgia, Alessandro VI. La sua corte, rutilante e dissoluta, portò uno “stile” tutto suo, fatto di amanti, feste e nepotismo verso i figli del papa. Cesare, il duca Valentino (a cui Machiavelli dedicò proprio 500 anni fa il suo “Principe”) e l’affascinante Lucrezia, protagonista anche suo malgrado di intrighi e veleni (non solo simbolici). Eppure tanto “irregolare” nella vita e nel potere, il Borgia fu altrettanto ortodosso nella dottrina. È sua l’istituzione dell’”Angelus” domenicale in Piazza San Pietro: ma nella storia resta per la sua scandalosa e gaudente vitalità. Se tocca a lui, diventa l’unica speranza per le nozze gay…

«Se scegliete un asino, eleggete me…» «Se invece scegliete un santo, eleggete il cardinal x, se uno statista il cardinal y…». Con questo artificio dialettico di abituale bonomia emiliana, Prospero Lambertini convinse i cardinali a nominarlo papa. Benedetto XIV fu eletto dopo 254 “fumate nere” nel lungo Conclave di sei mesi dal febbraio all’agosto del 1740. Sotto un linguaggio apparentemente popolare e per nulla erudito (alla Bersani insomma) si celava una soffice e acutissima capacità di gestire il potere. Mecenate di lettere e arti, governò 18 anni: fu il primo Papa a condannare subito la Massoneria e lo schiavismo nelle Americhe. Gli andò male nella guerra di successione austriaca dove, nella pace di Acquisgrana, non riuscì a prendersi Parma e Piacenza che aveva inutilmente rivendicato. Per tutto il Novecento fu il protagonista di una scintillante commedia (proprio dal titolo “Il cardinal Lambertini”) che segnò il successo teatrale e cinematografico dell’attore Gino Cervi, poi l’immortale Peppone…. Appunto…

L’antipapa Giovanni XXIII… Il mefistofelico Oscar Giannino stava certamente a suo agio nel periodo più incasinato della Chiesa, quello dei tre papi in contemporanea. E Baldassarre Cossa era stato eletto dal Concilio di Pisa nel 1410 in contrapposizione di Gregorio XII (l’unico che resta come regolare negli annali) e soprattutto di Benedetto XIII , sospinto da chi voleva riportare il Papato ad Avignone. Giovanni XXIII resse per qualche anno appoggiandosi all’imperatore Sigismondo del Lussemburgo, ma oscillando tra l’una e l’altra coalizione in furibonda guerra tra loro. Quando Gregorio XII “pro bono pacis” si dimise (ultima abdicazione prima di Ratzinger) la strada gli pareva spianata. Giovanni XXIII convocò un Concilio a Costanza (1414) per essere confermato. Male però gliene incolse: perché lo stesso Concilio depose d’autorità anche lui, sulla spinta dei cardinali che aveva lui steso nominato (vedi oggi Zingales e non solo)… Eppure restò cardinale su scelta del nuovo successore, Martino V, ed ebbe l’onore di una splendida tomba scolpita da Donatello nel Battistero di Firenze, che tutt’ora si ammira.

Il dogma dell’infallibilità (europea)… Come Mario Monti, anche Pio IX aveva suscitato all’inizio molte speranze di apertura e di riforma. La pratica prosaica di governo spense molte attese. Promulgò allora il “Dogma dell’infallibilità europea” che accompagnava il “Sillabo delle dottrine proibite” come il “populismo” e la critica all’Europa che invece è ontologicamente perfetta, virtuosa e intoccabile. Il più pericoloso degli eretici sta diventando l’intellettuale tedesco più prestigioso, Hans Magnus Enzerberger. Nel suo “Il mostro buono di Bruxelles” (Einaudi,2013) disegna un ritratto impietoso di una “Eurocrazia” autoreferenziale, ipersuscettibile e soprattutto allergica al popolo sovrano. Ma che importa ? Nella situazione di stallo che verrà a crearsi è l’unico papa che resterà, proconsole affidabile del mondo che conta…

«Tutti a casa,anzi meglio: bruciateli tutti»... Assomigliava forse a Beppe Grillo papa Innocenzo III quando nel 1204 lanciò tra tuoni e fulmini la crociata contro i catari e albigesi. Una lotta senza quartiere contro gli eretici che, come i vecchi politici, andavano distrutti allontanati dal potere, a meno che si pentissero, si riconvertissero e lasciassero i beni e le città vestiti di sacco. La crociata insanguinò Provenza e Linguadoca per due decenni all’inizio del Duecento. Una guerra contro i baroni locali e gli altri feudatari che non volevano finire sotto il re di Francia. Tra i massacri si ricorda l’assedio di Beziers e di Albi, quando il capo dei Crociati, Simone di Monfort, decise di incendiare le città assediate. All’obiezione, fondata, che così sarebbero periti anche i fedeli cattolici, ordinò: «Bruciateli tutti: Dio riconoscerà i suoi»…  

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