Bersani verso il fallimento, rischia governo e partito

In corso l’incontro tra il segretario Pd e Napolitano

Adesso anche Mario Monti mette in dubbio il suo voto. Dunque non ci sono maggioranze alle viste e un governo del presidente appare l’ipotesi al momento più probabile. Ma la giornata sarà lunga e ancora fitta di colloqui e negoziati. L’unica cosa certa è che stasera alle 18 Pier Luigi Bersani attraverserà il cortile presidiato dai corazzieri, inforcherà la grande scala di rappresentanza del Quirinale e salirà su su fino allo studio del presidente della Repubblica. Il segretario del Pd e Silvio Berlusconi continuano a giocare la loro complicatissima partita a carte, tra minacce incrociate e bluff che si annullano tra loro.

Non sembra che ci possa essere un vincitore, nessuno dei due giocatori sembra voler andare a vedere le carte dell’altro. Il Cavaliere è convinto che Bersani, prima di salire al Quirinale, gli telefonerà sconfitto cedendogli la presidenza della Repubblica in cambio di un voto di fiducia. Bersani è invece convinto che il Cavaliere non possa rischiare di vedere eletto a Capo dello Stato un suo nemico, e che alla fine troverà il modo di scendere a patti entro le 18 di oggi. Ma entrambe le ipotesi appaiono inverosimili, descrivono una partita in stallo. L’ultima offerta che dal Pd è giunta al Pdl riguarda la Lega e la possibilità di guadagnare ancora del tempo per continuare il negoziato che incrocia il destino di Palazzo Chigi con quello del Quirinale: il partito di Roberto Maroni potrebbe fare in modo di garantire una fiducia condizionata al nuovo governo di Bersani, che vedrebbe la luce ma rimarrebbe sotto la minaccia del centrodestra fino alla conclusione delle trattative sulla nuova presidenza della Repubblica. Ma anche questa eventualità è inverosimile. Di più: ieri sera è stata categoricamente esclusa in un colloquio telefonico tra Berlusconi e Maroni. Tutto è in divenire, e dunque chissà che non ci siano altri sviluppi nelle prossime ore anche da questo punto di vista.

Ma che succede? Stasera Bersani cercherà in ogni modo di ottenere l’incarico da Napolitano insistendo sulle incertezze del Movimento 5 Stelle, sui precedenti costituzionali e sulla vaghezza con la quale si esprime la Carta. Bersani e i suoi consiglieri insitono con l’idea di un governo di minoranza. Ma il presidente della Repubblica è l’unico player in campo che non bluffa: Napolitano fa sul serio e in nessun modo nominerà Bersani senza avere la certezza numerica che il nuovo governo abbia già in tasca la fiducia del Parlamento. E se davvero Mario Monti dovesse svincolarsi, come sembra, il centrosinistra sarebbe lontanissimo dall’obiettivo di avere la fiducia. Zero possibilità.

Archiviata dunque l’ipotesi Bersani, il Capo dello Stato dovrebbe inevitabilmente risolversi a nominare un altro premier, una figura nuova (Matteo Renzi?) o istituzionale (Grasso, Cancellieri, Amato…) capace di costituire un governo di scopo, o del presidente. La mossa del Quirinale, intorno alla quale molto si almanacca nel Palazzo in queste ore, potrebbe essere tuttavia seguita da un passaggio a sorpresa e controverso: le dimissioni del presidente. Napolitano potrebbe insomma dimettersi anzitempo per favorire una sua rielezione che lo metterebbe nelle condizioni di esercitare una piena e forte tutela del nuovo esecutivo in un momento drammatico per gli equilibri istituzionali e finanziari del Paese (lo spread continua a salire). Si tratta tuttavia di illazioni che non trovano conferma e fino all’ultimo Napolitano cercherà di evitare questo tipo di scenario che presenta enormi profili di rischio per la tenuta del centrosinistra e in particolare del Pd.

Un governo del presidente avrebbe forse l’effetto di spaccare il Partito democratico, già diviso tra i sostenitori (sempre più dubbiosi) della linea Bersani e il resto dei dirigenti e dei gruppi parlamentari. Il segretario Bersani si è infatti finora attestato su una posizione intransigente: o me o il voto. Linea sempre più contestata dall’interno, e non solo dalla agguerrita minoranza di Matteo Renzi. Se Napolitano optasse per il governo del presidente, anche qualora il Pd riuscisse poi a controllare le spinte centrifughe alle quali sarebbe certamente sottoposto, significherebbe il tramonto di Bersani. Il segretario non perderebbe soltanto la premiership, ma anche la leadership del Pd. Rimane ovviamente sempre aperta la strada delle elezioni anticipate, il più presto possibile. A giugno. Oggi Napolitano potrebbe rendersi conto di non avere alternative, e potrebbe anche lasciare il pasticcio italiano nelle mani del suo successore. Se fosse così stasera l’Italia sarà un Paese senza governo e con un capo dello stato dimissionario.
 

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