Dall’11 febbraio al 13 marzo, dall’annuncio delle dimissioni di un Papa all’elezione del suo successore, sono stati questi i trenta giorni che hanno sconvolto la Chiesa e riformato, di fatto, il papato. Ieri poi è stato apposto una sorta di sigillo pubblico e definitivo alla svolta: l’incontro fra i due pontefici a Castel Gandolfo dove si trova un altro palazzo apostolico, il ‘secondo’ Vaticano come lo chiamava Wojtyla, non ha infatti precedenti.
L’immagine dei due inginocchiati insieme, Francesco e Benedetto vestiti di bianco, è una rivoluzione nel modo di essere e nella rappresentazione stessa che la Chiesa da di sé al mondo. E tuttavia a colpire è stata anche la semplicità dei gesti, dei saluti, della preghiera comune; infine c’è stato quel sedersi uno di fronte all’altro, abbastanza tranquilli, per un colloquio di 45 minuti che invece non sarà stato solo formale.
E in effetti un qualche passaggio di consegne fra i due papi ci deve essere stato; sul tavolino che li divideva durante il confronto riservato, spiccavano infatti una busta bianca gonfia di carte e una scatola probabilmente piena di documenti. Fra i plichi consegnati da Ratzinger a Bergoglio ci sarà stato anche il mitico dossier segreto su vatileaks? Non è da escludere, anche se Francesco può aver ricevuto quello come altri documenti ‘ufficiali’ in modo più tradizionale nei suoi uffici. E però va ricordato che Benedetto XVI fra gli ultimi atti del suo pontificato aveva voluto incontrare i tre i cardinali da lui stesso incaricati di un’indagine riservata e parallela rispetto al processo ufficiale sulla fuga di documenti segreti dal suo appartamento, aveva inoltre fatto sapere che l’intera documentazione non sarebbe stata divulgata ma passava direttamente nelle mani del suo successore.
I tre sono Julian Herranz, cardinale anziano esperto giurista e membro dell’Opus Dei, lo slovacco Jozef Tomko, conoscitore della Curia romana e Salvatore de Giorgi, cardinale italiano ex arcivescovo di Palermo. Molti sono stati i testimoni ascoltati dai tre ‘inquisitori’in merito alla vicenda di vatileaks, anche se i tre non si sono limitati a questo e hanno svolto indagini approfondite sugli scontri e le lotte di potere interne, sugli scandali a sfondo sessuale, su possibili ricatti e passaggi di informazioni all’esterno delle mura vaticane.
Molte illazioni sono state fatte in merito al contenuto del dossier segreto, in realtà già dal processo all’ex maggiordomo Paolo Gabriele, emergeva un mondo vaticano percorso da voci, contrasti, inimicizie e piccole rivalità che complessivamente davano l’idea di un’istituzione in forte crisi. Più seri sono i temi – pure emersi nell’inchiesta dei tre porporati e presenti nell’ ‘affaire’ vastileaks – relativi alla gestione delle finanze, alle riforma e riorganizzazione della Curia, alla riduzione dei dicasteri – impresa quest’ultima che troverà forte opposizione da parte di settori dell’apparato vaticano – a un più complessivo decentramento delle funzioni e dei poteri nella Chiesa.
Se questi sono senz’altro alcuni dei nodi più delicati affrontati nel colloquio fra i due papi, non può passare in secondo piano la strategia comunicativa compiuta dalla Santa Sede di mostrare le immagini due pontefici insieme. Una scelta evidentemente compiuta con l’assenso certamente dell’attuale vescovo di Roma e probabilmente anche del suo predecessore. E va detto che questa volta la Chiesa ha giocato bene le sue carte con l‘opinione pubblica e con i media; i due papi, infatti, sono apparsi immediatamente ‘normali’, la rivoluzione è sembrata quasi una scelta naturale.
In realtà non è esattamente così che stanno le cose, ma di certo sia Ratzinger con le sue dimissioni compiute “ben consapevole della gravità di questo atto e con piena libertà”, come ha tenuto anche formalmente a ripetere, che la facilità con la quale Bergoglio ha saputo affrontare la novità del papa emerito, hanno contribuito ad aprire alla Chiesa le porte di questa nuova stagione storica che pure non è stata senza contraccolpi nel corpo dei fedeli, soprattutto nei giorni immediatamente successivi alla rinuncia di Benedetto XVI. Col passare delle settimane, però, la novità delle dimissioni è stata metabolizzata dal popolo di Dio, dalle gente comune, che ha visto anche il profilo umanizzante contenuto nella svolta.
E tuttavia i problemi non sono ancora finiti. Se è vero infatti che per ora tutto è filato liscio, alla lunga la coabitazione all’interno del Vaticano dei due papi qualche imbarazzo potrebbe provocarlo. Per quanto le intenzioni di Ratzinger di vivere defilato vadano prese sul serio, la presenza del papa emerito negli stessi ambienti del ‘titolare’ potrebbe scatenare gossip, voci, magari messe in circolazione in modo strumentale da chi ha interesse a far fallire i cambiamenti interni al governo della Chiesa, tali da diventare un ostacolo per Francesco o addirittura da far sorgere un nuovo caso vatilieaks sempre con qualche doppia finalità. Si tenga conto, sotto questo profilo, che la questione Ior scotta e sarà uno dei dossier sui quali il Papa dovrà mettere quanto prima le mani, la cosa non sarà indolore per molti.
Per ora, in ogni caso, Benedetto XVI resterà entro le mura vaticane, anche per ragioni legate alla sua sicurezza personale. Si vedrà se questa sarà una soluzione definitiva o se più avanti, col passare dei mesi, assorbita la novità da parte dell’opinione pubblica, il papa emerito possa infine ritirarsi in qualche casa religiosa magari nella sua patria.