Pd e Pdl si parlano: mandato condizionato a Bersani

Il Colle incarica il leader Pd di verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo

La situazione è fluida, solo oggi pomeriggio Giorgio Napolitano scioglierà l’impasse. Ma l’ipotesi che si fa strada è quella di un incarico condizionato a Pier Luigi Bersani. Ieri sera Pd e Pdl hanno infatti ripreso a parlarsi per la formazione del governo e lo hanno fatto ancora per tutta la notte. Sono refoli di una trattativa molto complicata, resa possibile soltanto dall’atteggiamento assunto da Giorgio Napolitano nel corso delle consultazioni. Il presidente della Repubblica ieri sera ha piegato, non senza fatica, un “testardo” Pier Luigi Bersani che chiedeva per sé, con pervicacia, nomina e incarico a premier. Napolitano ha risposto al segretario del Pd che senza una maggioranza certa lui non lo avrebbe mai nominato (e i voti di Beppe Grillo sono rimasti una pura illusione).

Il capo dello stato ha manifestato pure un sospetto riferito alla testardaggine di Bersani, ovvero il retropensiero che il segretario coltivi in realtà l’intenzione occulta di provocare le elezioni anticipate. Ma la novità faticosamente emersa nel corso del lungo colloquio, durato un’ora e mezza, è che Bersani, forse anche per effetto di pressioni interne al Pd, alla fine ha un po’ cambiato linea: pare che sia disponibile ad accettare – a certe condizioni – l’appoggio da parte del Pdl. Bisogna ancora capire tuttavia in che modo, sotto quali forme possa verificarsi una simile convergenza ritenuta fino a poche ore fa assolutamente impossibile. I contatti, cauti, si sono attivati ieri sera, con un giro di telefonate che ha coinvolto il segretario del Pdl Angelino Alfano, da sempre considerato un interlocutore affidabile negli ambienti del centrosinistra. Ma il Pd non si fida del carattere per così dire “mutevole” di Silvio Berlusconi e il Pdl è invece molto interessato a discutere dell’elezione del prossimo capo dello stato, provocando ulteriori sospetti nel Pd.

È nell’incrocio tra Palazzo Chigi e Quirinale che dunque si gioca la partita: Berlusconi insegue l’idea di un presidente di garanzia e in cambio – forse – potrebbe persino far nascere un governo guidato da Bersani trovando pure quei “tre o quattro punti di contatto con il Pd” che Napolitano, ieri pomeriggio nel loro colloquio, lo ha invitato a individuare. Ma quanto sarà possibile modificare, o ammorbidire, la linea degli otto punti votata dalla segreteria del Pd, quella immaginata per agganciare Grillo? E quale presidente della Repubblica potrà andare bene al Cavaliere ed essere però contemporaneamente una figura “alta” e gradita al centrosinistra? E infine: quanto costerebbe in termini di consenso al Pd una stranissima maggioranza con il nemico di Arcore?

Emanuele Macaluso, grande e vecchio amico del presidente Napolitano si è fatto sfuggire una considerazione rivelatrice, quasi oracolare: «Il lavoro che sta facendo adesso il presidente della Repubblica è solo propedeutico per quello che dovrà fare il suo successore».

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