Scandali e soldi, al conclave nascerà una nuova Chiesa?

Il Vaticano del futuro

Mai come in questi giorni la Chiesa, se si guarda alla storia del’ultimo secolo, si era trovata tanto smarrita e piena di dubbi. Le dimissioni del Papa hanno consegnato ai 115 cardinali elettori uno scenario inedito e sorprendete: la più antica e tradizionalista delle istituzioni è brutalmente posta di fronte ai dilemmi della modernità e della sua stessa crisi. Il conclave, dunque, avrà certo l’obiettivo di eleggere il successore di Benedetto XVI, ma anche quello di delineare una rotta per il futuro, alcuni punti fermi dai quali ripartire. Per questo da giorni i cardinali stanno rinviando la decisione sulla data d’inizio del conclave, non si tratta infatti solo di eleggere un Papa ma di immaginare un nuovo modello di Chiesa.

I tre grandi scandali emersi in questi anni – le lotte di potere interne al palazzo apostolico legate alla fuga di documenti riservati, la vicenda dilagante degli abusi sessuali che da tempo ha coinvolto le responsabilità di autorevole cardinali, il ‘rosso’ in bilancio delle casse vaticane e le accuse allo Ior di scarsa trasparenza – sono i sintomi di un male più profondo, che investe la Chiesa nel suo rapporto con il mondo. D’altro canto meno spettacolari di Vatileaks ma certo non meno significative, sono state le iniziative di centinaia di preti che in Austria, Francia, Irlanda, Germania, Stati Uniti chiedono maggiore collegialità, meno potere alla curia romana, la fine del celibato sacerdotale obbligatorio, più spazio per donne e laici, una revisione della linea intransigente verso i divorziati risposati e in generale sul tema dell’omosessualità.

Nessuno di loro è stato redarguito e richiamato dal Vaticano, dalla congregazione per la dottrina della fede, e il motivo è semplice: più di 500 preti e diaconi austriaci non possono essere scomunicati tutti insieme nonostante abbiano sottoscritto un documento dal titolo inequivocabile: “Appello alla disobbedienza” . E nemmeno i circa 400 teologi firmatari di un appello riformatore in Germania. Il rischio sarebbe uno scisma dalle conseguenze imprevedibili. Quella che sta emergendo nell’Europa continentale è una Chiesa che chiede cambiamenti radicali, anche se si fa più fatica a scorgerla perché meno spettacolare dell’ex maggiordomo infedele del Papa Paolo Gabriele, ora impiegato presso una struttura legata all’ospedale romano e vaticano del Bambin Gesù.

Anche Famiglia cristiana, voce popolare e spesso coscienza critica del cattolicesimo italiano, lancia in queste ore un’agenda per il nuovo Papa, tanta è la consapevolezza che il nome di un cardinale – per quanto autorevole – non potrà risolvere tutto. Il settimanale dei paolini si azzarda a chiedere la fine dello Ior, cioè dei segreti finanziari, e l’approdo alle banche etiche, ma più generale il direttore della rivista don Antonio Sciortino, rileva un aspetto di fondo: la rinuncia di Benedetto XVI «ha cambiato il cuore di tanti, ha riavvicinato molti alla fede. Anche i non credenti ne sono rimasti turbati e affascinati. Ha mostrato il volto bello della Chiesa, nella sua trasparenza e pulizia evangelica, lontana dai palazzi e dagli intrighi del potere». Non solo: «A chi rimprovera Benedetto XVI di avere tolto, col suo gesto, la ‘sacralità’ che circonda la figura del Papa (inclusa la follia di un prete che ne ha bruciato la foto a messa), va ricordato il mistero fondamentale del cristianesimo, che è l’incarnazione: Gesù da Dio che era si è fatto uomo, in tutto simile a noi, eccetto il peccato». 

Intanto le congregazioni generali, vale a dire le riunioni di cardinali che precedono il conclave, vanno avanti, il confronto ha avuto inizio da lunedì. I porporati affluiscono verso l‘aula del sinodo dove si ritrovano e cominciano “a confrontarsi e conoscersi” come dice più d’uno fra di loro per intendere che, insomma, prima di votare per il nuovo Papa bisogna vedere in che situazione si trovano la Chiesa e la curia vaticana. I cardinali americani, 11 elettori in tutto, lavorano in squadra e a sorpresa tengono un briefing al giorno durante il quale parlano con i giornalisti e pongono questioni. «Vogliamo essere informati su vatileaks – dicono – vogliamo sapere cosa è accaduto».

E poi, spiegano, il tema della governance della Chiesa «va affrontato», il che tradotto significa: vogliamo parlare anche della gestione della Segreteria di Stato del cardinale Tarcisio Bertone. Fra i porporati a stelle e strisce spiccano alcune personalità forti; in primo luogo Sean O’Malley, l’arcivescovo di Boston, un frate cappuccino, il papabile con il saio. Quindi Timothy Dolan, il volitivo ed esuberante arcivescovo di New York, e ancora Daniel Di Nardo, l’arcivescovo di Galveston-Houston con la faccia da consumato attore hollywoodiano anni Quaranta. La Chiesa degli Stati Uniti finanzia in modo consistente il Vaticano – come quella tedesca del resto – e ora sembra intenzionata a porre condizioni precise per il futuro governo della Chiesa universale. E poi negli States il cristianesimo non è in crisi come nella vecchia Europa, e anzi sta vivendo una nuova fioritura grazie all’immigrazione dall’America Latina. 

Benedetto XVI nel frattempo non sfugge alle regole del gossip e viene fotografato su Chi vestito di bianco ma soprattutto con un berretto da baseball dello stesso colore al posto del consueto zucchetto; e già questo fa un certo effetto a proposito di desacralizzazione del ruolo. Più vescovo meno monarca assoluto, Benedetto XVI ha impresso con il suo gesto una svolta alla storia della Chiesa che ancora deve essere metabolizzato dal corpo vasto dei fedeli e del clero. E poi certo il messaggio è stato evidente: la stanchezza vera dell’uomo ormai anziano con i suoi 86 anni, la difficoltà a governare una Chiesa turbolenta in particolare nei corridoi romani, il richiamo inequivocabile del mercoledì delle ceneri quando lui stesso evocò quel volto della Chiesa «a volte, deturpato. Penso in particolare alle colpe contro l’unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale». Per questo il Papa invitava a «vivere la quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalità». Da qui ripartono i vari papabili. Si tratti dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola, del cardinale di Vienna Christoph Schoenborn, del titolare della diocesi di San Paolo del Brasile Odilo Sherer o di quello di Manila Luis Tagle. Per ora nessuno fra i partecipanti al conclave ha ancora preso un vantaggio netto sugli altri. 

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