Seconda fumata nera, ancora chance per Scola

Le strategie del Conclave

Seconda fumata nera, in tutto tre scrutini andati a vuoto. Il conclave è iniziato così, senza colpi di scena immediati mentre, evidentemente, i 115 cardinali stanno ancora lavorando per trovare una soluzione. Le trattative sono in corso, mentre diventa poco verosimile che qualche candidato, come affermavano alcuni giornali, avesse in partenza, cioè già dal primo scrutinio, 50 voti.

Di certo nei primi scrutini sono emersi alcuni nomi che hanno raccolto un maggior numero di consensi, ma il voto appare ancora molto frammentato, insomma si è trattato fino ad ora di una serie di tappe di avvicinamento.

È tuttavia ancora possibile che nelle prossime ore si formi la maggioranza dei due terzi – 77 voti – che porti l’arcivescovo di Milano Angelo Scola al Soglio di Pietro. D’altro canto è proprio ora che le personalità di maggior peso fra i 115 cardinali elettori, i cosiddetti king makers, diventano decisivi nella ricerca di una soluzione. 

Dall’andamento del voto fino a questo momento emerge anche che almeno due fra i porporati che sono in conclave hanno ricevuto consensi sufficienti tali da determinare un prolungamento al pomeriggio delle votazioni.

A questo punto uomini come il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il cardinale Giovanni Battista Re, uomo esperto ed ex prefetto della congregazione dei vescovi, l’anziano tedesco Walter Kasper, e poi personalità come Christoph Schoenborn – il quale però è anche un papabile – il cardinale argentino Jorge Bergoglio che contese il pontificato a Ratzinger nel 2005 e almeno uno dei nordamericani, stanno lavorando per raccogliere i voti dispersi e portarli su un candidato forte. Allo steso tempo dialogano fra di loro per cercare nuove alleanze e forse anche un accordo che riguardi per esempio un’ipotesi di nome sul prossimo segretario di Stato. 

Se Scola non dovesse farcela, è pronto il canadese Marc Ouellet, prefetto della Congregazione dei vescovi, chiamato in curia da Benedetto XVI; viene dal Canada – quindi rappresenta l’America – dove guidava la diocesi di Quebec. E ancora ha guadagnato punti un altro conservatore europeo come l’ungherese Peter Erdo, di Budapest, che è anche alla presidenza del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa.

Ma resta anche da giocare la carta dell’austriaco Shoenborn, di Vienna, la personalità forse più autorevole nel gruppo dei 115. Un discorso a parta merita la questione del candidato statunitense. Se la scelta cadesse su uno di loro sarebbe un’autentica rivoluzione per la Chiesa universale, la seconda dopo le dimissioni di Ratzinger. Ma certo qualora l’impasse dovesse continuare, tutto diventa possibile.

Se nella serata di oggi una fumata nera dovesse segnalare che un accordo ancora non è stato raggiunto, il conclave si potrebbe aprire a soluzione forse non del tutto previste dal dibattito di questi giorni. Ma è ancora presto per dirlo. I grandi elettori continuano in queste ore il confronto chiusi tra la residenza di Santa Marta e la Cappella Sistina, lontani dai clamori del mondo. 

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