Il fantasma di Chavez aleggia sul Venezuela al voto

Alle molteplici incognite si aggiunge il caos economico del Venezuela

«Nicolás non è Chávez», gridava euforico davanti a decine di migliaia di persone riunite a sostenerlo. Henrique Capriles, che teme la seconda sconfitta alle urne dopo quella dello scorso 7 ottobre patita contr Chavez, ha chiamato i suoi elettori alla mobilitazione permanente. E per la prima volta Caracas, domenica scorsa, ha risposto. Non era certo la piazza gremita che riesce a riempire il governo della rivoluzione bolivariana, ma i sostenitori della guerra politica antichavista erano lì, sotto il sole cocente. A migliaia.

A pochi giorni dalle elezioni, le prime senza Hugo Chávez, la breve campagna elettorale venezuelana funziona così: da una parte la folla di Capriles, pronta a far sentire la sua voce contro la corruzione dilagante e a mettere in discussione l’imparzialità del Cne, il Consiglio nazionale che organizza e regola le operazioni elettorali; dall’altra le leggende indigene invocate da Maduro in Amazzonia: «Se qualcuno di voi vota contro di me, sta votando contro lui stesso (Chávez ndr) e subirà la maledizione di Maracapana», ha detto in riferimento alla battaglia del XVI secolo, dove i conquistadores spagnoli sconfiggevano le forze indigene.

El hijo de Chávez – come si è fatto nominare – ha spiegato che il suo programma di governo è lo stesso Programa de la patria che l’ex presidente presentò per la legislatura 2013/2019. Un programma che aspira a completare, in qualità di «mandatario eletto». Maduro guida i sondaggi con una percentuale che oscilla tra 10 e 20 punti di vantaggio rispetto all’avversario. Ma a Caracas la guerra elettorale stavolta viaggia su binari diversi. E il candidato chavista ha puntato tutte le sue fiche sul fattore religione.

A un mese dalla morte del líder máximo, Chávez è passato dall’essere il presidente che vinse le ultime elezioni col 55 per cento delle preferenze a trasformarsi, per opera e grazie alla propaganda ufficiale, nel «Cristo redentore dei poveri dell’America latina». Un mese ricco di aneddoti, ricordi e rivelazioni mistiche: prima lo spirito trasfigurato di Chávez è apparso a Maduro sotto forma di uccellino, dandogli la benedizione mentre pregava, poi si è perfino «introdotto» nel corpo dell’ambasciatore venezuelano in Italia, Isaías Rodríguez. E non solo. È stata costruita una cappella in onore a Santo Hugo Chávez. Senza contare che il comandante ha influito dal cielo sull’elezione di un papa latinoamericano, così come ha svelato via twitter il candidato del chavismo.

La deificazione del caudillo, così come la sua presenza spirituale, continua a essere tanto potente da mobilitare alle urne i suoi più fedeli adoratori. A maggior ragione che la candidatura di Maduro ha poi avuto direttamente l’appoggio politico del Comandante, che lo scorso 8 dicembre lo aveva investito pubblicamente del compito di portare avanti la sua revolución. Insomma, Nicolás Maduro sventola a ogni comizio lo spirito del vecchio presidente venezuelano, facendo leva sulle emozioni dei cittadini. Poi, come se non bastasse, sul palco con la camicia rossa è comparso pure l’ex pipe de oro, Diego Armando Maradona.

La campagna elettorale si è trasformata così in un combattimento di boxe: vince chi mette Ko l’avversario all’ultimo round. E non certo grazie a proposte e programmi. Capriles ha cambiato la sua strategia, il suo discorso è diventato aggressivo, di denuncia. Un attacco al cuore delle istituzioni venezuelane. Ha accusato con forza gli intrighi delle alte cariche militari, le bugie del regime, la corruzione, l’incapacità dell’avversario e lo strapotere mediatico: Maduro conta già 47 ore di comparse televisive.

E la situazione rischia di peggiorare. Nelle prossime settimane Globovisión, l’unico canale dell’opposizione, sarà venduto a un imprenditore chavista. Così a Caracas resteranno solo due catene private a contrastare i mass media del governo. Due tv che anni fa avevano stipulato un patto col palazzo Miraflores: restare fuori dal dibattito politico in cambio della sopravvivenza. Frattanto i cinque canali pubblici dedicano 24 ore alla propaganda bolivariana e alla costruzione del mito di Chávez. Così, per farla breve, lunedì scorso c’è stata la prima censura elettorale: il Consiglio nazionale ha proibito a Globovisión la diffusione del video «Vota come vuoi», diffuso dalla Ong Cittadinanza attiva che chiama i venezuelani a votare in libertà.

Alle molteplici incognite, si aggiunge poi il caos economico del Venezuela, con due svalutazioni negli ultimi mesi – se a ottobre un dollaro veniva cambiato al mercato nero con 11 bolívares, oggi ce ne vogliono almeno 20 – l’alta inflazione, un’industria petrolifera in crisi di produzione e benefici e la carenza di prodotti alimentari come latte, caffè, farina e olio in molte regioni del Paese. Secondo i dati della Banca del Venezuela, il tasso di deficit dei beni di prima necessità a marzo è salito al 20 per cento. Il peggior dato degli ultimi cinque anni. Senza contare gli improvvisi black out in vari quartieri di Caracas, della cui responsabilità chavisti e antichavisti si accusano a vicenda, senza trovare una soluzione al critico sistema elettrico abbandonato, che soffre continui tagli. Infine ci sono i 21 mila morti ammazzati, secondo l’Osservatorio venezuelano sulla violenza, solo lo scorso anno.

Insomma, a Caracas domenica 14 aprile si torna alle urne in mezzo a una forte polarizzazione politica. E lo si fa anche e soprattutto per decidere quale corso imprimere alla storia del Paese, dopo 14 anni di chavismo.
 

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