Qualche anno fa, riconoscevi a distanza chi era reduce da un concerto rock: per l’ascella odorosa, la faccia stravolta e soddisfatta, qualche livido rimediato nel pogo. Oggi, però, quei parametri non valgono più. Nel 2013 quelli che escono da un concerto rock si dividono in due categorie. I primi hanno le braccia indolenzite perché hanno tenuto sollevato un tablet, uno smartphone, o una macchina fotografica in cielo dalla prima nota della prima canzone all’utlimo riverbero dell’ultimo bis. Gli altri, invece, sono quelli con il collo incriccato: lo hanno inclinato forsennatamente a destra e a sinistra per ore, nel tentativo di trovare una visuale libera dall’intricata selva di maledettissimi aggeggi elettronici.
Io, che appartengo alla seconda categoria, chiedo a voi che fate parte della prima: come diavolo potete godervi appieno l’atmosfera del concerto se siete così impegnati a fotografarla? Per poi, cosa: condividere il filmato su Youtube per farlo vedere agli amici? Conservare un ricordo del concerto? Andiamo, siate sinceri: nel 99 per cento dei casi vi ritrovate a casa un video sgranato, mosso, buio e con un audio talmente distorto che, come ha sintetizzato un giornalista del Guardian, “farebbe assomigliare Simon and Garfunkel agli Slayer”. È un prodotto di scarsa qualità, uguale a quello raccolto da altre diecimila persone. Youtube non ne sente il bisogno, e ai vostri amici non interessa davvero vedere quella schifezza.
Senza contare quanto infastidite chi c’è dietro di voi: me, per esempio. Trovo la vista di quella prateria metallica e luminescente di tablet, cellulari, fotocamere, videocamere e chi più ne ha più ne metta davvero fastidiosa. Se avessi voluto restare aggiornato sugli ultimi device prodotti da Apple, Nokia o Samsung non avrei comprato il biglietto del concerto di Patti Smith o dei Depeche Mode (sarà per questo che da tempo diserto i concerti dei grandi artisti?). Sarei andato da Mediaworld, oppure da Saturn. Qui non si tratta solo di portare la macchina fotografica in tasca e realizzare un paio di scatti alla propria band preferita, comportamento assolutamente comprensibile. Qui, più che la diffusione dei device tecnologici in sé, è l’utilizzo completamente idiota che ne viene fatto ad essere preoccupante.
È arrivato il momento di dire basta. Come ha fatto, nei giorni scorsi, Karen O degli Yeah Yeah Yeahs, letteralmente sbottata sul palco della Webster Hall di New York. “Put that motherfuckers away”, ha urlato la 35enne. Eppure, il pubblico era stato avvisato per tempo, da un cartello apposto all’ingresso. Questo:
Recentemente stanno aumentando gli artisti insofferenti al fenomeno. E questi artisti appartengono a diversi generi e generazioni: il duo elettronico Ratatat, la band heavy metal americana Wasp e il folk-singer Dallas Green hanno tutti chiesto il bando totale della tecnologia dai propri live. L’ex Pink Floyd Roger Waters si è spinto oltre, definendo il comportamento una mancanza di rispetto per l’artista e per il resto del pubblico. Pur non essendo così intransigente – per me la “gig etiquette”, almeno nel rock, deve restare abbastanza interpretabile e conformarsi al libero arbitrio di ognuno – sono d’accordo sul punto esplicato dal vecchio Roger. E voi cosa ne pensate?