Poco meno di un mese fa, Maria Dolores de Cospedal, segretaria generale del Partido popular, invitava la regione di Castilla-La-Mancha (di cui è presidente dal 2011) a non utilizzare la parola «sfratto», «sgombero» o «perdita e privazione della sua abitazione» nelle notifiche inviate ai cittadini. Il tentativo maldestro di misurare le parole è sintomatico in una Spagna che, dall’inizio della crisi, ha sofferto più di 400 mila casi di sfratto.
La bolla immobiliare su cui si basava il miracolo spagnolo si è sgonfiata, fra boom dell’edilizia e facilità delle banche nel concedere mutui e prestiti senza quasi bisogno di garanzie. La crisi ha gettato il paese in recessione, spingendo il tasso di disoccupazione al 26%.
Fra le prime risposte giunte alla Cospedal, una delle più incisive è stata quella della Plataforma de afectados por la hipoteca (Pah), organizzazione nata nel 2009 a Barcellona ed impegnata nella difesa del diritto alla casa: «Ci vediamo obbligati ad informarla che proibire l’uso di una parola non elimina la realtà». Fino ad ora l’associazione è riuscita ad impedire quasi 600 sfratti in tutta la penisola.
Ora, la nuova speranza arriva dall’ultima sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea che afferma che la legge spagnola sugli sfratti viola la normativa comunitaria in tema di protezione dei consumatori. Nel caso in cui un cittadino non riesca a pagare il mutuo, la norma prevede lo sfratto immediato e la conseguente espropriazione della casa, senza controllare l’esistenza di contenziosi aperti o d’irregolarità commesse dalle parti.
Qualora il giudice dovesse riscontrare anomalie sarebbe comunque troppo tardi: non si rientra in possesso della casa ma solo di un risarcimento ridotto. «Ora si apre anche una via giudiziaria, però continuiamo ad insistere che bisogna cambiare la legge. Quanto prima succederà, prima finirà la grande tragedia che causano gli sfratti in Spagna» dice a Linkiesta Ada Colau, una delle responsabili di Pah.
A peggiorare la situazione, secondo la Plataforma, è la stretta relazione tra politica e banche. Ma l’attacco non è diretto solo all’attuale governo conservatore del Partido popular: «Il Pp ora, e il Psoe quando era al governo, hanno avuto l’opportunità di risolvere il problema, però sono stati incapaci di farlo» ricorda Yolanda Prats di Pah Valencia.
Il Pp di Mariano Rajoy, già nel dicembre 2012 aveva promosso una moratoria degli sfratti riservata ai «casi estremi», definizione ambigua che di fatto escludeva la maggior parte delle persone colpite. La decisione fu presa dopo una serie di suicidi avvenuti proprio a causa degli imminenti sfratti. «La moratoria del 2012 fu un insulto alla cittadinanza perchè si basava su criteri molto restrittivi» osserva Ada. Nonostante la sentenza dell’Ue, pare che il governo spagnolo voglia adattare la legge in senso restrittivo, dimostrando, secondo la Plataforma, che le banche hanno la possibilità di condizionare i politici a causa dei debiti che i partiti maggioritari hanno accumulato con gli enti finanziari.
In questo momento, gli sforzi dell’associazione sono canalizzati in un’iniziativa legislativa popolare (Ilp) e nell’organizzazione di campagne di sensibilizzazione e manifestazioni. La proposta di legge si basa su due richieste fondamentali: la «dación en pago retroactiva», ossia la possibilità di estinguere il debito attraverso la restituzione dell’immobile all’ente finanziario e il blocco degli sfratti fino all’istituzione di un parco di case sociali il cui affitto sia il 30% della paga mensile.
Servivano mezzo milione di firme, ma la cifra è stata triplicata ed ora la proposta è approdata in Parlamento, nonostante il Partido popular abbia pubblicamente espresso il suo disaccordo. «Non si capisce ancora perchè non siano state approvate queste misure visto che anche l’Unione europea afferma che la legge non solo è un’anomalia giuridica ma è anche illegale perchè contro i diritti umani».
Il paradosso è che in Spagna esistono circa 6 milioni di abitazioni vuote, la maggior parte in mano ai privati. Una grande fetta di questi immobili è proprietà di banche ed enti finanziari. «Mentre le banche aspettano di tornare a specularci sopra, migliaia di famiglie restano in strada. Siamo il paese europeo che sfratta di più e allo stesso tempo quello con il più alto numero di abitazioni vuote accumulate», denuncia Ada.
Oltre hai picchetti anti-sfratto, la Plataforma organizza in tutta Spagna campagne di sensibilizzazione. La maggiormente innovativa è quella dell’escrache, un tipo di manifestazione utilizzata in Argentina. Questo tipo di campagna, chiamata «Hay vidas en juego» (Ci sono vite in gioco), consiste nell’organizzare concentrazioni vicino a posti abitualmente frequentati da deputati con striscioni e gridando slogan.
«È inammissibile che il governo si riunisca nei migliori hotel con gli enti finanziari e non ascoltino la gente in difficoltà. Visto che loro non vengono alle nostre assemblee, ci avviciniamo a loro, sempre in modo pacifico», afferma Yolanda. Le varie manifestazioni sono accompagnate da cartelli su cui appaiono due bottoni (uno verde ed uno rosso) come quelli che i deputati utilizzano nel Congresso per votare una legge.
Oltre ad essere una misura di pressione politica rispetto all’Ilp, si tratta di una campagna di sensibilizzazione ed informazione in cui, assicura la Plataforma, non viene utilizzato nessun tipo di violenza. «La risposta fino ad oggi è stata la criminalizzazione del movimento. Abbiamo sempre avuto un comportamento esemplare, anche troppo paziente, tenendo in conto tutte le aberrazioni a cui assistiamo ogni settimana», continua Yolanda.
La Plataforma non solo rifiuta le accuse, ma le rispedisce al mittente: «L’unica violenza che conosciamo è quella di utilizzare polizia e tribunali al servizio degli enti finanziari, per fargli fare il lavoro sporco». Tuttavia bisogna specificare che anche il Sindacato di polizia (Sup) ha annunciato che difenderà gli agenti che si rifiuteranno di partecipare ai procedimenti di sfratto.
Yolanda racconta che sarebbero gli stessi enti finanziari a contattare imprese private per bersagliare e distruggere psicologicamente le persone morose, chiamando giorno e notte presso i domicili e minacciando l’esecuzione dello sfratto. «Non tolleriamo l’impunità quando tutti sanno cosa sta succedendo: una violazione dei diritti umani. È ora che le banche diano spiegazioni alla cittadinanza sulle pressioni che esercitano sui governi», afferma.
Mentre Ada aggiunge: «C’é una relazione di sottomissione assoluta e gli enti finanziari detengono una serie di privilegi che sono inauditi, comparati con i paesi che ci circondano. E questo sta provocando molta sofferenza. Per recuperare ci vorranno anni ed anni».