Siria dilaniata, per i cronisti il paese più pericoloso

Medio Oriente in fiamme

Il sequestro dei quattro giornalisti italiani, Armando Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e Susan Dabbous, avvenuto tra giovedì e venerdì scorso nel nord della Siria, capita nel momento di massima divisione interna dei ribelli siriani che, col passare del tempo, pur avanzando lentamente e conquistando sempre più villaggi dalle mani del regime, vedono acuire le differenze tra le varie fazioni. Forse è proprio su questo che il regime di Bashar al Assad sta giocando, nella sua strategia di resistere il più a lungo possibile, sapendo di non potere almeno al momento riuscire a ricacciare fuori i ribelli dal paese.

Dalle prime indiscrezioni che giungono dalla Siria emerge come i nostri quattro connazionali siano finiti nelle mani degli uomini del Fronte di Salvezza (Jibhat al Nusra), una formazione sorta in Siria dopo l’avvio della rivoluzione che fa capo direttamente ad al Qaeda e che nasce da una costola dello Stato islamico iracheno, sigla dietro la quale si nasconde al Qaeda in Iraq. Non a caso questo gruppo controlla buona parte dei villaggi che si trovano lungo il confine tra Siria e Iraq. Tra le sue fila ci sono anche un gran numero di salafiti giordani, altro gruppo che ha contribuito alla sua nascita, e anche molti nord africani, in particolare tunisini e libici, giunti nel paese per sostenere la rivolta anti-Assad.

Si tratta di un gruppo che pur essendo considerato “parte integrante dell’Esercito siriano libero”, come sostenuto dagli stessi leader ribelli in risposta alle richieste degli Stati Uniti, che li hanno inseriti nella lista nera dei terroristi, si muove autonomamente. Il suo obiettivo infatti non è solo quello di combattere contro le truppe di Assad ma anche quello di imporre i principi della sharia nei villaggi che controlla. Solo pochi giorni fa il Fronte di Salvezza ha denunciato che gli uomini dell’Esercito libero, e quelli delle forze del regime di Assad venderebbero regolarmente petrolio siriano di contrabbando alla Turchia. Secondo quanto ha denunciato il leader del gruppo, Abu al Bara, al giornale “al Quds al Arabi”, «i ribelli siriani e le forze governative sono soliti vendere il petrolio del giacimento di Deir Ez Zour alla Turchia». Questo avverrebbe perché «la città si trova in completo stato di anarchia e per questo sia le forze ribelli che quelle di regime inviano camion carichi di petrolio in Turchia». I ribelli siriani di al Qaeda sostengono infatti che le forze di Damasco sono ancora presenti in città e controllano il locale aeroporto e la zona montuosa circostante. «Noi siamo impegnati a conquistare l’aeroporto – ha affermato – e successivamente useremo il petrolio della zona solo per le necessità della popolazione». Da giorni in quella zona il Fronte di Salvezza sta distribuendo viveri e generi di prima necessità alle popolazione di Deir Ez Zour. Sono derrate della Croce Rossa ma «le distribuiamo noi perché temiamo che se ne impossessino i miliziani dell’Esercito libero per venderle e guadagnare soldi invece che darle alla gente».

Quello del petrolio e dei suoi proventi è uno dei motivi di divisione tra i ribelli siriani. Le varie milizie che fanno capo all’Esercito libero, compreso il Fronte di Salvezza, controllano attualmente oltre il 70 per cento del petrolio in Siria. Secondo un reportage della tv “al Arabiya”, le zone del nord-ovest del paese dove si trovano i giacimenti siriani di greggio, sono sotto il pieno controllo dell’opposizione. A confermare il pericolo di divisione tra gli oppositori siriani è proprio il loro leader, Ahmed Moaz al Khatib. Il capo della Coalizione nazionale siriana ha invitato la comunità internazionale a rendersi conto “dell’esistenza di un piano volto alla distruzione del paese”. Su questo pericolo è intervenuto anche il segretario generale della Lega Araba, Nabil al Arabi, secondo il quale «la situazione nel paese è drammatica e non si intravedono soluzioni all’orizzonte». Parlando nei giorni scorsi durante un incontro al Cairo con una delegazione di avvocati il segretario generale della Lega Araba si è detto pessimista. «La Siria si sta smembrando mentre nessuno dei leader, né del regime, né dell’opposizione, intendono raggiungere una soluzione».

Un secondo elemento di riflessione riguarda l’escalation di sequestri di persona che si registra negli ultimi mesi in Siria. Quello dei nostri quattro giornalisti infatti non è l’unico rapimento posto in essere nel paese, in particolare dai ribelli, e forse per questo non ha trovato grande spazio sui network televisivi arabi. Non a caso nei giorni scorsi il presidente siriano, Assad, ha emanato un decreto che inasprisce le pene proprio nei confronti di chi si macchia del reato di sequestro di persona e omicidio. Secondo quanto ha fatto sapere l’agenzia di stampa “Sana”, fedele al regime di Damasco, «è stato emanato il decreto 20 del 2013 che inasprisce la pena per il crimine del sequestro di persone. In base a questo decreto, chi compie questo tipo di delitto può essere punito con la morte». I rapimenti sono il modo più facile attraverso il quale i ribelli riescono a scambiare i prigionieri finiti nelle mani delle truppe del regime di Assad, ed ogni giorno si sentono notizie di sequestri ai danni di esponenti del regime o di miliziani stranieri, come i quattro ufficiali delle milizie Basij iraniane rapiti due giorni fa fuori Damasco.

A rendere la vicenda preoccupante è anche il fatto che il livello dello scontro sul campo in Siria sta aumentando di giorno in giorno, tanto che l’opposizione siriana prevede un’escalation dei combattimenti in Siria tra ribelli e regime entro due mesi. Secondo il quotidiano libanese “al Safir”, fonti dell’opposizione prevedono che “la prossima fase del conflitto sarà quella più cruenta e la punta massima sarà toccata tra due mesi”. Dipende in particolare “dalla volontà degli Stati Uniti di far cadere il regime”. Questo perché tutti gli osservatori concordano sul fatto che “il ruolo della Russia nel conflitto si fa sempre più debole, forse perché si fa sempre più forte invece quello di Francia e Gran Bretagna e di questo ne stanno approfittando Turchia e Qatar”. Si ritiene infine che “la Russia si in una fase di attesa, volendo vedere se ci sono cambiamenti nei rapporti di forza”.

Non bastasse, è di oggi la notizia della presenza in Siria anche del braccio armato del movimento islamico palestinese Hamas, le brigate Ezzedin al Qassam. Secondo quanto scrive il quotidiano arabo “al Quds al-Arabi”, i miliziani palestinesi stanno addestrando gli uomini dell’Esercito siriano libero nelle zone da loro controllate ad est di Damasco. Una fonte diplomatica araba ha riferito che l’addestramento dei miliziani si svolge nel villaggio di Jarmana. Da tempo invece è nota la presenza dei pasdaran iraniani e delle milizie sciite libanesi Hezbollah lungo il confine tra Libano e Siria. In questo quadro appare chiaro come, secondo quanto ha fatto sapere l’Istituto internazionale del giornalismo, la Siria sia diventato il paese più pericoloso per i giornalisti dal 2012, anno nel quale ne sono stati uccisi 31. Nove reporter sono morti solo lo scorso mese di agosto mentre il mese passato, quello di marzo, è stato il più cruento con 2 mila morti in tutto il paese.

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