È intervenuto anche il ministro per i Beni culturali Massimo Bray questa mattina, giovedì 30 maggio, all’apertura del Padiglione Italia a cura di Bartolomeo Pietromarchi alla Biennale di Venezia (dal 1 giugno al 24 novembre): «Il nostro Paese deve crescere a partire dalla cultura», ha detto, «e il budget che l’Italia devolve per l’arte contemporanea è irrisorio». Parole indubbiamente importanti, visto il paternalismo e la mancanza di obbiettività con cui solitamente l’argomento cultura è trattato dalla politica.
«I singoli fanno uno sforzo enorme – ha continuato Bray riferendosi a una tendenza valida sia nella cultura che in ogni campo, in Italia – . Ma ci vuole uno Stato in grado di indirizzare e saper far fruttare i sacrifici dei singoli». Viste le parole di grande speranza che il ministro ha pronunciato, e vista la differenza di questa Biennale dalle precedenti, sembra che in Italia stia nascendo un nuovo seme di ottimismo e dinamisimo.
«L’arte unisce e fa nascere nuovi stimoli», ha detto Massimiliano Gioni, curatore di questa 55° Biennale di Venezia che premierà sabato prossimo Maria Lessing e Marisa Merz come Leoni d’Oro alla Carriera e che unisce, fino al 10 novembre, 158 artisti con 88 nazioni (di cui 10 sono paesi esordienti). Sembra perfettamente d’accordo e in sintonia con Pietromarchi e il suo Padiglione Italia: se l’intera Biennale, infatti, è una comunione di voci diverse (tra performances, installazioni, pittura, fino al disegno e la scultura, passando anche per il fumetto), il Padiglione Italia unisce artisti vari per «restituire uno spaccato dell’arcipelago che costituisce l’espressività italiana di oggi».