Litigiosi, pieni di debiti e, in alcuni casi, commissariati per legami con la criminalità organizzata. Sono i comuni italiani che si presenteranno alle urne il prossimo 26 e 27 maggio (9 e 10 giugno in Sicilia) prima della scadenza naturale. Su 707 località, 176, il 25 per cento, andranno al voto guidati non da coalizioni politiche, ma da “tecnici” inviati dal Viminale.
I comuni commissariati nel nostro Paese sono in tutto 245. La regione che ne manda di più a elezioni anticipate è la Lombardia, con trenta tornate elettorali non programmate. Segue la Campania con 28. Quella che ne ha di meno, tre, è l’Umbria. E, anche se il 2012 è stato l’anno record dei Comuni sciolti per mafia (25 quelli commissariati dal governo Monti), andranno al voto solo quelli sciolti nel 2011(Corigliano Calabro, Marina di Gioiosa Jonica, Roccaforte del Greco, Castrofilippo, Bordighera), visto che la legge prevede un periodo minimo dai 12 ai 18 mesi dopo il commissariamento per infiltrazioni mafiose prima di andare di nuovo alle urne.
Amministrazioni commissariate
Le ragioni dei commissariamenti
Ventisette amministrazioni andranno al voto anticipato per decesso del primo cittadino, 16 nelle regioni del Centro-nord. Con una alta concentrazione in Piemonte, dove i sindaci deceduti nel corso dell’ultimo mandato sono stati sei.
Sono soprattutto al Sud, invece, i comuni al voto anticipato commissariati per infiltrazioni o condizionamenti mafiosi. Tre in Calabria: Corigliano Calabro (Cosenza), Marina di Gioiosa Ionica e Roccaforte del Greco (Reggio Calabria). Quest’ultimo è un piccolo borgo dell’Aspromonte di poco più di 500 anime, sciolto due anni fa per presunte irregolarità nella gestione degli appalti e interferenze della ‘ndrangheta nelle elezioni comunali del 2006. Il paese è al suo terzo commissariamento. E anche per questa tornata elettorale ha rischiato di non avere una guida politica, visto che a due giorni dalla data di scadenza per la presentazione delle liste, nessuno si era presentato agli sportelli per candidarsi come primo cittadino. Solo all’ultimo momento, si è fatta avanti la lista “Rinasci Roccaforte” del movimento di estrema destra della Fiamma Tricolore.
Senza contare che Reggio Calabria, primo capoluogo a essere sciolto lo scorso ottobre per continguità con la criminalità organizzata, è ancora guidato da un commissario, ma non va al voto per via dei mesi necessari previsti dalla legge. In Sicilia, dei comuni sciolti per mafia, va al voto solo Castrofilippo, in provincia di Agrigento, commissariato dopo l’arresto del sindaco Salvatore Ippolito, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma non mancano i casi nelle regioni settentrionali. Due i consigli sciolti per sospette infiltrazioni mafiose in Liguria che rinnovano giunta e consiglio comunale. Il primo è Bordighera (Imperia),sciolto per mafia nel marzo 2011 dopo che una relazione dei carabinieri aveva messo in luce i legami tra assessori e ‘ndrangheta negli appalti legati al ripascimento delle spiagge della cittadina e ai lavori successivi all’alluvione del 2006. C’è un’ipotesi di voto di scambio dietro l’inchiesta della Dda di Genova su Vallecrosia (Imperia), comune ligure sciolto dopo le indagini della Dda di Genova, che hanno portato in carcere 11 persone ritenute vicine al clan dei Piromalli. Sciolto per mafia lo scorso febbraio 2012 anche il comune di Ventimiglia (Imperia), allora guidato dal sindaco Gaetano Scullino, Pdl, che tuttavia non andrà al voto anticipato in questa tornata elettorale.
Commissariato dal dicembre 2012, il piccolo comune di Lignana (Vercelli), aveva visto sciogliere il consiglio comunale dopo le dimissioni del sindaco Marco Scocco, arrestato in flagrante la sera di Pasqua dell’aprile 2012 mentre sembra si stesse intascando una mazzetta da 450 euro per evitare i controlli in un locale notturno. Oltre che sindaco, Scocco era anche il comandante della polizia municipale dell’Unione Coser della Bassa Vercellese. Dopo soli due mesi di governo, si è dimessa nel luglio 2012 Sabina Fornari, Pdl, sindaco di Serramazzoni (Modena), comune dell’appennino emiliano di 7mila abitanti già noto alle cronache giudiziarie per reati ambientali e contro la pubblica amministrazione registrati durante la passata giunta, guidata da Luigi Ralenti.
Storie di tangenti anche a Carate Brianza (Monza e Brianza): secondo gli investigatori, ci sarebbe stato un accordo per cambiare la destinazione d’uso di cinque aree e di un fabbricato, usando come tramite una tangente di circa 870mila euro.
Scendendo più a Sud, a Tricarico (Matera), il paese che diede i natali allo scrittore Rocco Scotellaro, il prefetto ha sciolto il consiglio comunale dopo la decisione della Cassazione che ha respinto il ricorso della sentenza della Corte d’Appello di Potenza su un procedimento per reati di turbativa d’asta e concussione che ha coinvolto il sindaco Antonio Melfi. A Modugno (Bari), commissariato dopo l’arresto del sindaco, l’ex sindaco, tre consiglieri comunali, due dirigenti e tre funzionari dell’Ufficio tecnico municipale. In Abruzzo, invece, a Turrivalignani (Pescara), il sindaco si è dimesso dopo le indagini a suo carico con l’accusa di aver rilasciato autorizzazioni di noleggio con conducente Ncc a favore di soggetti che non avrebbero mai svolto il servizio di trasporto secondo le regole.
Diversi i sindaci ambiziosi, poi, che si sono dimessi per correre alle elezioni in vista del Parlamento. Tra questi, Lorenzo Guerini di Lodi, Daniela Gasparini di Cinisello Balsamo (Milano), Massimo Caleo di Sarzana (La Spezia) e anche Roberto Visentin, sindaco di Siracusa, candidatosi alle politiche con Scelta civica, senza tuttavia guadagnare la poltrona romana. Sempre in Sicilia, a Ragusa, l’ex sindaco ha tentato la scalata all’Assemblea regionale siciliana. A Messina, invece, il sindaco Buzzanca si era dimesso per candidarsi a Palazzo dei Normanni senza tuttavia riuscire nell’impresa. Peccato che a consegnargli la fascia tricolore era stato a sua volta un commissario. Il prossimo 10 giugno, la scena si ripeterà. Ma questa volta il commissario straordinario Luigi Croce consegnerà al futuro primo cittadino un’altra palla avvelenata: un bilancio cittadino che annega in un mare di 240 milioni di debiti.
Fallito, invece, il tentativo dell’ex conduttrice Gabriella Carlucci di conciliare la vita da parlamentare con quella da sindaco di Margherita di Savoia (Bari). Dopo il passaggio dal Pdl di Berlusconi all’Udc, lo scorso ottobre undici consiglieri del consiglio hanno siglato l’atto di scioglimento del comune e la sindaca che nel paese aveva fondato il Circolo del buon governo di Marcello dell’Utri è stata costretta a dimettersi.
La scalata per Montecitorio l’aveva tentata anche Giuseppe Galasso, sindaco Pd di Avellino, che si è dimesso dopo la mancata elezione alle parlamentarie del partito di Bersani, per poi sostenere la Scelta civica di Monti alle politiche prima e il candidato sindaco pidiellino della città ora. Diverso il caso del primo cittadino di Pila (Vercelli), che si dimette per candidarsi nel vicino comune di Scopello, o di quello di Tonengo (Asti), diventato Rettore dell’Università Avogadro.
Casi emblematici, quelli di Pantelleria (Trapani) e Oricola (L’Aquila). L’isola siciliana va alle urne con un commissario alla guida, che lo scorso fine marzo ha dichiarato lo stato di emergenza per la scarsità di bombole d’ossigeno per malati, gas e derrate alimentari. A Oricola, invece, a far cadere sindaco e maggioranza sono caduti per via della mancanza di aule scolastiche.
Molti i consiglieri che si dimettono lamentando la poca democrazia interna ai consigli comunali, come è accaduto a Capergranica (Cremona), piccolo comune di tradizione leghista i cui consiglieri erano stanchi di un sindaco troppo decisionista. Altre volte il motivo del contendere è l’approvazione del piano regolatore o del bilancio, appuntamenti che accendono interessi di ogni tipo e di ogni colore politico, difficili da conciliare. È accaduto ad Azzate (Varese), dove il primo cittadino ha denunciato (dopo le dimissioni) i «troppi interessi su urbanistica ed edilizia privata». Ma anche a Loreto Aprutino, meno di 8mila abitanti in provincia di Pescara, il sindaco è caduto su una situazione politica talmente esplosiva da non riuscire ad approvare né piano regolatore né bilancio. Stessa situazione ad Acquaviva delle Fonti (Bari), dove il sindaco, vista l’impossibilità di approvare il piano regolatore, lo scorso gennaio ha annunciato con una lettera le sue dimissioni. Castellammare di Stabia (Napoli) è caduta sotto i colpi del bilancio di previsione del 2012, bocciato da 14 consiglieri. E anche il sindaco di Sabaudia (Latina), Maurizio Lucci, Pdl, ha detto addio al municipio dopo la mancata approvazione del bilancio per dissidi interni alla maggioranza.
Al voto “fuori programma” anche Siena, la città travolta dagli scandali del Monte dei Paschi e guidata dal giugno 2012 dal commissario Enrico Laudanna, ex prefetto di Perugia. L’amministrazione dell’ex sindaco Franco Ceccuzzi (Pd) si è conclusa con le sue dimissioni, giunte dopo la bocciatura della manovra di aggiunstamento di bilancio. Uno scontro, quello interno alla giunta senese, nato dopo l’indicazione dei nomi per il Cda della Fondazione Mps, azionista di maggioranza della Montepaschi.
Alle urne anche Imperia, il cui consiglioè stato sciolto lo scorso maggio 2012 dopo la mozione di sfiducia di 28 consiglieri su 40 contro il sindaco Paolo Strescino, Pdl. Alla base della crisi politica l’inchiesta giudiziaria della procura di Imperia sul porto cittadino. A marzo 2012 un blitz della Polizia postale e della Guardia di finanza aveva fatto scattare le misure cautelari per l’ingegnere Francesco Bellavista Caltagirone, presidente dell’Acqua Pia Antica Marcia, impegnata nella costruzione del porto turistico della città, accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato.
Poi ci sono comuni che i commissariamenti li hanno ormai collezionati. Come Fontanarosa (Avellino) alla sua sesta esperienza. O quelli come Sasso Di Castalda (Potenza) che, nonostante un solo candidato sindaco, non sono riusciti a raggiungere il quorum. E anche quelli, come Vallerano (Viterbo), dove le elezioni precedenti sono state sospese dal Tar per irregolarità. Un centinaio di immigrati romeni erano stati iscritti nelle liste elettorali dopo il termine fissato dal ministro degli Interni.