La Chiesa che vorrei
❝ La Chiesa che mi permetto di auspicare è una comunità in ascolto della parola di Dio e delle sue stesse membra, e capace di un annuncio e una profezia sempre nuovi. Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna, a fianco dei bisogni delle donne e degli uomini.
L’ufficio divino della Quaresima apre con Isaia (58, 6-10): «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo […]. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce».
Un consiglio per il motto papale: «Povertà, giustizia, pace» ❞
L’omelia in morte di Fabrizio De André
❝ Genova, 14 gennaio 1999
Caro Faber,
da tanti anni canto con te, per dare voce agli ultimi, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Canto con te e con tanti ragazzi in Comunità.
Quanti «Geordie» o «Michè», «Marinella» o «Bocca di Rosa» vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come prete, «verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e fame». Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo, non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione.
E ho scoperto con te, camminando in via del Campo, che «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».
La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l’intelligenza. Abbiamo riscoperto tutta la tua «antologia dell’amore», una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà. E soprattutto, il tuo ricordo, le tue canzoni, ci stimolano ad andare avanti.
Caro Faber, tu non ci sei più ma restano gli emarginati, i pregiudizi, i diversi, restano l’ignoranza, l’arroganza, il potere, l’indifferenza.
La Comunità di San Benedetto ha aperto una porta in città. Nel 1971, mentre ascoltavamo il tuo album, Tutti morimmo a stento, in Comunità bussavano tanti personaggi derelitti e abbandonati: impiccati, migranti, tossicomani, suicidi, adolescenti traviate, bimbi impazziti per l’esplosione atomica.
Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto crudo e dolente (che era ed è la nostra vita quotidiana) abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi nella canzone, alla solitudine può seguire l’amore, come a ogni inverno segue la primavera [«Ma tu che vai, ma tu rimani / anche la neve morirà domani / l’amore ancora ci passerà vicino / nella stagione del biancospino», da L’amore, ndr].
È vero, Faber, di loro, degli esclusi, dei loro «occhi troppo belli», la mia Comunità si sente parte. Loro sanno essere i nostri occhi belli.
Caro Faber, grazie!
Ti abbiamo lasciato cantando Storia di un impiegato, Canzone di Maggio. Ci sembrano troppo attuali. Ti sentiamo oggi così vicino, così stretto a noi. Grazie.
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.
Caro Faber, parli all’uomo, amando l’uomo.
Stringi la mano al cuore e svegli il dubbio che Dio esista.
Grazie.
Le ragazze e i ragazzi con don Andrea Gallo, prete da marciapiede ❞
La vita di Don Gallo
Don Andrea Gallo era nato a Genova il 18 luglio 1928. Attratto fin da piccolo dalla spiritualità dei Salesiani di san Giovanni Bosco, entra nel 1948 al loro noviziato a Varazze, proseguendo poi a Roma il liceo e gli studi filosofici. Nel 1953 chiede di partire per le missioni e viene mandato in Brasile, a San Paolo, dove compie gli studi teologici. La dittatura che vigeva in Brasile lo costringe però, in un clima per lui insopportabile, a ritornare in Italia l’anno dopo. Continua quindi gli studi a Ivrea e viene ordinato presbitero il 1° luglio 1959. Un anno dopo è inviato come cappellano alla nave scuola Garaventa, noto riformatorio per minori. Lì introduce un’impostazione educativa diversa, cercando di sostituire i metodi unicamente repressivi con una pedagogia della fiducia e della libertà. Nel 1964 decide di lasciare la congregazione salesiana e chiede di entrare a far parte della diocesi genovese. Dopo un breve periodo a Capraia, viene destinato in qualità di viceparroco alla parrocchia del Carmine di Genova, dove rimane fino al 1970, anno in cui il cardinale Giuseppe Siri lo trasferisce nuovamente a Capraia: le sue prediche danno troppo fastidio. Il provvedimento dell’arcivescovo Siri provoca nella parrocchia e nella città un movimento di protesta, la curia non torna indietro, ma don Gallo non obbedisce.
Qualche tempo dopo viene accolto dal parroco di San Benedetto al Porto, don Federico Rebora, e insieme a un piccolo gruppo dà vita alla Comunità di San Benedetto al Porto. Da allora si è impegnato sempre di più per la pace e nel recupero degli emarginati, chiedendo anche la legalizzazione delle droghe leggere. Sin dal 2006 appoggia attivamente il movimento No Dal Molin di Vicenza, che si oppone alla costruzione di una nuova base militare Usa a Vicenza. Nell’aprile del 2008 aderisce idealmente al V2-Day organizzato da Beppe Grillo. Il 27 giugno 2009 don Gallo partecipa al Genova Pride 2009, lamentando le incertezze della Chiesa cattolica nei confronti degli omosessuali. Don Gallo ha anche tenuto l’orazione funebre al funerale di Fabrizio De André nel 1999 e di Fernanda Pivano nel 2009. Nel 2009 gli è stato assegnato il Premio Fabrizio De André. Il 15 agosto 2011 viene premiato come «Personaggio Gay dell’Anno edizione 2011» per testimoniare la sua vicinanza a chi lotta contro qualsiasi discriminazione sessuale.
Don Andrea Gallo, In cammino con Francesco, Chiarelettere, 171 pagine, 12 € (disponibile in ebook a 9,99 €)
In cammino con Francesco raccoglie le omelie e gli interventi di don Andrea Gallo scritti in varie occasioni (funerali, matrimoni, battesimi, messe particolari) e dedicati a personaggi famosi e non. Mettere a fianco storie e destini così diversi, da Fabrizio De André all’immigrato che chiede di essere battezzato, è sembrato rivelatore dell’umanità di don Gallo, della sua esperienza di prete e testimone che vive per gli altri e che si impegna ogni giorno perché la Chiesa sia aperta a tutti, senza alcuna distinzione di confessione o di provenienza. Un segnale che sembra uguale a quello lanciato da Papa Francesco subito dopo il suo insediamento.