Ecco perché secondo me Neruda è stato assassinato

Intervista: Mario Casasús

Lascio ai sindacati
del rame, del carbone e del salnitro
la mia casa sul mare d’Isla Negra.
Voglio che lì riposino i vessati figli
della mia patria, saccheggiata da asce e traditori,
dissipata nel suo sacro sangue,
consumata in vulcanici brandelli

Pablo Neruda (Testamento; Canto General, México 1950)

Il giornalista messicano e nerudista Mario Casasús è coautore, insieme al sociologo cileno Francisco Marín, del polemico libro El doble asesinato de Neruda, «Il doppio omicidio di Neruda» (Ed. Ocho Libros ), presentato alla Feria de Libro di Santiago del Cile il 31 ottobre del 2012. Nel volume, gli autori presentano la testimonianza e la denuncia di Manuel Araya, che fu autista, guardia del corpo e assistente di Pablo Neruda, svolgendo un ruolo che le gli era stato assegnato direttamente dal Partito Comunista del Cile e che lavorò al servizio del poeta fino al giorno della sua morte avvenuta nella Clinica di Santa María di Santiago del Cile, la notte del 23 settembre del 1973. Pablo Neruda si trovava in quei giorni ricoverato momentaneamente nella struttura, cercando di proteggersi dai militari e in attesa di poter raggiungere Città del Messico. Il governo messicano gli aveva concesso l’asilo politico visto che, 12 giorni prima, era avvenuto il colpo di Stato guidato dal generale Augusto Pinochet.

La versione ufficiale della morte di Neruda vuole che questa sia avvenuta per un aggravamento del cancro alla prostata di cui soffriva da quasi due anni. Ciò nonostante Manuel Araya non credette mai alla storia ufficiale. Ripete che lo stesso Neruda gli aveva comunicato per telefono, poche ore prima di morire, che un medico gli aveva somministrato una strana iniezione sullo stomaco a seguito della quale gli si era enormemente gonfiato. Araya si dice sicuro che il poeta fu assassinato da agenti della dittatura. Dopo aver ricevuto la telefonata di Neruda il 23 settembre, Manuel Araya fu sequestrato dai militari e portato allo Stadio Nazionale, trasformato in campo di concentramento, dove fu sottoposto a violente torture per la colpa di essere l’uomo di fiducia del “comunista” Neruda. Solo dopo la sua liberazione, 45 giorni più tardi, venne a sapere della morte del poeta.

Il giudice cileno Mario Carroza ha disposto la riapertura del caso e l’esumazione del cadavere di Pablo Neruda è avvenuta lo scorso 8 aprile. Il corpo del poeta verrà trasferito dalla casa museo di Isla Negra a Santiago del Cile, dove un equipe nazionale e internazionale lo analizzerà cercando la presenza di sostanze estranee. Mario Casasús, il più importante ricercatore sulle circostanze della morte di Pablo Neruda, fa luce in questa intervista rispetto ad alcuni punti oscuri della vicenda, ma soprattutto denuncia le responsabilità di coloro i quali avevano il dovere morale, politico e istituzionale di preservare l’eredità del vate cileno e che per convenienza politica e per avidità non lo fecero: Matilde Urrutia, la moglie di Pablo Neruda, e la Fondazione Neruda, nella persona del suo presidente.

Casasús, iniziamo dal titolo del libro: perché Il doppio omicidio di Neruda?
Il presunto omicidio biologico è avvenuto il 23 settembre del 1973; alla vigilia del viaggio di Neruda in Messico. Era tutto pronto: l’aereo, il salvacondotto, i bagagli, i libri e i documenti contabili della Fondazione Cantalao che Neruda aveva delineato nel 1973. Il governo messicano infatti aveva deciso di appoggiare economicamente il progetto del poeta che avrebbe beneficiato, con la concessione di borse di studio, molti giovani scrittori e artisti latinoamericani. Senza dubbio Pablo Neruda sarebbe diventato di lì a poco la figura chiave dell’esilio cileno, avrebbe convocato i suoi amici intellettuali e politici di tutto il mondo, e immagino che avrebbe lavorato con le autorità messicane a una strategia per la protezione dei suoi diritti d’autore, dei suoi beni immobili e per la realizzazione di quello che era il suo vero testamento politico: Cantalao.
Il “doppio omicidio” di Neruda fa riferimento al sequestro della sua eredità, al tradimento di Juan Agustín Figueroa, presidente della Fondazione Neruda, verso quelle che furono le volontà del poeta, all’omicidio del suo spirito e della sua immagine, alla “prostituzione” della Fondazione Neruda verso quanto di peggio potesse esserci del pinochetismo. Prima del Centenario di Neruda (2004) la Fondazione Neruda decise di investire i suoi diritti d’autore (2,3 milioni di dollari) nell’impresa Cristalerías Chile di proprietà di Ricardo Claro, che fu consigliere di Pinochet fin dal 12 settembre del 1973, coordinatore della visita di Kissinger in Cile nel 1976, patrocinatore dei servizi segreti della dittatura e fornitore di due navi, appartenenti alla sua compagnia Sudamericana de Vapores che vennero utilizzate come centri dei detenzione e tortura. Un altro caso che dimostra quanto fosse praticamente inesistente l’impegno verso la poesia e l’ideologia del poeta da parte della Fondazione Neruda avvenne quando questa avallò la falsificazione di tre libri: l’Antologia Popolare del 1972, i Quaderni di Temuco e i Discorsi parlamentari.
Vorrei soltanto raccontare qui l’episodio più vergognoso avvenuto quest’anno: la Fondazione Neruda ha umiliato i lavoratori del sindacato di Isla Negra, la Sebastiana e la Chascona (le tre case museo che amministra) che avevano proclamato uno sciopero chiedendo un aumento salariale, minacciandoli di licenziarli in massa e di sostituirli con audio-guide.
La Fondazione Neruda, secondo me, rappresenta l’antitesi di tutto quello che fu il poeta: Neruda promosse presso il governo di Salvador Allende la creazione dell’Università Mapuche, ma il presidente vitalizio della Fondazione Neruda, Figueroa, che è anche avvocato oltre che un ricco latifondista, è stato colui il quale ha chiesto e ottenuto che la legge Antiterrorista, emanata da Pinochet, fosse applicata anche nei giudizi contro il popolo mapuche per criminalizzare la loro protesta sociale; Neruda invitò i rettori delle università cilene, i sindacati e la Società degli Scrittori nell’amministrazione della sua fondazione, in cambio Agustín Figueroa ha messo ai vertici della Fondazione Neruda sua moglie, sua sorella, il suo migliore amico e un avvocato dello studio Figueroa&Asociados, convertendola di fatto in un altro fondo privato del latifondista Juan Agustín Figueroa.

Che aspettative ha rispetto all’esumazione del corpo di Neruda?
Gli esami forensi cercheranno di determinare due cose: la presenza di medicinali e di sostanze tossiche, anche se 40 anni dopo è veramente poco probabile riuscire a localizzarle. Il giudice inoltre non ha ancora deciso se verranno mandati dei campioni per gli esami in alcuni dei laboratori più avanzati del mondo, come per esempio in Svezia, in Svizzera e in Canada. Gli avvocati Eduardo Contreras e Rodolfo Reyes lo hanno richiesto, ma il giudice non si è ancora espresso, anche se dovrebbe accettare la proposta per avere risultati qualitativamente migliori. Al momento l’equipe forense è composta da quattro cileni e da quattro stranieri. Io sono convinto che quanti più scienziati partecipino alle indagini forensi, più possibilità avremo di conoscere la verità.
Il secondo obiettivo, realizzabile in qualsiasi Paese, sarà poi quello di localizzare le metastasi del cancro nella pelvi renale destra. Noi crediamo che il cancro di Neruda fosse sotto controllo grazie alle due operazioni alle quali era stato sottoposto il poeta in Francia e le 56 sedute di radioterapia al cobalto che gli furono applicate a Valparaíso nel 1973.
La radiografia di Neruda del 6 dicembre 1972 descrive una pelvi normale; Matilde Urrutia disse che le speranze di vita del poeta erano di 5 o 6 anni, a partire dalle operazioni in Francia. È significativo che Neruda sia stato operato una seconda volta, non lo avrebbero mai fatto se il cancro avesse avuto già delle ramificazioni. Il 19 settembre del 1973, al momento del ricovero presso la Clinica Santa María i medici gli diedero un anno di vita, quindi il colpo di Stato in effetti aveva contribuito a peggiorare le sue condizioni, soffriva inoltre di un’infezione urinaria (lo sappiamo dagli esami delle urine i cui risultati sono agli atti giudiziari). La domanda è quindi: perché Neruda morì alla vigilia dell’esilio? Di cosa morì il poeta?
Il certificato di morte riporta: «cachessia cancerosa», una sindrome caratterizzata da estrema denutrizione, stato catatonico e perdita delle facoltà motorie e intellettuali. Il problema è che il comunicato stampa e il certificato di morte emessi dalla clinica non sono compatibili tra loro. Nel primo documento si faceva riferimento a un «arresto cardiaco» e questo fu quello che venne anche riportato dal quotidiano El Mercurio: «Il poeta Pablo Neruda è morto ieri sera vittima di un arresto cardiaco che ha provocato il suo decesso alle 22.30. Nel momento della sua morte lo accompagnavano sua moglie Matilde Urrutia e sua sorella Laura. Il vate cileno era stato ricoverato in gravi condizioni nella citata clinica il sabato (22). Successivamente in conseguenza di uno choc avvenuto dopo che gli è stata somministrata un’iniezione le sue condizioni già gravi sono ulteriormente peggiorate» (24/09/1973).

Che impressione ti ha fatto Manuel Araya, l’autista di Neruda? La prima dichiarazione pubblica sui suoi sospetti rispetto all’omicidio del poeta risale al 2004. Perché così tanti anni dopo sua la morte?
Manuel Araya fu arrestato e sottoposto a torture il 23 settembre del 1973 mentre suo fratello Patricio fu arrestato e scomparve il 12 marzo del 1976, crediamo forse come avvertimento all’autista di Neruda, o perché lo confusero con luil. Il 6 febbraio 1977 a seguito di percosse morì Homero Arce. Era segretario e amico del poeta, un poliziotto lo aveva denunciato ai servizi segreti, fu arrestato e una volta liberato morì all’ospedale Barros Luco. Il dottor Francisco Velasco co-proprietario della casa di Neruda a Valparaíso fu torturato nella nave El Lebú, i marinai sapevano chi era, e lo presero in giro per la sua amicizia con il poeta. Il restauratore delle case di Neruda, Jaime Marturana, fu torturato a Villa Grimaldi e ha due fratelli desaparecidos. Riassumendo: ci fu un accanimento repressivo nei confronti degli amici e collaboratori più stretti di Pablo Neruda. Manuel Araya denunciò nel 1974 l’omicidio di Neruda alla vedova Matilde, ma questa non gli prestò attenzione. Dobbiamo ricordare inoltre che durante la dittatura non c’erano mezzi di informazione indipendenti. Don Manuel era quindi solo e impaurito.
Con il ritorno della “democrazia”, pensò di denunciare l’omicidio di Neruda ma nessuno lo prese sul serio: il primo governo della Concertación aveva pattuito la transizione con Pinochet, con il secondo governo della Concertación che fu quello che salvò l’ex dittatore dal processo a Madrid, risultò del tutto inutile presentare la denuncia.
La data alla quale tu fai riferimento, il 2004, è provata in due occasioni: il quotidiano El Líder, di San Antonio, nel 2004 pubblicò la denuncia, poi ripresa dalla rivista Proceso nel maggio del 2011. Allora nessuno gli prestò attenzione, perché tutta la stampa che si occupava di cultura era focalizzata sulle celebrazioni del Centenario di Neruda. Anche se El Líder è un quotidiano culturale che appartiene alla catena di El Mercurio, che invia comunicati stampa a tutte le maggior agenzie del mondo, El Mercurio nel 2004 non fece nulla per diffondere la notizia a livello mondiale. Il secondo documento che prova quello che dici, è una lettera di risposta dell’ufficio di Ricardo Lagos (terzo governo della Concertaciòn, di continuismo dell’eredita di Pinochet) dove si nega un’udienza a Manuel Araya con il presidente del Cile, per “problemi di agenda”.
Credo a Manuel Araya, l’ho incontrato di persona e ho parlato con lui varie volte per telefono, ho seguito le tracce di tutte le sue dichiarazioni e fondamentalmente non mente, nemmeno si è mai sbagliato sulle date e circostanze che cita, di eventi accaduti tra il novembre del 1972 e il settembre del 1973.

Qual è stata l’ultima volontà di Pablo Neruda? In cosa consisteva la fondazione progettata da Pablo Neruda?
Citerò direttamente quello che ho scritto per El doble asesinato de Neruda: «Gli statuti della Fundación Cantalao – pubblicati integralmente nel capitolo finale di questo libro – puntualizzano ognuno termini, clausole, e articoli transitori per la “Fondazione di Beneficenza il cui oggetto sarà la diffusione delle lettere, delle arti e delle scienze, specialmente nella parte di costa compresa tra San Antonio e Valparaíso. Nell’articolo quinto – relativo al Consiglio Direttivo ed Esecutivo – si indica che la fondazione sarà composta da 7 membri: a) due rappresentanti di Pablo Neruda, b) i rettori dell’Università del Cile, dell’Università Cattolica e dell’Università Tecnica dello Stato o persone designate in loro rappresentanza, c) un rappresentante della Centrale Unica dei Lavoratori, e d) un rappresentante della Società degli Scrittori del Cile”. (Ufficio notarile pubblico di Casablanca; Regione di Valparaíso, 1973).
Il Consiglio Direttivo della Fundación Cantalao riflette la pluralità di voci, l’intento accademico e il profilo politico che auspicava Neruda per l’amministrazione dei suoi diritti di autore, della biblioteca e dei suoi beni immobili. Fu questo il suo testamento, legalizzato di fronte ad un Notaio Pubblico di Casablanca, nella Regione di Valparaíso. L’Università del Cile accettò l’incarico: “Il Comitato Direttivo Superiore dell’Università del Cile aveva adottato, il 9 maggio del 1973, la decisione di partecipare alla costituzione dell’entità denominata Cantalao (Neruda. Las furias y las penas, 2008). La struttura di Cantalao comprendeva “alloggiamenti per gli ospiti, un teatro, spazi aperti e chiusi per esposizioni di ceramica e sculture, un acquario e stabilimenti per un’esposizione permanente di conchiliologia”. (Ufficio notarile pubblico di Casablanca; Regione de Valparaíso, 1973).

E cosa ne è quindi del testamento di Neruda?
Cito ancora quanto scritto nel El doble asesinato de Neruda: «Le contraddizioni di Matilde rispetto all’eredità del poeta sono evidenti: “L’11 settembre del 1973, l’avvocato Sergio Insunza arrivò con gli statuti della Fondazione Pablo Neruda, con il testamento di Pablo”, scrive all’inizio delle sue memorie. Poi si corregge: “Pablo non lasciò testamento” (Mi vida junto a Pablo Neruda, 1986). Aída Figueroa, (sorella di Juan Agustín Figueroa e moglie di Sergio Insunza, avvocato di Neruda e Ministro della Giustizia del governo di Salvador Allende) si lasciò scappare una indiscrezione , nel 1974, rispetto al lavoro di suo marito con il poeta: “Neruda aveva fatto un testamento, che era già scritto. Mancava solo perfezionarlo e dargli forma legale (Funeral vigilado. 1978)». Concludendo: Neruda scrisse un testamento che è stato nascosto così come hanno fatto con gli statuti di Cantalao?

La Fondazione Neruda sta preservando l’eredità materiale e immateriale del poeta?
No, la Fondazione Neruda è la metafora della stessa transizione cilena: rivendica il pinochetista Ricardo Claro, si arricchisce con il patrimonio del poeta e lo svende al limite del paradosso: la Fondazione Neruda ha autorizzato il corrotto imprenditore Ángel Maulén ad utilizzare il nome Neruda per una lussuosa catena di alberghi a Santiago del Cile e a Viña del Mar; la fondazione ha autorizzato il corrotto imprenditore Sebastián Piñera (attuale presidente del paese) a usare il nome di Neruda per la Sala Vip della compagnia aerea cilena; la Fondazione rappresenta un bordello culturale per i turisti europei e nordamericani, ai quali viene venduto di tutto un po’, come per esempio vino rosso Neruda, abbigliamento Neruda, cartoline con la foto di Neruda, portachiavi ed altri articoli di vario genere.
La Fondazione Neruda non ha assolutamente rispettato le ultime volontà del poeta, arrivando a burlarsi perfino delle sue volontà. Juan Agustín Figueroa ha dichiarato in un’intervista: “Quando Matilde decise di dare forma giuridica alla fondazione ricorse a me; noi conserviamo alcune bozze delle idee primitive di Pablo rispetto alla fondazione ” (La Nación 09/06/2005). Idee primitive? Il Consiglio di Amministrazione disegnato per la Fondazione Cantalao era avanguardista, pluralista e accademico. Annalisa, leggi ora quello che ha detto l’Amministratore Delegato della Fondazione Neruda: “La Fondazione Cantalao non è mai stata firmata, non ha mai avuto personalità giuridica né validità alcuna perché fu un’ idea che ebbe Neruda alla fine dei suoi giorni” (El Dínamo 13/02/2013).
L’11 settembre del 1973 Neruda riscrisse i documenti della personalità giuridica della Fondazione Cantalao, Homero Arce svolse le pratiche presso La Moneda e lo stesso presidente Salvador Allende si sarebbe recato a Isla Negra se non fosse avvenuto il colpo di Stato; dire che il testamento politico di Neruda «non ebbe mai personalità giuridica né validità alcuna» vuol dire annullare la storia e rivendicare l’«ordine legale» che fu imposto da Pinochet. È la ciliegina sulla torta, e ogni volta che apre la bocca qualche funzionario della Fondazione Neruda viene messo in evidenzia il suo profilo neoliberale e pinochetista.

Che ruolo ha giocato fin dal 23 settembre la vedova di Neruda, Matilde Urrutia? Che opinione ti sei fatto sulla base dei tuoi studi?
Il gran contributo della denuncia di Manuel Araya è stato che per la prima volta sono state confrontate tutte le versioni sugli ultimi giorni di Neruda con le irregolarità, le imprecisioni, gli errori e le bugie di Matilde Urrutia. Durante la dittatura Matilde usciva ed entrava dal Cile senza problemi, nessun oppositore al regime di Pinochet aveva il privilegio di poter viaggiare per il mondo e poi tornare in Cile tranquillamente. Sono convinto che Matilde Urrutia negoziò con la dittatura e in cambio del suo silenzio le fu permesso di poter vivere in Cile; la vedova confessò i suoi sospetti sull’omicidio di Neruda solo a due persone di fiducia: l’infermiera cilena Rosita Nuñez e il giornalista spagnolo Luis María Ansón.
Inoltre non possiamo fidarci delle memorie postume di Matilde Urrutia, il poeta Gustavo Adolfo Becerra, suo segretario tra il 1983 e il 1984, non riconosce la “paternità” delle memorie postume di Matilde da lui redatte, e assicura che la direzione della Fondazione Neruda cambiò il titolo che di per sé già spiegava molte cose: No nací para ser entendida en tinieblas («Non sono nata per essere capita nelle tenebre», in italiano; 1986), e le posero un titolo tanto banale come: Mi vida junto a Pablo Neruda (1986), («La mia vita con Pablo Neruda»). La prima edizione di questo libro è del novembre 1986, Matilde era morta il 5 gennaio del 1985; il margine di manovra per apportare modifiche alle memorie postume di Matilde fu di un anno e dieci mesi, un tempo incomprensibile, se teniamo conto che le memorie postume di Neruda furono pubblicate il 23 marzo del 1974, sei mesi dopo la morte del poeta. In entrambi i casi, i manoscritti avevano come agente letteraria Carmen Balcells, le memorie di Matilde dovevano essere pubblicate sei mesi dopo la sua morte, non due anni più tardi.
La storia ufficiale della Fondazione Neruda è basata sulle memorie postume di Matilde Urrutia, ma non ci hanno mai permesso di leggere il manoscritto originale di Gustavo Adolfo Becerra.

L’esumazione della salma di Neruda che copertura ha avuto dalla stampa cilena?
La stampa cilena ha omesso che la famiglia Reyes, rappresentata legalmente da Rodolfo Reyes, nipote diretto di Neruda, si è sommata alla denuncia per far luce sul presunto omicidio del poeta (il 99% della famiglia Reyes ha appoggiato l’esumazione del corpo) e nessun mezzo di comunicazione cileno ha detto che Rodolfo Reyes ha impedito l’ingresso alla casa-museo di Isla Negra ai dirigenti della Fondazione Neruda che volevano essere testimoni dell’esumazione. È stata una cerimonia solenne, sono stato osservati cinque minuti di silenzio, i familiari di Neruda hanno caricato la bara e l’hanno coperta con una bandiera del Cile. L’unico dettaglio negativo è stato che gli otto periti forensi hanno accettato l’invito per una cena nell’Osteria Santa Elena, di proprietà di una testimone chiave della Fondazione Neruda, la cantante popolare Charo Cofré. Alla notizia mi è venuto in mente quando i membri della giuria internazionale del Premio Iberamoericano Neruda furono ospitati nell’Hotel Neruda di Providencia, uno dei tanti succulenti affari di Juan Augustín Figueroa…

DI ANNALISA MELANDRI LEGGI ANCHE:

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