“Il copyright va abolito, danneggia i consumatori”

Il copyright frena la crescita

Il copyright, così come il brevetto e le altre forme di proprietà intellettuale, è un monopolio. E come tutti i monopoli, danneggia sia i consumatori che la concorrenza. Per quello va gradualmente superato in diversi modi. No, non è la tesi di qualche guru del software libero, vicino ad Anonymous o al partito dei Pirati, ma di David K. Levine, un economista neoclassico della Washington University di Saint Louis, Missouri, che nell’introduzione al suo libro , scritto a quattro mani insieme al collega Michele Boldrin, Against intellectual monopoly, si definisce “a conservative economist”. Per lui, i benefici per il superamento dell’attuale sistema si vedrebbero soprattutto nel lungo termine, ma anche nell’immediato.

Professore, ci spieghi brevemente perché le regole a protezione della proprietà intellettuale costituiscono un “monopolio intellettuale” da superare.
Facciamo un esempio: negli Stati Uniti Amazon ha brevettato un’idea, lo “one click”, ovvero il tasto attraverso il quale gli utenti registrati al sito possono pagare il loro ordine e farselo spedire con un solo click. Nessun altro store online da allora può usare questa semplicissima procedura. Sempre che non paghi le royalties ad Amazon. Se non è monopolio questo…

Allora per lei c’è una relazione tra la severità crescente delle norme a protezione della proprietà intellettuale e magari un rallentamento della crescita economica europea e americana per mancanza d’innovazione tecnologica nei confronti della concorrenza asiatica?
In parte è così, visto che gli innovatori, le persone che hanno nuove idee quasi sempre devono scendere a patti con i detentori dei brevetti, che magari hanno avuto un’idea anni prima e non riescono a svilupparla nel modo migliore. Facciamo un altro esempio, questa volta però a proposito del copyright. Poniamo il caso che io crei un congegno elettronico che mi consenta di vedere la tv anche fuori casa. Magari anche qualcosa di molto semplice, una piccola antenna che mandi il segnale dalla tv di casa al mio smartphone. Ecco, in quel momento, ritrasmettendo su un altro apparecchio, sto violando migliaia di copyright di compagnie tv e cinematografiche. E quindi per poter usare legalmente questo congegno, l’inventore dovrebbe dare battaglia con i suoi legali. E quasi sicuramente perderebbe la sua battaglia. E la sua idea rimarrebbe nel cassetto.

Le perplessità maggiori vengono però dal mondo della musica: come può un artista guadagnare senza le royalties?
Ma quanto di questo guadagno arriva agli artisti e quanto invece viene filtrato dalle case discografiche, dagli agenti degli artisti, dai produttori… Per non parlare di come il mercato e di conseguenza il guadagno si stiano spostando dalla vendita di dischi e di mp3 alle performance live. E poi cosa interessa oggi a un’artista? Essere conosciuto. Attraverso la pubblicità, il merchandise. Tutto guadagno. Pensiamo anche al solo mettere un proprio pezzo nella colonna sonora di un film. Il guadagno ottenuto in termini di notorietà sarebbe enorme. E lo sarebbe anche senza copyright.

Uno degli indubbi effetti positivi della fine del copyright sarebbe la fine della pirateria informatica.
Sicuramente se copiare brani musicali fosse legale, la pirateria cesserebbe perché non costituirebbe più reato. Pensiamo a quanto già sia stato fatto negli ultimi anni. Pensiamo a Spotify. Qualche anno fa sarebbe stato impensabile. Ed è un modo intelligente per far guadagnare gli artisti e far ascoltare musica gratis. Ci sarebbero infiniti modi di far incontrare la domanda dell’ascoltatore con l’offerta dell’artista. Basterebbe eliminare l’assurda intermediazione del copyright.

Un’ultima domanda: quali benefici ci sarebbero nell’immediato e quali nel lungo periodo dall’abolizione dell’intero sistema della proprietà intellettuale?
Sparirebbero un sacco di lacci e lacciuoli per la diffusione dell’innovazione e della conoscenza. Senza i brevetti, non ci sarebbero più cause per violazione della proprietà intellettuale e così anche colossi come Microsoft o Google investirebbero ancora più risorse nella ricerca e nella creazione di nuovi prodotti, senza perdere tempo e soldi in avvocati. E quindi ci sarebbe un boom di innovazione. Che quindi farebbe ripartire la crescita economica con ritmi che non vediamo ormai da tempo.
 

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