Una poltrona non l’hanno mai chiesta, non ufficialmente almeno. Eppure un riconoscimento se l’aspettavano quasi tutti. Qualcuno sognava un ministero, i più discreti speravano in un posto da sottosegretario. Vista l’agguerrita concorrenza, avrebbero accettato volentieri anche la presidenza di una commissione.
E invece sono rimasti a mani vuote. È l’ultima generazione di trombati eccellenti. Capicorrente, dirigenti politici, giovani rampanti pronti al grande salto. Un esercito di delusi. Democratici e berlusconiani, trasversalmente amareggiati. Convinti di meritare un incarico di primo piano, costretti a pazientare in lista di attesa.
Per giorni Mariastella Gelmini è stata certa di tornare al governo. Ancora una volta ministro dell’Istruzione, stando alle insistenti indiscrezioni di Palazzo. Sfumata la nomina, è entrata di diritto nel toto-sottosegretari. Di nuovo senza successo. Ieri, l’ultima bocciatura. La presidenza della commissione Cultura di Montecitorio è finita al collega Giancarlo Galan. Resta almeno una consolazione: la poltrona di vicepresidente vicario del gruppo Pdl alla Camera.
Ma Mariastella Gelmini non è l’unica dirigente berlusconiana rimasta senza incarichi. Condividono lo stesso destino altre tre ex ministre: Michela Vittoria Brambilla, Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna. Da Palazzo Chigi all’oblìo. Fa eccezione l’ex titolare delle Pari Opportunità, portavoce in carica dei deputati pidiellini.
Ha perso il treno delle poltrone Daniela Santanché. Ma solo temporaneamente. L’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio – responsabile organizzazione a via dell’Umiltà – dovrebbe veder riconosciuto il proprio impegno quando sarà eletto il nuovo vicepresidente di Montecitorio. Stando alle voci che girano alla Camera sarà lei a sostituire Maurizio Lupi.
Discorso diverso per i giovani rampanti. Dirigenti di belle speranze che per appagare le proprie ambizioni dovranno attendere ancora un po’. Per chi ci sarà, l’esame di maturità politica è rimandato alla prossima legislatura. È il caso della democrat Marianna Madia, data per certa al Lavoro. Oppure l’apprezzatissima deputata pidiellina, così raccontano, Annagrazia Calabria. Anche lei vicina a un posto da sottosegretario, per il momento è stata confermata responsabile del movimento giovanile.
Il giovane turco Matteo Orfini ha criticato più volte l’intesa tra Pd e Pdl. Alla fine i colleghi d’area Andrea Orlando e Stefano Fassina hanno trovato un posto al ministero, lui è rimasto in attesa. Era certo di entrare al governo Raffaele Fitto, già titolare degli Affari regionali nell’ultimo esecutivo del Cavaliere. Molto ben visto all’interno del partito, anche lui sta ancora aspettando.
A leggere i giornali, era sicura di una poltrona da sottosegretario al Welfare Renata Polverini. Niente da fare. Svanito il sogno di governo, all’ex governatrice del Lazio è rimasta una meno prestigiosa vicepresidenza della commissione Lavoro. Superata dal collega Roberto Formigoni – già presidente della Lombardia – finito a guidare la commissione Agricoltura del Senato. Restano senza poltrona anche i renziani Matteo Richetti e Roberto Reggi, che qualcuno aveva immaginato al governo in rappresentanza del sindaco rottamatore.
E poi ci sono i grandi dirigenti. Il Pd Beppe Fioroni, ad esempio. Dato per vicinissimo alla presidenza di tante commissioni parlamentari. Ma mai eletto. Resta senza incarichi la dimissionaria presidente democrat Rosi Bindi. In realtà ancora in attesa dell’insediamento dell’Antimafia. Bruciato dai veti del Partito democratico, deve rinunciare a un posto di prestigio anche Paolo Romani, che il Cavaliere avrebbe voluto alla presidenza della commissione Lavori Pubblici del Senato.