Messina
Renato Accorinti, candidato civico attivista contro la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, arrivato al ballottaggio per soli 59 voti e indietro di oltre il 25% dei voti rispetto al candidato del centrosinistra Felice Calabrò. Il risultato del primo turno è stato ribaltato e ha visto, al ballottaggio, ridursi il numero dei votanti di circa 49mila voti (-24,41%). Il neo-sindaco Accorinti ha detto che si è trattato della «vittoria di tutti i cittadini»; la sua lista, “Cambiamo Messina dal basso” nata da poco ha conseguito un risultato straordinario anche perché maturato in una città dalla solida tradizione democristiana. L’avversario di Accorinti, Felice Calabrò (avvocato, classe 1972) era sponsorizzato dalla coppia formata da Francantonio Genovese (deputato del Partito Democratico) e Gianpiero D’Alia (Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione nel Governo Letta e parlamentare Udc). Da notare anche che al movimento di Accorinti si era contrapposto il Movimento 5 stelle, che però aveva ottenuto il 2,53% dei voti e quindi non avrà nessun consigliere comunale.
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Dal nostro ritratto di Accorinti, ecco chi è il nuovo sindaco di Messina:
Il nome di Accorinti non è apparso spesso nelle cronache nazionali, ed è sconosciuto ai più. A Messina, però, lo conoscono molto bene: barba e capelli bianchi, voce rauca, scarpe da tennis, jeans e maglietta “Noponte”. Attivista, pacifista, politico e docente di educazione fisica alla scuola media “Enzo Drago”. Lo si vede scorrazzare in giro per la città sempre in bicicletta, perché lui la macchina non la prende mai. Il suo nome è legato a trent’anni di battaglie civili condotte in riva allo Stretto, una su tutte quella contro la costruzione del Ponte per cui ha anche fondato il Movimento messinese NoPonte. Nel giugno del 2002 si arrampicò su un traliccio della corrente dismesso (conosciuto come “il pilone”) nella zona di Torre Faro, periferia Nord della città, restando un giorno e una notte ad oltre 200 metri di altezza per esporre degli striscioni contro la costruzione dell’opera.
L’approdo in politica avviene su richiesta di alcuni cittadini messinesi. Accorinti infatti aveva sempre rifiutato un impegno in politica. A convincerlo, però, è stata una petizione firmata dai cittadini in cui si richiedeva una sua “discesa in campo”. Ed è questo che ha continuato a fare Accorinti da sei mesi a questa parte. Niente palchi, nessun microfono: i suoi comizi sono stati semplici chiacchierate in mezzo alla gente. Nelle piccole piazze, nelle scalinate, nei rioni della periferia degradata della città ha giocato la sua partita più importante. Non ha voluto barriere che lo separassero da chi lo ascoltava. Tutto ciò per coltivare un’idea, una semplice idea: «Io non voglio il tuo voto, voglio la tua partecipazione».
Ragusa
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«Siamo in vantaggio…»: alle 15:30, quando da pochi minuti sono chiuse le urne, il capogruppo all’Ars del M5S Giancarlo Cancelleri, l’uomo fidato del comico Beppe Grillo nell’isola, la butta lì come se già sapesse come andrà a finire. Federico Piccitto, di anni 37, ingegnere elettronico, e candidato sindaco del M5S (ha anche ricevuto il sostegno “politico” di un paio di liste civiche della sinistra radicale, e il sostegno “non voluto” de La Destra di Francesco Storace) parte subito in vantaggio e così resterà fino alla fine. Alle 18:20 arriva il verdetto: vince il ballottaggio e diventa nuovo sindaco con il 69,4%, mentre Giovanni Cosentini, candidato col centrosinistra, si ferma al 30,6%.
Un risultato mai messo in dubbio. Lo scrutinio è fra i più veloci della storia delle amministrative siciliane. Alle 16:15, quando sono state già scrutinate 55 sezioni su 71, il “Federico di Sicilia” (lo chiamano così per non confonderlo con Pizzarotti) ha già doppiato il candidato del centrosinistra Giovanni Cosentini.
Non ha funzionato, allora, l’accordo fra il governatore Rosario Crocetta e il plenipotenziario locale Nello Di Pasquale, un tempo berlusconiano, e oggi fedelissimo dell’ex sindaco di Gela. «La gente non è scema», dicono dal quartier generale di SeL. «La vittoria di Piccitto a Ragusa, sostenuto anche da SeL e da liste civiche in chiara discontinuità con il sistema di potere dell’attuale deputato Nello Di Pasquale, segna il fallimento di un centrosinistra che decide di appattarsi con il Pdl e che non è capace di mettere in sintonia con la voglia di cambiamento che i siciliani hanno espresso con il voto».
Il centrosinistra esce a pezzi dalla tornatina elettorale di Ragusa. Eppure, dopo il primo turno sembrava fatta. Il gap di 14 punti fra Giovanni Cosentini e Federico Piccito sembrava difficilmente colmabile. E il sostegno “inaspettato” del Pdl proprio a Cosentini prefigurava una vittoria scontata. E invece, i segnali che giungevano da Ragusa a via Bentivegna, sede regionale del Pd, suonavano già l’allarme.
Perché? Prima di tutto, una parte del Pd ragusano non ha condiviso la scelta di sostenere Giovanni Cosentini, uomo di Di Pasquale, e fedelissimo dell’ex governatore regionale Totò Cuffaro. E questa fetta non solo ha sollevato la questione, ma ha deciso di sostenere «senza e senza ma» Federico Piccitto. Tanto che Valentina Spata, giovane animatrice-ribelle dei democratici ragusani, ha dichiarato su Facebook di votare Piccitto. E sarebbe stata esclusa dal partito.
La polemica è arrivata fino al Nazareno, sede nazionale del Pd, e ha trovato spazio in un post di Pippo Civati: «A Ragusa il partito sembra essersi infilato in un pasticcio non dissimile da quello che a Roma ha portato alla nascita del governissimo: una spaccatura pilotata e per nulla casuale da parte di chi, nel Pd, aveva interesse a guardare a destra, verso il sindaco uscente, persona vicina a Totò Cuffaro». Chiaro. E non è un caso che Matteo Renzi, nel mini-tour siciliano della scorsa settimana, non sia passato da Ragusa. Si racconta che alcuni ribelli Pd avrebbero inviato un messaggio al primo cittadino di Firenze: «Matteo, ti consigliamo di non passare da Ragusa. Fidati!».
In questo modo è stato più facile per il Movimento Cinque Stelle conquistare la città. Una città stanca e finita in fondo a tutte le classifiche per l’alto tasso di disoccupazione. Tuttavia, riferisce a Linkiesta una fonte anonima, «senza il sostegno di SeL e di Idv Piccitto non avrebbe mai potuto vincere». Il candidato pentastellato avrebbe sottoscritto un patto politico con due liste civiche, “Partecipiamo” e “Movimento città”, due liste della sinistra radicale alle quali avrebbe promesso «un paio di assessorati, e anche il posto di vicesindaco». Cosa che a Beppe Grillo non sarebbe piaciuta tanto. Ecco perché, allora, la vittoria ragusana potrebbe far voltare pagina anche al M5S. Una vittoria scaturita da un’alleanza politica che sfocerebbe nella formazione di una giunta con uomini di area. Perché quella di Ragusa, dicono, «È il primo vero laboratorio fra M5S, SeL e democratici disincantati».
Siracusa
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A Siracusa si è imposto il candidato del centrosinistra Giancarlo Garozzo. Nell’unica città siciliana dove ha vinto il centrosinistra il suo candidato ha totalizzato il 53,3% dei voti. Il suo avversario nella corsa a primo cittadino, Paolo Ezechia Reale, ha preso il 46,7%, sostenuto da liste civiche. Un altro numero che arriva da Siracusa è significativo: si tratta del crollo dell’affluenza. Si è passati dal 66,2% dei voti espressi fra gli aventi diritto al primo turno al 35% del secondo turno.
Twitter: @GiuseppeFalci