Portineria MilanoDopo vent’anni Milano fa ancora i conti con la morale

Da Tangentopoli al Bunga Bunga

La fine della Milano «da sniffo» (copyright Roberto D’Agostino), quella di Fabrizio Corona e Lele Mora, delle feste di Arcore da Silvio Berlusconi e delle serate in corso Como all’Hollywood, è un teleobiettivo di una macchina fotografica che non serve più a niente. «Quando becchiamo i pochi vip rimasti in giro, poi ci facciamo il segno della croce per vendere il servizio» spiega un paparazzo che bazzica il capoluogo lombardo sin dagli anni ’90 e che ha lavorato pure con Corona. «Qui non c’è più niente, è tutto scomparso, ora invece dei buttafuori ci sono i buttadentro nelle discoteche. Sarà colpa anche della crisi economica, ma la gente non esce più come una volta di sera. E se lo fa si prepara i cocktails in macchina prima di entrare: un tempo era impensabile».

Fateci caso se passate a Milano in questi giorni d’estate. Quello che un tempo era l’incrocio discotecaro per eccellenza, tra Hollywood, Toqueville o Loola Paloosa è diventato un crocicchio anonimo, che sa quasi di vecchio, visto quasi con disprezzo, con le serrande abbassate per l’ennesima rissa. Del resto, le luci e i riflettori che hanno accompagnato per quasi dieci anni quell’angolo del capoluogo lombardo sono finite tutte in tribunale, anzi in galera. Da Corona con lo scandalo Vallettopoli e scatti&ricatti fino alle Olgettine per le serate Bunga Bunga con Ruby Rubacuori: un’intera classe dirigente della notte è stata spazzata via e la vicenda dell’ultima condanna a Silvio Berlusconi ne è la sua metafora.

È una fotografia impietosa ricordare come siano finiti i protagonisti di quella stagione. Lele Mora ormai frequenta gli oratori dell’hinterland milanese per sponsorizzare il suo libro “conversione”, mentre i suoi beni sono finiti all’asta. Corona se ne sta in carcere e intanto sulla sua pagina Facebook c’è la sua moto in vendita. Le frequentatrici delle notti di Arcore sono finite tutte indagate per falsa testimonianza e si lamentano perché sono senza lavoro. Il carrozzone è rimasto a piedi. Dai tronisti fino ai calciatori, anche loro ridimensionati dagli scandali sul calcioscommesse. Per non parlare di Sara Tommasi, altra icona di quegli anni, ridotta a spogliarsi ogni due per tre per finire sui giornali.

Per la seconda volta in vent’anni è come se Milano facesse i conti con la propria moralità, tra concussione e prostituzione minorile. «Milano come Teheran» scrive il direttore del Foglio Giuliano Ferrara, paragonando i giudici milanesi agli ayatollah iraniani. Quando a cadere furono i socialisti sotto tangentopoli ci fu la corsa da parte di una buona fetta di sinistra e destra a ricordare come «a bersi Milano» fu soprattutto il Psi di Bettino Craxi. Belle donne anche allora, ristoranti pieni, dolce vita e qualche ballata in discoteca.

Altri tempi, imparagonabili anche per un tessuto economico politico completamente diverso tra anni ’80 e 2000, tra industriali di successo e circolo modaiolo alle stelle. Eppure oggi come allora affiora una sorta di ripudio antropologico; l’impressione è che nel consenso anti berlusconiano intorno ai magistrati di Milano, nel clima che si respira, in certi tic che si riproducono, sia forte il disprezzo per un modo di vivere e di fare che aveva caratterizzato già la Milano del Psi. Quasi che il cafonal, oltre che essere magari fastidioso, sia anche un reato in sè. Così giornalisti e magistrati voltano le spalle ai vecchi regnanti e, alla radice di questa crociata ci sono molti di quelli di ieri, di chi ha fatto della «questione morale» e dell’ideologia della società civile il proprio inno. Conducendo le danze sia durante tangentopoli sia durante il Bunga Bunga.

Parliamo in particolare di quel Circolo Società Civile, un gruppo di politici, magistrati e giornalisti, nato nel 1985 con Nando Dalla Chiesa che tra i soci fondatori annoverava tra gli altri Ilda Boccassini, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Armando Spataro, Gianni Barbacetto e Cini Boeri, solo per citarne alcuni. Protagonisti di allora, protagonisti di oggi (molti). Sarà un caso, ma lo scandalo Bunga Bunga parte proprio da un pezzo di Barbacetto sul Fatto Quotidiano, il primo quotidiano che ne ha parlato, per un’inchiesta che proprio la Boccassini ha portato avanti dal 2010 a oggi. Quel nucleo, questo nucleo che si eretto a guardiano della moralità di Milano è rimasto e in questi anni ha condotto una guerra senza esclusione di colpi sulle degenerazioni di una società milanese che nel nuovo millennio ha visto il boom dello spaccio di cocaina, l’arrivo a Milano di calciatori come Ronaldo o attori di Hollywood come George Clooney sul lago di Como. Oltre che il solito totem Berlusconi. Come detto, il cafonal che si fa reato, al netto dei reati effettivamente accertati.

A portare i segni della Milano da «sniffo» sono così i tanti che in questi anni hanno abusato della cocaina, con nasi bucati e in cliniche di riabilitazione. Ma i segni li portano nei conti correnti anche i tanti che in quegli anni si sono arricchiti con la movida, con le serate, con i drink, le escort e le ballerine improvvisate che cercavano fortuna nei locali, Ruby era una di loro, nè più nè meno. Inizia in un bar in corso Como, entra nel giro, conosce e bazzica il mondo della notte milanese quando è agli apici. Corona in questi anni se ne sta su un trono all’Hollywood. Ha tutto. Donne, auto, moto e fama. Mora porta vagonate di persone nel privè dove ci «sono tutti». La gente che conta sono i calciatori, le veline e le starlette. C’è la fila per accaparrarsi un tavolo in quei tempi.

I paparazzi fanno a gara tra ristoranti e discoteche. Si sdoppiano, pagano i parcheggiatori per le soffiate. C’è Sara Tommasi, c’è pure Barbara Berlusconi in qualche serata all’Hollywood insieme con la sorella Eleonora. C’erano tutti, pure il Trota Renzo Bossi o Nicole Minetti. È un vortice, una sbronza collettiva, una pippata. Ora non è rimasto più niente.

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