Portineria MilanoMaroni può accontentare Bossi e dimettersi subito

Il governatore lombardo potrebbe fare il passo indietro domenica

Roberto Maroni potrebbe rassegnare le dimissioni da segretario federale della Lega Nord già questo fine settimana e anticipare il congresso a metà luglio, al massimo tra settembre e ottobre. È questa l’indiscrezione che circola nelle ultime ore tra i leghisti nella sede di via Bellerio a Milano, pronti a una domenica di fuoco al Novotel di Niguarda, in viale Suzzani, per una segreteria politica che potrebbe sancire un passaggio storico all’interno del Carroccio. Sono solo rumors, ma da un paio di giorni Bobo non risponde al telefono ai colonnelli, un segnale che molti interpretano così: non ne ha più voglia e in queso modo potrebbe sedare i malumori.

«Si è isolato» dicono fuori dai microfoni alcuni fedeli maroniani che lo hanno accompagnato nella battaglia dello scorso anno contro i bossiani per conquistare la segreteria di Umberto Bossi al congresso di Assago. Non è passato nemmeno un anno dal luglio scorso, in mezzo c’è stata la vittoria in regione Lombardia, ma anche tanti (troppi) problemi. La transizione dalla vecchia Lega a quella 2.0 ha ricevuto troppe battute d’arresto, tra espulsioni contestate da Bossi fino a risultati elettorali ai minimi.

Non è un caso che Flavio Tosi, sindaco di Verona, segretario nazionale della Liga Veneta questa mattina a Omnibus abbia messo le mani avanti sul week end di fuoco. «So che è difficile fare insieme il segretario federale e il Governatore, ma chiederò a Maroni di andare avanti e di fare un sacrificio per dare stabilita’ e continuita’ all’azione del movimento». E ha aggiunto: «Chiederò quindi a Maroni di andare avanti – ha ribadito – senza fare un Congresso, al limite si può fare un Congresso programmatico, questo magari si». Ma se prima doveva celebrarsi a giugno del 2014, poi in febbraio, ora si inizia a parlare sempre di più di autunno 2013. E perché no, a questo punto tra un mese, in caso di dimissioni immediate, dato che lo statuto leghista dà possibilità di convocare il congresso entro 20 giorni. 

Del resto Maroni non ha mai gradito il ruolo di segretario che prese per «riscattare» e «salvare» la Lega dopo gli scandali dello scorso anno, tra Francesco Belsito, Tanzania e diamanti. Da quando si è aggiunto l’incarico di governatore la mole di lavoro è aumentata. E a metà marzo, quando dopo le elezioni politiche mise la segreteria ai voti, gli fu confermata tra i mugugni di Bossi. Il vecchio Capo lo definì «uno con il culo largo» che sta su troppe poltrone. Maroni si arrabbiò iniziando una battaglia che non sembra si sia ancora conclusa, tra vitalizi, minacce di espulsione e interviste al vetriolo a Fatto Quotidiano e Repubblica.

La Lega Nord non è mai stata così in ebollizione come in questo momento. In Veneto e Lombardia partono quotidiani gli assalti per demolire la segreteria di Maroni, la cattiva gestione sul fronte delle espulsioni come «l’incomprensibilità» sul progetto politico da portare avanti, tra macroregioni e tasse al Nord. Il Carroccio si sta sgretolando. Il fronte indipendentista, quello più storico, varesino, non gradirebbe che il prossimo segretario federale fosse uno tra i segretari nazionali Matteo Salvini o Flavio Tosi. E in questo senso anticipare il congresso federale a luglio, senza fare i nazionali, potrebbe restringere la scelta sul nuovo numero uno leghista a due figure in particolare: Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia.

Nè il primo nè il secondo avrebbero voglia di prendere in mano il timone del comando. Ma secondo alcuni potrebbero essere gli unici a tenere insieme tutto quello che resta della Lega, senza evitare fratture traumatiche che potrebbero portare a nuovi malesseri tra la base leghista e a possibili defezioni eccellenti. L’ex saggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sarebbè il preferito, ma secondo alcuni potrebbe pagare la poca voglia di spendersi in pubblico.

Il punto è l’anima della Lega. E cosa dovrà rimanere di quel movimento che quasi 30 anni fa fondò Umberto Bossi per raccogliere il malessere del Nord. L’altro giorno il Giornale ha messo nero su bianco un’indiscrezione che circola ormai da mesi. Il simbolo storico, l’Alberto da Giussano potrebbe presto andare in pensione. Gli scandali lo hanno affossato e perde di credibilità secondo i sondaggi. In questi giorni sta montando l’idea della liste civiche, ma sono solo ipotesi che testimoniano l’enorme confusione che circola in via Bellerio. Di fatto la Lega è ormai divisa in mille altre leghe.

Già su Libero si profilava l’idea di una nuova associazione indipendentista che potrebbe nascere sulla falsariga del Fronte Nazionale di Marine Le Pen in Francia. Anche qui “ipotesi”, ma un segnale che la base leghista vorrebbe tornare a «pestare» duro su alcuni temi come la secessione o contro l’immigrazione, abbandonando la moderazione che ha contraddistinto in questi mesi sia Maroni sia Tosi. Altre leghe poi si vanno formando in casa a Gemonio, quartiere generale del vecchio Capo. Del giornale «La lingua padana», lanciata in pompa magna in un’intervista a Gad Lerner, non c’è traccia. Di altre associazioni benchè meno.

Ma Bossi potrebbe comunque incidere sul nuovo corso. A Milano si continua a parlare di un vecchio progetto di cui il Senatùr avrebbe parlato con l’amico Giulio Tremonti. È quello di una nuova Lega Socialista Milanese, anche qui però tutto tace. Di certo la Lega Nord che si presenterà alle prossime elezioni europee e a quelle amministrative non sarà più la stessa. «Un ciclo si è chiuso» vanno ripetendo in tanti.  Forse per sempre. 

Twitter: @ARoldering

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