La ventata di aria fresca pronta a spazzare via le nubi della politica italiana si chiama Forza Italia. Per rilanciare il partito e svecchiare l’esperienza del Popolo della Libertà, Silvio Berlusconi ha deciso di puntare sull’usato sicuro. Tra qualche giorno una grande celebrazione rilancerà il movimento nato un paio di decine di anni fa. Alla faccia del nuovismo.
Ma il Cavaliere fa bene. Da imprenditore di successo ha colto ancora una volta le esigenze del mercato. Perché in Italia la politica non è altro che una «continua, mera e sublime ricapitolazione», per dirla con le parole di Jorge da Burgos, il vecchio frate cieco del Nome della Rosa. Chissà, forse nelle segreterie di partito sono convinti che gli elettori abbiano bisogno di sicurezze. Ecco perché nonostante tutto – vedi la nascita del Movimento Cinque Stelle – lo spartito si ripete quasi all’infinito.
Prima, seconda, terza Repubblica. A seguire con attenzione le cronache parlamentari si corre il rischio di perdere il senso del tempo. Il governo è in balia dei guai giudiziari di Silvio Berlusconi? Accade oggi, accadeva dieci anni fa. Della nascita di Forza Italia già si è detto. Nel frattempo stamattina un informato retroscena rivelava l’incontro segreto tra il Cavaliere e il suo ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Forse pronti a una nuova intesa, l’ennesima. Nei Palazzi romani nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. È evidente che la legge sulla conservazione della massa non aveva nulla a vedere con la politica italiana di due secoli a venire. Ma lo spirito è proprio quello.
Come descrivere altrimenti la lunga discussione all’interno del Partito democratico? Il regolamento del congresso, la scelta della leadership, le primarie. Se ne parlava un anno fa, se ne parla ancora oggi. Passano i mesi e i governi, ma le polemiche sono sempre le stesse. Come uguali sono i protagonisti. Anzi, il protagonista: Matteo Renzi. La quintessenza della novità. Ormai sembra un paradosso. A forza di rappresentare il cambiamento il sindaco di Firenze rischia di ammuffire.
Del resto ai leader politici la gente si affeziona. Come si fa a sostituirli troppo rapidamente? Nel centrodestra il problema non si pone nemmeno. Il Cavaliere guida i suoi dal 1994. Kurt Cobain era ancora vivo e in Parlamento c’era il Movimento Sociale, tanto per fare qualche esempio. Sono passati venti anni e Berlusconi – in maniera più che legittima, ci mancherebbe – è ancora lì. L’aspetto curioso della vicenda è che anche quando qualcuno si azzarda a pensare al futuro, non si riesce a sfuggire dalla nota logica gattopardesca. Il nome più accreditato per la successione dell’anziano leader? La figlia Marina. Un’altra Berlusconi.
Intanto il senso di déjà vu è sempre più forte. Chi ricorda l’ultima campagna elettorale? Promesse, progetti, speranze. Il governo del cambiamento. Alla fine alleanze forzose erano e alleanze forzose sono rimaste. L’analisi è superficiale, certo. Gli scenari sono ben diversi tra loro. Nel 2011 il governo tecnico di Monti si insediò per far fronte a un’emergenza, qualche mese fa l’esecutivo Letta è nato per sbloccare lo stallo istituzionale scaturito dal voto. Eppure il ritornello è sempre lo stesso. Pd e Pdl costretti a convivere, seppure a malincuore. Tutti pronti a minacciare la crisi di governo, tutti lì a cercare di influenzare le scelte dell’esecutivo.
Un teatrino già visto, sotto lo sguardo vigile e preoccupato del presidente della Repubblica. Dall’alto del Colle Giorgio Napolitano segue le vicende della politica, apprezzato e stimato da tutti. E per non essere da meno, lo fa anche lui da un bel po’. Al Quirinale ci è salito più di sette anni fa. La scorsa primavera, al momento di votare un successore, il Parlamento in seduta comune è andato nel panico. Alla fine i partiti hanno chiesto al presidente di rimanere al suo posto. E lui per senso dello dovere ha accettato. L’ennesimo ritorno al futuro.