Uscire dall’euro, la grande utopia degli euroscettici, è davvero possibile per i singoli paesi? Davvero provocherebbe un terremoto che travolgerebbe l’intera Eurozona? Per James A. Mirrlees, premio Nobel per l’economia nel 1996, se la crisi si aggrava ulteriormente, è una possibilità da prendere in considerazione. Il Nobel, che è stato ospite del Festival dell’economia di Trento, spiega come l’abbandono della moneta unica non sia una sparata populista: «Alla fine di una manifestazione piena di euro-entusiasti, arriva il cattivo della storia a lieto fine» dice scherzosamente.
Professore, cosa non ha funzionato nell’ euro? Perché le cose non sono andate come ci si aspettava?
Ma no, in fondo l’euro in sé ha funzionato come previsto, sono le performance dei singoli paesi che invece non sono andate come ci si aspettava, ampliando maggiormente il divario tra paesi nordici e tra paesi mediterranei. Bisogna però anche dire che quando l’euro è stato istituito, nessuno si aspettava una crisi di queste proporzioni.
Da molti euroscettici l’euro viene visto come l’origine di ogni male, ma come mai l’Italia degli anni’90 l’euro è stato, se non la soluzione temporanea di molti problemi, un modo per procrastinare le riforme necessarie?
Il caso italiano è estremamente particolare, dato che il vostro debito pubblico era molto più grande di quello degli altri paesi, anche di quelli mediterranei. Questi problemi però non hanno avuto effetti diretti sulla struttura dell’ euro, ma sui suoi tassi di cambio e questo è stato specialmente all’inizio della sua introduzione. Sarà anche servito nella sua fase iniziale, ma non mi sembra che l’Italia ne abbia tratto beneficio, né in termini di crescita, né per la riduzione del debito.
Quindi secondo lei ci sono dei problemi che vengono da lontano. Ci sono secondo lei delle azioni urgenti da intraprendere?
Certamente: più sono veloci e su vasta scala, meglio sarà, dato il periodo difficile. Tanto per cominciare, bisogna allentare momentaneamente i vincoli di bilancio dell’eurozona, a costo di aumentare il deficit. Seconda cosa, la Bce dovrebbe fare altre iniezioni di liquidità sui mercati. Insomma, una politica monetaria molto espansiva, aumentando anche l’acquisto dei titoli di stato. Ma non penso che la Germania lo consentirà: non tollererebbe né un momentaneo aumento dell’ inflazione, né di dover contribuire con maggiore liquidità al capitale della Bce.
Al momento quindi lei ritiene che il fiscal compact sia troppo severo e restrittivo per i paesi indebitati e in recessione, come Italia, Spagna e Grecia?
Ovvio, e sono contento che il mio paese, la Gran Bretagna, abbia deciso di non ratificarlo. È impossibile crescere con delle regole così rigide di stabilità. Se la situazione continuasse così, con un quadro sociale esplosivo di disoccupazione e austerity, ai paesi mediterranei converrebbe uscire dall’euro.
Infine, lei che consigli darebbe al governo italiano per quel che riguarda il prossimo vertice europeo di giugno?
Nonostante tutto, se possibile, proverei a centrare gli obiettivi. Se ciò non fosse possibile, bisogna che l’Italia faccia fronte comune con Francia, Spagna e Grecia per chiedere la fine dell’austerità mediante una politica economica espansiva.