Un coro in fila per sei col resto di due

Zecchino d'oro. Compie 60 anni l’Antoniano di Bologna, 50 anni il piccolo Coro

C’è una ragazzina leggera, che suona Chopin con le sue dita quattordicenni, per dare un tono musicale e arioso al giorno in cui, giusto giusto sessant’anni fa, al numero tre di via Guinizelli, Bologna dava il via alla costruzione di quello che ancor oggi è per tutti semplicemente l’Antoniano. E che il breve discorso di benvenuto sia stato pronunciato dal commendator Zecchini forse è più che soltanto una coincidenza.

Sono decine, sparsi in ogni città, i luoghi volti all’accoglienza e alla solidarietà, ma quello lì, a Bologna, ha un’aria tutta speciale, oltre a quella di Chopin, forse perché le porte della casa si aprirono quasi in contemporanea con le primissime trasmissioni della Rai, che all’Antoniano ha registrato alcune delle sue ore più belle. Forse perché ebbe da subito lo sguardo rivolto ai bambini, l’Antoniano di Bologna, a cominciare da quella ragazzina leggera e dalle dita lievi e musicali, che di nome faceva Mariele e lì dentro avrebbe trascorso gran parte della vita.

Mariele Ventre nel 1969. Fu la fondatrice del Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna, che diresse per oltre trent’anni © Antoniano
Non fu un caso se Cino Tortorella, attore di teatro prestato al piccolo schermo, nei primissimi anni Sessanta impacchettò il suo Zecchino d’oro – zecchino, come il commendator Zecchini – e da corso Sempione lo portò sotto le torri, proprio in quella via Guinizelli. E non fu un caso se, a cinquant’anni da noi, Mariele Ventre ormai cresciuta, ma sempre leggera e musicale, raccolse i sorrisi di cinque bambini, li mise in semicerchio dal più alto al più basso in ordine di altezza e dal più basso al più alto per colore della voce, lasciando che il Piccolo Coro dell’Antoniano strillasse il suo primo vagito, che un vagito intonato così è cosa rara più che mai. Ne venne fuori un pulcino ballerino, che per primo se ne uscì dallo spartito per entrare saltellando nella fantasia di tutti noi: chi bambino lo era allora, chi lo è adesso e chi lo sarà per sempre, almeno al sentir quelle note.

Lucilla, per esempio, che oggi è una ragazzona piena di sole, ma nel 2002 era una bambina allegra e intonata e trascorse un’intensa settimana a Bologna, con i suoi nuovi amici del coro e il bel compito di cantare, in diretta tivù, una canzone in concorso. Poco importa che in classifica sia finita chissà dove, la sua canzone: nemmeno ci pensa, alla classifica, ma subito il sorriso le si illumina al ricordo di tutti i bambini come lei, intorno a lei, per i tanti ritornelli del caso. Che poi anche loro, ormai, saranno diventati ragazzoni così. Ricorda quelli venuti da lontano, lei che arrivando da Napoli credeva di aver percorso in treno l’intero giro del mondo… Invece eccoti un israeliano, un francese, una irlandese, poi una bengalese, un’ucraina, un argentino e chissà, tra loro forse pure Popoff… Come facessero a cantare così in una lingua straniera nessuno lo sa. O probabilmente è il segreto della maestra, che dalla scomparsa di Mariele si chiama Sabrina ed è anche lei leggera così.

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Lucilla Minervini canta allo Zecchino d’oro la canzone Per un amico. 45esima edizione, 2002

Ricorda, Lucilla, che imparare il testo della canzone, aggiungerci il ritmo, azzeccare la tonalità, magari pure far finta di non notare le macchine da presa senza chiedersi il coccodrillo come fa, fu quasi naturale e persino divertente, in un ambiente dove anche la cosa più complicata si costruisce giocando. O forse è meglio dire cantando…

Mi si dice che è ancora così, Lucilla, anche oggi che sono trascorsi cinquant’anni di coro, di canzoni e di lucille piccine come eri piccola tu. Me lo assicura Gianfranco Fasano, prolifico autore di brani che molti di noi hanno canticchiato ai loro bambini, goccia dopo goccia nella vasca da bagno, durante un viaggio a cavallo di un katalicammello oppure facendo la doccia col cappotto, cicche-ciak. Non si dice in giro, né ci si pensa mai a chi ha messo insieme i quarantaquattro gatti o chi ne volesse uno nero, scrivendo sul rigo una nota accanto all’altra. Ma gli autori sono dietro ogni spartito, e che autori, proprio come il fortissimissimo Gianfranco, che chissà cosa canta, lui, nella vasca da bagno…

Adriano Celentano allo Zecchino d’oro nel 1964 © Antoniano

Autori che dal coro si fanno cullare volentieri: affidano la musica alle cinquantotto voci dei bambini di oggi e lasciano che le loro canzoni diventino di tutti noi. L’arrangiamento a volte parte da un singhiozzo involontario, da una risata sfuggita, purché intonata, o dal ciondolare ritmico di un marmocchio.
Provò a entrare nel Piccolo Coro già da bambino, Gianfranco, alla fine degli anni Sessanta, ma niente. Non fu preso perché non è facile far parte di quel gruppo, nemmeno se da grande farai il musicista vero. Ma il sogno di un bambino a volte sboccia da adulto e negli ultimi vent’anni Gianfranco qualche zecchino se l’è meritato, dentro tante canzoni, tra le musiche e le parole, nelle tracce dei dischi.

E festeggerà anche lui già di prima mattina, perché presto comincerà, il giorno del compleanno dell’Antoniano, con una sveglia birichina a dare il buongiorno e un caffè della Peppina a interrompere l’ultimo sogno. Così come comincerà presto anche il compleanno del coro di Mariele e Sabrina e tanti auguri a te! Come ogni giorno, da cinquant’anni in qua, che messi in fila per sei hanno il resto di due.

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