Egitto, ancora scontri: “La polizia ci spara addosso”

Il colpo di stato e la guerriglia

Il Cairo – Dopo la strage del 26 luglio che ha causato oltre 80 vittime, gli islamisti hanno mostrato decine di video, proiettili e gas lacrimogeni che inchiodano la polizia alle sue responsabilità. Nonostante esistano due narrative opposte. I primi ad essere stigmatizzati come responsabili della strage sono i baltagi (criminali).

Ma chi sono i baltagi? Linkiesta ha partecipato alla conferenza stampa in cui la Fratellanza ha mostrato le prove della colpevolezza della polizia. Ricominciano le urla contro l’esercito e a favore degli islamisti nella sala. Si vedono decine di corpi, coperti da lenzuola bianche. Alla vista di quei cadaveri e dopo il racconto agghiacciante di un politico, molti piangono. Il clima è cambiato e cresce tristezza e rassegnazione. Ma i primi ad essere colpevolizzati sono gli uomini controllati dalla polizia: i baltagi appunto.

Il termine è molto vago e si riferisce a piccoli teppisti, veri camorristi che infestano le strade egiziane in momenti caotici. Negli anni Ottanta e Novanta i baltagi erano i terroristi islamici, responsabili soprattutto di attentati in luoghi frequentati da turisti. Dalle rivolte del 2011 ci si riferisce a queste figure come di affiliati al Partito nazionale democratico, pagati per innescare violenze e diffondere il caos. Per questo, quando il 28 gennaio 2011, la polizia scomparve dalle strade del Cairo, fecero la loro comparsa figure leggendarie come Sarsa, Hanata, Tareq Matua: uomini metà reali e metà leggendari. Si trattava di boss di quartiere che posseggono piccole attività commerciali o danno lavoro a bambini non scolarizzati o a giovani disoccupati. Si concentrano soprattutto in zone popolari e in alcuni vicoli del quartiere di Sayeda Zeinab, ma ogni rione ha i suoi criminali.

Nelle violenze di piazza del 2011, quando nel cuore della notte scoppiavano gli scontri in piazza Tahrir, si parlava della loro presenza (o di quella di poliziotti in borghese) infiltrati nella folla. I baltagi figurano tra i responsabili della battaglia dei Cammelli del 2 febbraio 2011, quando i manifestanti anti-Mubarak vennero assaliti con cavalli e cammelli e il lancio di bombe molotov.

Il termine baltagi oggi sembra tornare ad avere un’accezione più ampia: secondo i sostenitori di El Sisi, comandante in capo delle Forze Armate egiziane, sono da considerare baltagi, cioè criminali, gli islamisti che di notte marciano da Rabaa verso piazza Tahrir. Dal fronte opposto, cioè per i Fratelli musulmani, sono baltagi gli agenti di polizia che sparano indiscriminatamente sui loro sostenitori o si servono, per farlo, di piccoli delinquenti pagati da loro. Nella narrativa dei Fratelli musulmani i responsabili degli attacchi del 26 luglio scorso sono definiti baltagi. 

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Proprio nel centro stampa antistante l’ingresso per le donne della moschea di Rabaa si trova Mohamed Beltagi, Segretario generale del Partito dei Fratelli musulmani, Libertà e giustizia. Beltagi, 50 anni, è stato parlamentare dal 2005 al 2010. Dopo aver subito censure e arresti negli anni di presidenza Mubarak, il 10 luglio scorso è stato spiccato nei suoi confronti un mandato di arresto da parte del procuratore generale Hesham Barakat. Pochi giorni dopo è stato disposto il congelamento dei suoi beni.

Cos’è successo a Rabaa la notte del 26 luglio?
(inizia ad urlare, è molto nervoso) Cos’è successo? È accaduto che persone innocenti sono state attaccate da baltagi e polizia: vogliono ucciderci tutti ma noi da qui non ci muoveremo. Hanno sparato e li hanno colpiti alla testa e alle gambe, come degli animali, non avevano intenzione di risparmiare nessuno: pagheranno per questo.

Come sta l’ex presidente Morsi?
Morsi sta subendo pressioni fisiche e morali da parte dei militari affinché accetti il colpo di stato e perché approvi elezioni presidenziali anticipate. In altre parole, gli chiedono una sorta di via libera al golpe. È uno scandalo per la comunità internazionale che un presidente eletto liberamente sia stato preso in ostaggio e che nessuno sappia dove sia, in assenza di prove nei suoi confronti. Neppure sua moglie né il suo medico sanno dove si trovi.

Qual è stato il vostro principale errore in un anno di governo?
Abbiamo avuto fiducia nel ministero dell’Interno, speravamo di cambiare il sistema con il tempo. Invece lo stato profondo, dall’esercito alla burocrazia pubblica, lavoravano contro di noi.

A questo punto pare che i nasseristi abbiano acquisito un nuovo peso all’interno dell’esercito.
Non so se Abdel Fattah El-Sisi, che è anche l’attuale ministro della Difesa sia o meno un nasserista. Di sicuro si sta comportando come Gamal Abdel Nasser. Ha ideato un colpo di stato militare, fermando la transizione democratica, questo ricorda il modo in cui gli Ufficiali liberi hanno gestito il potere tra il 1952 e il 1954.

Ma il nuovo governo sembra avere aspirazioni sociali mentre voi siete stati maestri di liberismo?
Abbiamo sostenuto il welfare pubblico. Con questo esecutivo si torna indietro ai tempi di Mubarak con un controllo monopolistico da parte di un nucleo di businessman. È possibile che all’inizio il nuovo governo faccia delle concessioni sociali per dimostrare buone intenzioni, ma nel lungo periodo torneranno i miliardari del vecchio regime come prima. Ad esempio, avevamo approvato dei regolamenti per riformare i salari di medici e insegnanti. La prima cosa che hanno fatto i militari in queste due settimane al potere è stata cancellare queste norme e accrescere i loro privilegi. Non è un caso che tutto questo sia avvenuto il 30 giugno: il primo luglio inizia il nuovo anno finanziario e si può riallocare il budget pubblico.

Il colpo di stato del 3 luglio era stato pianificato da tempo?
Quando Mubarak ha lasciato il potere (11 febbraio 2011, ndr), i militari volevano imporre il vice-premier Omar Suleiman (morto nel 2012 negli Stati Uniti, ndr) come suo successore, hanno tentato poi con Shafiq. Ma sono stati colti di sorpresa dal risultato di elezioni democratiche. In accordo con la comunità internazionale e uomini del vecchio regime, avrebbero voluto falsificare il voto. Ora credono fermamente che sia un errore tenere libere elezioni.

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Una volta stabilite le responsabilità dell’esercito nell’uso della violenza, è utile aggiungere che i Fratelli hanno fallito l’occasione di governare l’Egitto e non hanno accontentato la diffusa richiesta di giustizia sociale che cresce nel Paese. Per questo, un gruppo di giovani poco lontano da Rabaa è già pronto a scegliere una terza via: piazza Ittihadeya (il palazzo presidenziale). Lì si raccoglie chi non è né con Morsi né con l’esercito, ma per ora si tratta di un nugolo di manifestanti, motivati dal poeta Ahmed Foad Nigm.
 

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