Si apre oggi la due giorni delle banche centrali più importante degli ultimi mesi. Da un lato la Federal Reserve americana, dall’altro la Banca centrale europea. In mezzo un’economia globale che ancora cerca una stabilità dopo il terremoto provocato dai mutui subprime sul mercato immobiliare statunitense e dalla crisi della zona euro, che ha portato al salvataggio in serie di Grecia, Irlanda, Portogallo, banche spagnole e Cipro. Proprio per questo non è ancora arrivato il momento per una politica monetaria più restrittiva. Quella, semmai, arriverà più avanti, secondo le indicazioni che daranno nelle prossime 48 ore Fed e Bce.
Il primo appuntamento è quello con la Fed e il futuro della terza versione del Quantitative Easing (QE3). Dopo aver apertamente parlato di riduzione degli acquisti sul mercato secondario di Mortgage-backed security (Mbs), il presidente della banca centrale americana potrebbe continuare con la forward guidance, ovvero indicazioni prospettiche per gli investitori. Così facendo Bernanke potrebbe preparare il campo per quello che succederà fra agosto e settembre, quando dovrebbe arrivare l’annuncio ufficiale del tapering del QE3, cioè il suo assottigliamento rispetto all’attuale livello di acquisti, 85 miliardi di dollari al mese. Le indicazioni degli operatori finanziari vedono già un calo della potenza di fuoco del QE3, probabilmente fra i 65 e i 55 miliardi di dollari al mese, nonostante le condizioni macroeconomiche statunitensi siano ancora fragili e deboli. Come ha ricordato Bernanke durante il suo ultimo intervento pubblico, il pericolo numero uno è quello della disoccupazione, che deve scendere ancora, rispetto all’attuale livello, intorno al 7,5 per cento. In ogni caso, quello che è certo è che un tapering del QE3 avverrà. Non si sa quando e questo fattore, come avvertono Bank of America-Merrill Lynch e Goldman Sachs, potrebbe innervosire gli operatori. Se il messaggio di Bernanke fosse ambiguo, spiegano le banche d’investimento americane, la volatilità potrebbe rifarsi viva a Wall Street, complici i volumi ridotti tipici dell’estate.
Poi, toccherà alla Bce. Le aspettative non sono per un nuova sforbiciata ai tassi d’interesse, dato che il meccanismo di trasmissione della politica monetaria è ancora rotto. Di contro, ci saranno alcune novità che potrebbero essere ben accette dagli investitori. Per la prima volta nella storia la banca centrale guidata da Mario Draghi pubblicherà i verbali delle riunione del consiglio direttivo, sull’onda della Fed e della Bank of England. Sarà quindi l’occasione per comprendere fino a che punto il tanto vituperato oltranzismo tedesco è tale. L’operazione trasparenza dell’Eurotower sarà però anche utile per comprendere a che punto stanno le discussioni sull’uscita dal regime straordinario di liquidità all’interno dell’area euro e in che modo la Bce sta preparando le prossime mosse, come il possibile taglio del tasso d’interesse sui depositi. Non solo. La Bce ha annunciato di voler anche pubblicare i dati dettagliati dell’uso dell’Emergency liquidity assistance (Ela), il programma emergenziale di liquidità usato per sostenere le banche dell’eurozona in crisi, trasferendo sulle banche centrali nazionali di competenza i rischi di controparte. Traduzione: si saprà nei minimi dettagli quanta liquidità è stata utilizzata in maniera non convenzionale, tramite le operazioni di rifinanziamento ordinarie. Un modo per mettere pressione ai governi poco virtuosi sul fronte del consolidamento fiscale? Probabilmente.
Come nel caso della Fed, gli interventi della Bce sono da considerarsi come parte della forward guidance iniziata con l’ultimo meeting, quello del 4 luglio scorso. Indicazioni chiare, decise, nette. È questo quello che vuole fare Draghi per tranquillizzare ancora una volta gli investitori internazionali sulla capacità dell’Eurotower di essere lungimirante. L’obiettivo è cogliere al meglio i segnali che arrivano sia dai mercati finanziari sia dall’economia reale. Dal punto di vista dei primi, si nota una certa stabilizzazione nel settore dei Money markets fund (Mmf) statunitensi, che continuano in giugno il trend positivo di un ritorno all’esposizione sulle banche europee. Sebbene siano ancora i livelli di due anni fa, le quote sono in aumento rispetto al giugno 2012.
Tra la Fed e la Bce ci sono tutte le altre banche centrali, come Bank of England e Bank of Japan. Entrambe continueranno con le politiche monetarie espansive. La prima per contrastare la fragilità dell’economia britannica, la seconda per continuare con l’Abenomics, la nuova strategia economica del premier Shinzō Abe che prevede il raddoppio della base monetaria. Il regime di liquidità eccezionale non è ancora finito, quindi. Gli investitori si attendono un atteggiamento da colombe, invece che da falchi, per Bce e Fed. In altre parole, con tutti i rischi al ribasso che sta ancora vivendo l’economia globale, sarebbe assurdo deviare dall’attuale strada. Specie considerando tutte le incognite legate alla Cina e ai suoi squilibri interni, ovvero il prossimo problema che dovranno affrontare le banche centrali mondiali.