Swift, “Giusto non pagare le tasse se sono troppo alte”

L’autore de “I Viaggi di Gulliver”

Se ci sono troppe tasse, il cittadino proverà ad evaderle. Quello che detto oggi sembrerebbe un incentivo all’evasione, magari se detto durante il comizio di un leader populista, era l’opinione di Jonathan Swift, in uno scritto datato 29 marzo 1728; anche se i dati deludenti sul gettito Imu dello scorso anno sembrerebbero confermare la tesi dell’autore de “I viaggi di Gulliver”. E nella terra di Swift, l’Irlanda, c’erano molti motivi per evadere: la discriminazione dei cattolici, un quarto del Pil che ogni finiva nelle tasche dei latifondisti inglesi e l’assoluta mancanza d’investimenti nelle infrastrutture e nei servizi. Il vescovo di Cloyne George Berkeley si chiedeva «come fosse concepibile per uno straniero che si morisse di fame in una terra così ricca di cibo». Al Parlamento di Dublino, allora organo fantoccio del governo britannico, venne presentato un disegno di legge per abbassare il prezzo del grano usando la leva fiscale. Come? Semplicemente, ponendo forti dazi sulle importazioni su beni apparentemente voluttuari come i vini francesi, in realtà indispensabili per celebrare le Messe cattoliche. L’anglicano Swift, per quanto all’inizio degli anni Venti del Settecento avesse aderito a un appello per favorire il consumo di prodotti irlandesi, stavolta ritenne che la misura fosse colma. E così scrisse un breve pamphlet intitolato «Una risposta a un appello intitolato “Un memoriale dei poveri abitanti, dei commercianti e dei lavoratori del Regno d’Irlanda”». All’interno di questo scritto Swift esprimeva tutto il suo scetticismo sulle misure proposte:

«Il vostro piano di una tassa per tirare su una somma del genere è completamente campato in aria, in più ha un deficit di conoscenza dello stato miserevole di questo paese. Thè, caffè, zucchero, vino, spezie e abiti stranieri: questi sono i generi che menzionate e su cui, secondo voi, andrebbero alzate le tasse.
Ve lo concederei sui primi due, perché sono nocivi. E anche per gli abiti stranieri, perché sarei molto felice se questi venissero bruciati tutti. Ma vi pregherei di lasciarci il vino, per farci dimenticare per un po’ le nostre miserie; o almeno lasciate fare un po’ di birra ai nostri coloni.
Ma lasciate che vi riveli un segreto, che ho saputo molti anni fa dai commissari alle dogane di Londra: loro mi dissero, quando qualsiasi bene veniva tassato oltre un certo limite, la conseguenza era che le entrate relative calavano della metà; e uno di questi gentiluomini mi disse in modo amichevole, che l’errore fatto dai Parlamenti in questo caso era di fare l’errore di conto, per cui due più due fa quattro. Mentre, laddove si debbano mettere nuove tasse, due più due non fa mai più di uno. E quando questo accade diminuiscono le importazioni e rimane forte la tentazione di trattare con un’alta tassazione.
Infine in questo Regno, le donne sono vane e stravaganti come i loro mariti e amanti meritano, e così gli uomini sono spesso carichi di vino; ma anche adesso, il numero di chi può affrontare tutte queste spese è così ridotto, che la maggior parte dovrà negarsi questi svaghi, e pertanto le tasse e i dazi andrebbero diminuiti anziché aumentati.
Ma senza forzare questa argomentazione, raccogliere una somma così straordinaria come quella di centomila sterline in un colpo solo (per la quale non si esita nemmeno di fronte alla fame) sarebbe come se, in proporzione, venisse raccolto un milione e mezzo di sterline in Inghilterra, che, stando le cose come adesso, metterebbe in seria difficoltà economica anche un regno così opulento».

In questo suo lavoro quindi l’autore voleva mettere in luce tutte le difficoltà razionali dell’Irlanda, per far capire agli inglesi come i suoi problemi fossero di non facile soluzione. L’anno successivo 1729 invece, avrebbe scelto una via più caustica per descrivere una possibile soluzione. Scrivendo «Una modesta proposta», dove ipotizzava la vendita dei bambini irlandesi come cibo per i ricchi possidenti inglesi. Ma anche con una satira così sferzante, i problemi irlandesi rimasero insoluti per molti anni ancora.

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