Ecco perché in Italia conviene il semipresidenzialismo

Letta faccia come Mitterand

Enrico Letta ha gettato la sfida: legge elettorale entro ottobre. Come sempre superare le “Colonne d’Ercole” per giungere a un nuovo dispositivo che cancelli l’odiato “Porcellum” rende perigliosa la navigazione di qualsiasi Esecutivo. Vale anche per il Capo del Governo seppur cittadino di un ex Repubblica Marinara. Il problema a monte è un altro. La legge elettorale è solo una parte – importante ma non basilare – dell’architettura politico- istituzionale del paese. L’errore dei governanti italici è di accapigliarsi su questo aspetto senza andare al nocciolo della questione.

Lasciando stare i “sacerdoti” della difesa ad oltranza della Costituzione (che ad ogni modo nessuno vuole toccare nelle sue fondamenta di difesa delle libertà), il punto chiaro e netto sta nella volontà di voler dare un colpo di acceleratore a questo paese. Il sistema parlamentare perfetto ha fatto il suo tempo, ha il fiato corto; i parlamentari si trovano a dover decidere importanti riforme – come ad esempio in tema di giustizia – e al contempo ratificare provvedimenti che dovrebbero avere ben altra natura.

Ne va dei lavori delle Camere ma anche, e soprattutto, dell’Esecutivo. Parlare di semipresidenzialismo alla francese in Italia sembra spesso paragonabile alla pronuncia di una bestemmia. La più gentile accusa è di essere piduista, amico di Gelli, volenteroso seguace del Piano di Rinascita Democratica e via di seguito. Ma le riserve – come le bugie di Pinocchio – hanno le gambe corte. Il sistema costituzionale francese dimostra – dal 1958 – la sua vitalità ed attualità.

È stato digerito e plasmato dai socialisti, partendo da Mitterand e giungendo ai tempi odierni con il grigio Hollande. Tanto più vero che la legge elettorale è una parte –importante ma non basilare- dell’architettura che lo stesso Mitterand con una mossa machiavellica delle sue promosse il cambiamento del sistema di voto introducendo il proporzionale – subito abbandonato – per portare un vantaggio ai suoi garofani a danno dei neogollisti. Giovanni Bognetti, maestro del Diritto Pubblico comparato in Italia, nel 1998 pubblicò un libretto con “Il Sole 24 Ore” dal titolo “Semipresidenzialismo” contenente due interviste – pro e contro – a Cesare Salvi e Domenico Fisichella. Erano i tempi della bicamerale, le speranze erano ancora alte perché il paese svoltasse.

Le riflessioni a favore di un cambio in senso semipresidenziale sono ancora tutte valide e dimostrano l’urgenza di una presa d’atto. Nel frattempo Letta potrebbe già compiere un gesto storico. Proponga un disegno di legge costituzionale che introduca anche in Italia l’articolo 34 presente nell’attuale Costituzione francese. Cosa esso prevede? Semplice. “La legge è votata dal Parlamento” ed è la premessa. Segue un elenco approfondito delle norme che sono di stretta competenza e approvazione parlamentare.

Solo come esempio: diritti civici, garanzie fondamentali, esercizio delle pubbliche libertà, oneri imposti alla difesa nazionale, determinazione crimini e delitti e conseguenti pene. Amnistia, procedura penale, statuto magistrati, regime elettorale, creazione di categorie di enti pubblici, nazionalizzazione imprese, autonomia enti locali, organizzazione generale della difesa, diritto del lavoro, sindacale, leggi di carattere finanziario e di programma economico.

Per tutto il resto non compreso nell’elenco? Ecco giungere l’articolo 37 della Costituzione transalpina: “le materie diverse da quelle riservate alla legge hanno natura regolamentare”. Ergo di competenza dell’Esecutivo. Vuoi mettere un governo che non più costretto a far approvare dai due rami del Parlamento – solo a titolo di esempio – i limiti per la pesca dei tonni o altre questioni che portano via tempo prezioso ai lavori parlamentari? Perché il Parlamento non è inutile, non è da abbandonare. Anzi, è da valorizzare. E chi lo aveva ben chiaro è guarda caso chi viene accusato di essere il suo “nemico”: il Generale.

Twitter: @edoardocaprino

X