Il dialogo tra Lega Nord e Movimento Cinque Stelle non è solo “un temporale d’estate”, ma qualcosa di più “concreto” che potrebbe presto sfociare in un asse di ferro in vista delle prossime elezioni europee. È quanto trapela tra i corridoi di una via Bellerio, sede del Carroccio, dopo l’anticipazione del Corriere della Sera, in un clima ancora vacanziero, ma con le storiche stanze padane che si apprestano lunedì ad accogliere una segreteria politica dove potrebbero essere fissate le basi del nuovo corso leghista. E mettere per sempre in soffitta l’asse del Nord, con Silvio Berlusconi appeso a una sentenza che potrebbe cancellarlo dalla vita politica.
Umberto Bossi, ex leader, lo ha detto: «L’alleanza con il Pdl non è automatica, potremmo andare da soli come nel 1996». I pompieri come Roberto Calderoli sono subito corsi in soccorso, sentendo già echi di rivolta nelle regioni governate con Berlusconi. Ma Gianni Fava, assessore lombardo all’Agricoltura, ha messo le mani avanti: «Non mi dispiacerebbe un’alleanza con Grillo: un asse Lega-5 Stelle che sostenevo anche in tempi non sospetti».
Del resto il dialogo tra i due movimenti di Roberto Maroni e Beppe Grillo va avanti da diversi mesi. Non sono state solo le parole del comico genovese durante la stagione degli scandali («Bossi non ruba» disse Grillo) a rendere possibile alcune chiacchierate informali tra leghisti e cinquestellati. C’è chi come Gianluca Pini, vicecapogruppo alla Camera, da tempo discute con diversi deputati grillini.
È il più «accreditato», anche perché dà spesso consigli sulle regole parlamentari. E in questi mesi ha trovato diversi interlocutori «validi» come Luigi Di Maio, Giuseppe D’Ambrosio, Francesca Businarolo, Manlio Di Stefano, Alessandro Di Battista e Carlo Sibilia. E gli argomenti su cui discutere sono diversi, dalla riforma della giustizia, ai costi della pubblica amministrazione, federalismo fiscale, costi standard e senato federale.
In sostanza c’è molta carne al fuoco, anche se al momento rimane tutto sulla carta. La Lega cerca una nuova identità, tra le baruffe agostane di Flavio Tosi e Bossi. E qualcosa sembra essere cambiato, se anche quello che era il garante dell’asse del Nord cioè l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, viene inserito in quella pattuglia di senatori che potrebbero votare perché il governo vada avanti. E se dalle parti dei grillini tutto tace, ci ha pensato Fava, maroniano di ferro e barbaro sognante proprio come Pini, in un’intervista all’Adnkronos, a rivelare nero su bianco la disaffezione dal Popolo della Libertà di Berlusconi.
«Mi sembra» spiega Fava «che i fatti degli ultimi mesi ci abbiano allontanati dal Pdl, si pensi solo allo ‘svuota-carceri’ o alla farsa sull’Iva. Si tratta di vicende che vanno chiarite. Certo, se il Pdl prendesse le distanze e chiarisse di aver agito sotto ricatto del Pd, sarebbe un buon modo per riprendere un dialogo che esiste a livello territorale, ma che a livello nazionale è assente». Di certo, ammette «non do nulla per scontato, un’allenza in futuro è possibile ma non automatica».
Sono le stesse parole di Bossi, per un inedito e forse primo riavvicinamento tra maroniani e bossiani dopo le battaglie degli ultimi giorni. Maroni, intanto, continua a restare in silenzio. Si dice che non sia molto contento della fase politica attuale e che osservi da lontano la situazione politica con una certa preoccupazione. Uno spostamento dal Pdl a M5s creerebbe non pochi problemi alla giunta lombarda, come a quelle di Piemonte e Veneto.
Lo stesso Alessandro Alfieri, consigliere regionale del Partito Democratico in Lombardia stuzzica il governatore: «Piuttosto che chiedere a Letta di tornare alle urne, il Carroccio si prepari a chiudere l’esperienza con il Pdl in Lombardia e si candidi con il M5S a cominciare da qui”. E poi: «Sarebbe interessante» prosegue Alfieri «capire se Maroni la pensa allo stesso modo, visto che Fava viene considerato un suo fedelissimo».