Quasi amici, quando la politica italiana ammirava Assad

Come si cambia

Altro che feroce tiranno. Fino a pochi anni fa i politici italiani consideravano il presidente siriano Bashar al Assad un illuminato statista. Invitato con tutti gli onori in Campidoglio e al Quirinale. Ambito ospite del Parlamento italiano. Non a caso la prima visita ufficiale del leader di Damasco dopo l’11 settembre 2001 è stata organizzata proprio a Roma. Di quel rapporto di stima reciproca restano i discorsi delle nostre massime istituzioni. I ringraziamenti alla Siria, considerata l’attore protagonista nel processo di pace del Medio Oriente. I continui attestati di sincera amicizia. Ma anche gli apprezzamenti per «la modernizzazione» impressa da Assad al proprio Paese. Solo tre anni fa il presidente Napolitano nominava il leader siriano cavaliere di gran croce. Un riconoscimento conferito al termine di una visita ufficiale in Siria – la prima di un capo di Stato italiano – in cui non era mancato il plauso per la laicità e la libertà di vedute del governo di Damasco. Onorificenza, è bene ricordare, ritirata per indegnità due anni più tardi.

Nel febbraio del 2002 Bashar al Assad arriva a Roma alla guida di una delegazione di 164 membri. È salito al potere da poco meno di due anni, succedendo al padre. È il suo primo viaggio ufficiale dopo l’attentato alle torri gemelle. Le cronache dell’epoca raccontano il pranzo ufficiale al Quirinale, alla presenza del presidente Carlo Azeglio Ciampi. Ma anche un incontro con il premier Silvio Berlusconi e una visita al sindaco Walter Veltroni. Che come ricordano le agenzie di stampa di quel giorno «gli dà il benvenuto a nome della città».

Il Parlamento non è da meno. A tributare un convinto applauso di benvenuto in Italia alla consorte di Assad è l’aula di Palazzo Madama. Curiosa di seguire una seduta del Senato, la moglie del presidente siriano si affaccia dalle tribune durante una seduta parlamentare. «È presente nelle nostre tribune madame Asma el Assad – il presidente di turno Roberto Calderoli interrompe subito la discussione – che a nome di tutta l’Assemblea intendo salutare». E giù a battere le mani.

In onore del marito, dopo una visita a Montecitorio di cui ancora restano le sorridenti foto ricordo assieme al presidente Pier Ferdinando Casini, quella sera viene offerta una cena di gala. Al momento del brindisi, l’allora presidente del Senato Marcello Pera lo omaggia così: «Sono molto lieto di accoglierLa a Palazzo Giustiniani. Lo sono, in maniera particolare, perché Lei è il rappresentante di un popolo amico dell’Italia, mediterraneo come il nostro, che ha alle spalle un’antichissima civiltà. Questo rende più agevole la cooperazione tra le nostre Nazioni, a beneficio della pace e della stabilità del mondo intero». Assad non è considerato un dittatore, né il suo governo un regime. Semmai un baluardo di stabilità per tutta la regione. «Mi riferisco alla situazione in Medio Oriente – continua Pera – dove il suo Paese svolge un ruolo importante nel processo di pace». Per non parlare degli indubbi progressi di Damasco. Uno «sforzo di modernizzazione che Lei, signor presidente, sta imprimendo al suo paese».

Gli anni passano, i rapporti ufficiali – ma anche quelli commerciali – tra l’Italia e la Siria di Assad proseguono senza scossoni. Solleva qualche polemica nel 2007 la visita del ministro degli Esteri Massimo D’Alema a Damasco. In quel periodo i militari italiani sono impegnati nella missione delle Nazioni Unite in Libano. In Parlamento c’è chi riporta le indiscrezioni su un presunto «accordo segreto» tra Italia e il governo di Assad, «che impegnerebbe il nostro Paese a porre fine all’isolamento internazionale della Siria – così un’interrogazione parlamentare dell’attuale sottosegretario Jole Santelli – a patto che Hezbollah non compia attentati a danno del nostro contingente Unifil». 

La diplomazia non ne risente. L’anno successivo Asma al Assad torna a Roma, di nuovo ospite del Quirinale. Ma l’apice dei rapporti bilaterali è probabilmente la visita in Siria di Giorgio Napolitano nel marzo del 2010. La prima di un presidente italiano. Una missione di alcuni giorni, con la presenza del ministro degli Esteri Franco Frattini, «per contribuire al rafforzamento di relazioni già eccellenti tra i nostri due Paesi, che si collocano nel solco storico di una tradizionale amicizia e fiducia reciproca».

Sono passati solo tre anni da quel viaggio. Allora il giudizio sul “regime” di Assad era molto diverso. «Noi apprezziamo molte cose che caratterizzano questa regione – chiarisce Napolitano al suo arrivo – e vorrei dire subito, vedendo la presenza delle autorità religiose, che apprezziamo molto il fatto che qui in Siria ci sia rispetto per tutte le confessioni religiose, e rispetto anche per le comunità cristiane che purtroppo in altri luoghi sono oggetto di persecuzioni». Una riflessione che il capo dello Stato conferma anche durante il vertice con il presidente Assad. «Apprezziamo il modo in cui la Siria si caratterizza in quanto modello di stato laico non confessionale nel rispetto in particolare della libertà delle confessioni religiose, tra le quali anche le confessioni cristiane, e per la promozione del dialogo interreligioso.» Del resto i colloqui con le autorità siriane sono «improntati alla più schietta ed amichevole cordialità. Innanzitutto ci siamo soffermati sullo stato eccellente delle relazioni tra i nostri due paesi».

La Siria sembra confermarsi una garanzia per la stabilità dell’area. «Consideriamo essenziale – spiega il presidente italiano – il ruolo della Siria per il processo di pace in Medio Oriente e per la stabilizzazione dell’intera regione». Durante un brindisi in occasione del pranzo di Stato offerto da Assad, Napolitano sottolinea ancora «l’apprezzamento per l’esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medio Oriente, e per la tutela delle libertà assicurate alle antiche comunità cristiane qui residenti». Confermando la «profonda amicizia» tra l’Italia e il paese arabo.

Obblighi imposti dalla diplomazia? Forse sì. Dopotutto qualche anno prima anche il presidente francese Sarkozy aveva invitato il leader siriano alla parata del 14 luglio a Parigi. Intanto al termine di quella visita, il presidente nomina Assad cavaliere di gran croce, decorato di gran cordone dell’ordine al merito della Repubblica italiana. Un riconoscimento cancellato nel giro di due anni. Verso la fine della scorsa legislatura quasi tutti i gruppi parlamentari italiani chiedono la revoca per indegnità dell’onorificenza. La Commissione Affari Esteri della Camera approva una specifica risoluzione. A Damasco non battono ciglio. «In data 31 agosto 2012 – confermava qualche mese fa l’allora sottosegretario agli Esteri Marta Dassù – si è ottenuta la restituzione da parte delle autorità siriane delle insegne appartenute al Presidente Assad»… 

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