E’ stato incerto fino all’ultimo, Silvio Berlusconi, e nel pomeriggio, a un certo punto, chiuso nello studio di Arcore, ha pure valutato un discorso di pace, di resa, una dichiarazione che gli aveva scritto Fabrizio Cicchitto, consigliere cauto e prudente: «Non intendo aprire la crisi di governo, non ho mai chiesto ai miei parlamentari di dimettersi». Ma l’idea di perdere la libertà, lo sfregio della decadenza parlamentare, per tutto il giorno, sono tornati a gravare sui pensieri del Cavaliere tormentato, oscillante, circondato da una corte incline ad assecondarne sempre gli ultimi umori. Galera per galera, è meglio morire combattendo, tirando l’ultima incornata ai nemici. E quello di Berlusconi è dunque l’ultimo azzardo, l’ultima corsa d’una vita frenetica; cercherà di ottenere lo scioglimento delle camere da Giorgio Napolitano, scalcerà fino all’ultimo per impedire che si possa formare una nuova diversa maggioranza e dunque un nuovo governo capace di riformare la legge elettorale (cosa che lui teme moltissimo). «Non possiamo consentire a Berlusconi di fare male all’Italia, dovremo trovare una soluzione parlamentare per approvare la legge di stabilità e riformare la legge elettorale», dice Stefano Fassina, viceministro dell’Economia, leader laburista del Pd.
E s’intuisce che nei corridoi del partito democratico, nei conciliaboli tra i ministri e forse, persino nei colloqui tra Enrico Letta e Giorgio Napolitano, la parola “Letta bis” deve avere fatto capolino. Eppure gli ambienti di Palazzo Chigi sostengono che Letta non sarebbe disponibile, l’attuale presidente del Consiglio andrà alle Camere a chiedere la fiducia e se dovesse uscirne sfiduciato, com’è possibile, il presidente della Repubblica si metterebbe subito a lavoro per un governo istituzionale, un esecutivo di scopo, con l’obiettivo di riformare la legge elettorale. Il Pd troverebbe i voti tra gli scontenti del Pdl. I gruppi parlamentari del Pdl sono attraversati da un intenso tramestio, diffuso è il malumore e in molti, tra i deputati e i senatori, sanno di non essere destinati alla ricandidatura.
Dunque è possibile, verosimile, un fenomeno di smottamento, di erosione del Pdl, diviso per le lotte interne, squassato da sentimenti viscerali che dividono parte del ceto politico dai cosiddetti falchi, Verdini e Santanchè. «Se Forza Italia sarà controllata da Verdini, con Berlusconi in galera, metà degli attuali parlamentari non sarà ricandidata», dice un deputato del Pdl molto vicino ad Angelino Alfano. Ma Berlusconi ritiene difficile, se non impossibile, la formazione di una maggioranza raccogliticcia con frammenti di Pdl e, chissà, anche del Movimento 5 Stelle. Eppure il Cavaliere teme molto la riforma della legge elettorale: l’attuale sistema gli consente il controllo sulle liste e lo rassicura anche dal punto di vista del risultato, è infatti molto probabile che nuove elezioni con il porcellum replichino la stessa situazione di pareggio che si è verificata alle ultime elezioni. Con un nuovo pareggio, il Cavaliere – intanto passato da un lavacro elettorale – avrebbe, ovviamente, ancora, molta forza contrattuale, e anche qualora dovesse finire all’opposizione, come dicono alcuni dei suoi uomini: «Poco importa. E’ più difficile arrestare il capo dell’opposizione». E diventa cruciale, allora, ciò che accadrà nelle prossime ore e nei prossimi giorni al Quirinale. Riuscirà Napolitano a costruire una nuova maggioranza, anche per pochi mesi, al solo scopo di modificare la legge elettorale?