In Italia torna la paura della crisi di governo. Dopo l’abolizione dell’Imu sembrava che il matrimonio di scopo fra Pd e Pdl fosse più saldo che mai, in modo da garantire al governo di Enrico Letta una vita tranquilla fino a Natale. Ma qualcosa è andato storto e ora circolano indiscrezioni sempre più insistenti secondo le quali Silvio Berlusconi sarebbe pronto a staccare la spina all’esecutivo, rischiando di mettere di nuovo il Paese in balia agli investitori internazionali. Alla base di tutto c’è la decadenza di Berlusconi: del Pd solo Luciano Violante non vuole votarla.
Ancora una volta il destino dell’Italia potrebbe passare da Berlusconi. Alla luce delle minacce arrivate fra ieri e oggi dagli ambienti del Pdl, a Piazza affari è tornato il malumore. Il principale indice italiano, il FTSE Mib, è apparso pesante fin dalla mattina, chiudendo la seduta in perdita di 1,35 punti percentuali, in lieve rialzo rispetto al rosso fatto segnare a metà giornata, intorno al 2 per cento. Poco mossi, invece, i rendimenti dei titoli di Stato italiani. I Btp decennali hanno viaggiato attorno a quota 4,40%, con un differenziale di rendimento rispetto ai Bund tedeschi di pari maturity di circa 248/249 punti base. Sono ancora lontani i tempi in cui lo spread fra Btp e Bund era a quota 500 punti base. E probabilmente non saranno più raggiunti.
Ormai gli investitori hanno compreso che le minacce di una crisi politica in Italia devono essere prese con le molle. Da quando Enrico Letta è entrato a Palazzo Chigi sono già state almeno quattro i periodi di tensione. Quasi tutti legati alle promesse elettorali del Pdl, ovvero abolizione dell’Imu e rinvio degli aumenti dell’Iva. Tuttavia, questa volta potrebbe essere diverso, almeno dal punto di vista meramente politico. Berlusconi pare intenzionato ad andare fino in fondo.
È difficile che qualcosa di significativo possa avvenire prima della chiusura settimanale dei mercati finanziari. Quindi, niente scossoni prima di venerdì sera. Poi, tutto è possibile. Quale potrebbe essere la reazione degli investitori? Nelle sale trading gli umori sono tranquilli. Sono almeno tre i motivi. Il primo è che, nonostante la pesantezza del debito pubblico italiano, che resta oltre i 2.000 miliardi di euro, le emissioni di titoli di Stato per l’ultimo trimestre dell’anno sono considerate «sotto controllo» dal Tesoro. La domanda rimane su un buon livello e le oscillazioni dei rendimenti nelle aste primarie, su tutta la banda delle maturity, non hanno destato preoccupazioni nemmeno durante lo stallo post-elettorale. In più, la presenza della Banca centrale europea (Bce) è rassicurante. Mario Draghi, e lo dimostrerà anche domani nella consueta riunione mensile, resta il più importante guardiano per l’esistenza dell’euro.
Poi, c’è il leggero miglioramento della congiuntura economica della zona euro. Secondo i dati diramati oggi da Eurostat, la recessione è tecnicamente finita. In caso di crisi di governo in Italia, non ci sarebbero i presupposti, soprattutto per via dello stallo che si creerebbe, per poter agganciare una ripresa che sarà trainata in larga parte dall’export. L’azione di governo dei Paesi dell’area euro, come ha ricordato una nota di HSBC della scorsa settimana, dovrà quindi essere focalizzata al miglioramento della domanda interna. Senza un governo stabile, ciò non sarebbe possibile. «In ogni caso, una ripresa ci sarà. Solo sarà più debole se cadesse il governo», fa notare un’analisi di Nordea.
Infine, la terza ragione. Nel secondo semestre 2014 l’Italia avrà la presidenza dell’Unione europea. E l’intenzione di Palazzo Chigi, ma anche del Quirinale, è quella di evitare ulteriori grane in ambito comunitario. Il percorso di riforma dell’architettura dell’eurozona è ancora lungo e, come dice a Linkiesta un funzionario della Commissione europea, «c’è bisogno degli sforzi di tutti per evitare che si torni allo scenario di incertezza vissuto fra 2011 e 2012». Gli impegni sono vincolanti, e si farà di tutto per non rompere gli equilibri in atto. «Anche in caso di crisi di governo, la speranza è che l’Italia possa mantenere il profilo tenuto finora», sottolinea il funzionario.
Conti pubblici in ordine (almeno nel breve periodo), debito elevato ma sotto controllo, vincoli con l’Europa da rispettare, flebile rimbalzo dell’attività economica. La crisi di governo potrebbe essere più un affaire giornalistico che una concreta minaccia per i mercati finanziari, più spaventati dall’evoluzione della crisi in Siria e dall’assottigliamento del Quantitative easing (Qe) della Federal reserve. Tanto rumore per nulla?