All’indomani dell’assemblea nazionale del Pd i democratici toccano con mano le ferite di una due giorni, che ha acuito ancor più le distanze fra la cosiddetta «base» e il gruppo dirigente. È un tutti contro tutti a Largo del Nazareno. I retroscena si sprecano su chi sia stato il responsabile, su cosa sia successo nel dietro le quinte dell’Auditorium della Conciliazione. Allo stato attuale, retroscena o meno, il dato «certo» resta la data del congresso – l’8 dicembre – e il mantenimento dello Statuto che salvaguardia il partito a vocazione maggioritaria di veltroniana memoria e che fa coincidere la figura del segretario e del candidato premier.
Ed è proprio attorno al principio fondante del Pd di Walter Veltroni – coincidenza fra ruolo di segretario e premier del centrosinistra – che si starebbe giocando il day after. Con i maligni che arrivano a dire: «Lo Statuto è rimasto uguale a quello del 2007? Allora se domattina dovesse cascare il governo, il candidato premier sarebbe Guglielmo Epifani?». Certamente «non sarà così», mormorano parlamentari di diverse aree. Del resto al Nazareno, più che alle primarie per il ruolo di segretario, alla luce delle “non” modifiche apportate allo Statuto, si guarda alla primarie per la premiership. A ciò si aggiungono le parole di oggi che il Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni avrebbe confidato al direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli: «L’Italia deve mantenere gli impegni presi altrimenti sarò costretto a difendermi». E non importa se stamane in un colloquio riservato il premier Enrico Letta avrebbe rassicurato il segretario Gugliemo Epifani: «Resterò fuori dal dibattito congressuale». Perché, riferisce a taccuini chiusi un parlamentare Pd, «a questo punto con lo Statuto del 2007 Letta è più in campo che mai, ma non può dirlo». In meno di 24 ore lo scenario in casa Pd è mutato considerevolmente: l’appuntamento dell’8 dicembre potrebbe trasformarsi, in virtù degli equilibri interni alla maggioranza di governo e della rottura manifestatasi ieri all’Assemblea, in primarie per le premiership.
E qualora fosse così si prefigurerebbe un derby tutto toscano, un derby che vedrebbe l’uno di fronte all’altro premier uscente, il super-doroteo allievo di Beniamino Andreatta, Enrico Letta, e il sindaco «cool» di Firenze Matteo Renzi. Ciò cambierebbe gli equilibri interni al Pd, e in molti salirebbero sul carro del pisano Letta. Ad esempio, le truppe del Ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini, l’ex popolare Beppe Fioroni, e probabilmente parte dell’apparato ex diessino. E non è un caso che in queste ore da più parti si dica che l’attuale Premier stia giocando di sponda con l’ex segretario democrat Pier Luigi Bersani. Ovviamente gli uomini di Bersani negano, e tagliano corto: «Ma quale? È tutta fuffa…». Mentre Massimo D’Alema, che non ha partecipato perché in partenza per New York, starebbe ragionando sul da farsi. Da settimane l’ex Premier ripeteva l’importanza della distinzione fra il ruolo di segretario e quello di Premier. Qualche giorno fa lo ha persino ribadito durante la trasmissione di La7 otto e mezzo: «Il segretario del Pd e il candidato alla presidenza del Consiglio sono due figure naturalmente distinte. Non vedo il senso di questo automatismo». Per l’ex ministro degli Esteri quella distinzione era irrinunciabile.
Ecco perché, come mormora a Linkiesta un dalemiano, non è da escludere che «D’Alema possa chiedere a Cuperlo di sfilarsi». Del resto anche l’ultimo segretario della Fgci ha sempre ripetuto di voler candidarsi candidarsi alla segreteria, non alla premiership. E in questo contesto, con lo Statuto immutato, non avrebbe più senso la candidatura dell’allievo di Massimo D’Alema. Ecco perché in una sfida tutta toscana, Letta contro Renzi, il Presidente della Fondazione Italiani Europei mobiliterà le truppe a sostegno dell’amico “Enrico”, che stima ed «è stimato in Europa».
Ad ogni modo il prossimo 27 settembre, in occasione della direzione nazionale, si comprenderà che ne sarà del congresso, e, sopratutto, che ne sarà del Pd. Perché lì in quella sede la fronda anti-Renzi, guidata dall’attuale Premier, potrebbe un’altra carta. In virtù dei numeri in direzione potrebbe mettere ai voti lo slittamento del congresso. Del resto, continuava a ripetere ieri Beppe Fioroni, «prima di febbraio è onestamente impossibile tenere le primarie». Amen.