Love & War, una storia d’amore per immagini

L'ultima opera di Guillaume Simoneau

Con il termine confessional art si intendono quelle forme dell’arte contemporanea che mettono al centro una dimensione eminentemente biografica. Categoria molto trasversale che attraversa la scultura, l’arte concettuale e tocca anche la fotografia. La sua origine viene attribuita a Louise Bourgeois, la scultrice francese famosa per le sue opere che trasfigurano luoghi e momenti della sua vita privata. Sue eredi più o meno ufficiali sono Tracey Emin e Sarah Lucas, che hanno fatto una bandiera della messa a nudo dei recessi dell’identità femminile e della critica alla cultura patriarcale. In ambito fotografico poi in prima linea ci sono i cahiers di archeologia sentimentale di Sophie Calle e l’opera di Nan Goldin, la sua cronistoria senza filtri della propria esistenza quotidiana, un reportage intimo portato avanti per decenni.

Caroline, Kennesaw, Georgia 2008

Per quanto la confessione artistica venga considerata un territorio prevalentemente femminile, esistono anche casi di elaborazione estetica di un vissuto personale fatti da uomini, e il libro Love & War del fotografo Guillaume Simoneau è uno degli esempi più recenti. Pubblicato dall’editore inglese Dewi Lewis, il libro si presenta come una raccolta di frammenti fotografici di una storia d’amore, quella tra il fotografo e Caroline Annandale, una ragazza conosciuta da Simoneau durante un workshop di fotografia nel 2000. Le immagini ci portano avanti e indietro nel tempo tra il 2000 e il 2009, senza darci modo di comporre un quadro completo. Quello che sappiamo è che qualche tempo dopo l’11 settembre 2001 Caroline va in Iraq con l’esercito americano, la loro relazione si interrompe e in qualche modo ricomincia, anche se scopriamo che Caroline nel frattempo si è sposata con un altro uomo. Lo stesso Simoneau si limita a descrivere il lavoro come “una documentazione istintiva e sporadica della complessità della vita sentimentale di una giovane sergente dell’esercito americano, prima e dopo essere stata in Iraq”.

Grasshopper on rose, Kennesaw, Georgia 2008

E la documentazione si presenta sotto varie forme, immagini tanto trasparenti in quello che mostrano quanto elusive nella narrazione discontinua che costruiscono. Il libro inizia con un ritratto di Caroline nel 2008, la luce calda del sole che contrasta con uno sguardo che appare indurito e scostante, anche se rivolto all’obiettivo. Subito dopo un altro suo ritratto, questa volta un’istantanea della ragazza in divisa con il fucile in mano, a bordo di un mezzo militare. Poche pagine dopo l’immagine di un interno abbandonato, la luce che entra dal tetto sfondato, al centro della stanza un cumulo di neve; come la rappresentazione di una perdita, del disfarsi di un sentimento. Poi Caroline appare in posa per il fotografo, seduta su un letto con indosso un accappatoio. Il libro prosegue accumulando segni, tracce, le immagini parlano attraverso volti, luoghi ma anche parole, come il display del telefono cellulare in cui si leggono i messaggi inviati da Caroline, a volte parole di speranza, spesso di disagio, dolore, confusione. “Non penso che la visita di giovedì sia una buona idea ormai”, scrive nel febbraio 2009, come la resa di fronte a un legame a cui non si crede più, mentre l’estate precedente scriveva: “Più penso a dove stiamo andando individualmente, più credo al nostro stare insieme”. Cos’è successo nel frattempo non possiamo saperlo, possiamo solo vedere Caroline mese dopo mese in posa per Guillaume: in una fotografia ha gli occhiali scuri e un lungo cappotto nero ricevuto in dono a un Veteran’s Day in Georgia, in un’altra ha un’arma in mano, in piedi di fronte a un albero come se lo stesse sorvegliando.

Non possiamo neanche sapere se quello che stiamo vedendo è soltanto la trasformazione di una ragazza che è diventata una giovane donna, o se la dolcezza che vediamo sparire dagli occhi e dai gesti non sia in fondo l’allucinazione del dolore del fotografo che ha perso un amore, se la guerra sia la causa della separazione personale o se sia il simbolo della distanza che si è creata tra due persone. La penultima immagine del libro è un mobile con sopra un mappamondo sfondato, il titolo Promesse Infrante, Lewis, Quebec, 2009, forse fatta nella casa del fotografo, canadese di nascita. L’ultima ci mostra Caroline in piedi in divisa, le braccia abbandonate lungo il corpo, gli occhi rivolti a un punto imprecisato, lontano dall’obiettivo. Indossando l’uniforme militare per me, scrive Simoneau accanto alla foto; “per me”, come se chiuderla nel rettangolo dell’inquadratura, chiederle di fare qualcosa per lui fosse l’unico modo rimasto per mantenere un rapporto, un contatto.
 

Love and War ci racconta gli anni della guerra al Terrore nella forma di un dramma privato, causa e al tempo stesso metafora della separazione, dell’incomunicabilità, del lento finire di qualcosa. Evocando uno degli eventi più fotografati degli ultimi anni, Simoneau ha creato un racconto per immagini fatto di presenze invisibili, dove per una volta la fotografia non vuole mostrare nulla se non il peso di un’assenza. Le sue fotografie potrebbero rappresentare sia l’elaborazione di un lutto sentimentale che la cronaca della lotta per non perdere ciò che resta di un rapporto, e lasciano liberi di immaginare un seguito che vada in una direzione o nell’altra. “Che cosa vuoi che le tue fotografie dicano a chi guarda?”, viene chiesto a Simoneau in un’intervista. “Che andrà tutto bene”, risponde il fotografo.

Twitter: @FabSevero

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Love & war cover

Canadian marine jacket, Kennesaw, Georgia 2008

Ghetto sled, Kennesaw, Georgia 2002

Don’t think text, February 2009

Guillaume Simoneau, Love and War, Dewi Lewis Publishing, 2013.

http://www.dewilewispublishing.com/
http://www.simoneauguillaume.com/
 

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