«Sono un po’ come i video dei diciottesimi: noi li guardiamo ridendo, ma loro ci credono e pagano fior fior di soldi per farli». Tania, che gestisce un sito a Milano, è tranchant nel giudicare i cantanti minori napoletani, i cosiddetti “Neomelodici”. Eppure anche lei li conosce: «Certo, tutti conoscono i Neomelodici. Se lavori nel Web li hai in mente di sicuro, ma anche alle suole superiori i ragazzi li conoscono». Anzi, ormai sarebbero un fenomeno vecchio, tanto se n’è scritto. Ma lo sguardo dei media è stato spesso superficiale, legato agli spunti di cronaca. Ora a qualcuno è venuto in mente di prenderli sul serio e di studiarli.
Giovanni Vacca, napoletano, ricercatore in Storia e analisi delle culture musicali, è autore di un libro di prossima uscita sui cantanti minori partenopei, i Neomelodici appunto. Questo «è un fenomeno prettamente napoletano, tipico di una certa autoreferenzialità “comunitaria” della città», spiega. Per tematiche trattate, gusto, tipo di imprenditorialità musicale.
E allora perché a Milano ci siano persone giovani che dicono di adorarli? Giovanni, a un evento della settimana della moda, elogia Nancy Coppola senza ironia: «È stupenda: la adoro». Irene invece ammette: «Io al concerto di Alessio ci sono andata». Come lei molti altri, per questo non mancano i tour al Nord dei cantanti partenopei: il neomelodico Raffaello si è esibito a Rozzano, ad esempio, e su Facebook c’è una pagina dedicata a chi nell’hinterland milanese non vede l’ora di applaudire i propri beniamini. Infine, perfino artisti milanesi doc come i Club Dogo sono scesi a Caserta a rappare in “itagnolo” con neomelodico Rosario Miraggio (qui in una delle sue hit, Rint’o Vico).
Senorita, dei Club Dogo con Rosario Miraggio
«Questo tipo di prodotti fungono spesso da richiami identitari per persone provenienti dalla Campania o attecchiscono dove ci sono condizioni sociali simili», spiega Vacca nel suo libro. Per questo artisti come Ciro Ricci fanno tour anche negli States, tra gli italoamericani. L’interesse dei Club Dogo, definito meramente economico da Napospia, potrebbe invece essere giustificato dalla descrizione di tematiche “da ghetto” che Vacca riconosce comuni alla musica rap.
La storia dei neomelodici «è relativamente recente», continua il musicologo. Il loro modo di cantare si è diffuso a partire dagli anni ‘90, con qualche precedente negli anni ‘80, «ed è il prodotto, da un lato, dell’abbassamento dei costi della tecnologia per la produzione della musica e, dall’altro, del fatto che i ceti marginali della popolazione hanno ormai assorbito i meccanismi simbolici della tv». Se Wikipedia li colloca nella pagina della “Canzone napoletana”, bisogna dunque fare dei distinguo: «La tradizione fornisce ai Neomelodici proprio una “tradizione”, cioè una storia nella quale collocarsi e della quale sentirsi parte». In realtà, le differenze sono moltissime. La canzone classica di tradizione ottocentesca, ad esempio, era di origine borghese e voleva “elevare” una forma d’arte popolare con l’apporto di musicisti colti, o quantomeno esperti; quella neomelodica invece è una canzone popolare e usa un linguaggio quotidiano. Della tradizione si riprendono solo certi tratti stilistici della vocalità e la melodia «identitaria», ma anche da questo punto di vista ci sono molte intrusioni: «Le influenze pop sono da rintracciare soprattutto in certe forme di arrangiamento e nell’uso della strumentazione elettronica – spiega Vacca –, per quanto quest’ultima sia usata quasi sempre in maniera piuttosto rudimentale e ricordi spesso le sonorità degli anni ‘80».
Povera sora del Piccolo Nardi su base di Jennifer Lopez
Il risultato, a detta dei critici, musicalmente non è interessante. Si dice che quando Gigi D’Alessio apparve per la prima volta a Sanremo, al Corriere della Sera quasi si rifiutarono di parlarne. Poi il successo nazionale costrinse anche i detrattori a riconoscere il fenomeno. D’Alessio è ormai oltre il livello “neomelodico” ma nel Napoletano molti cantanti quasi improvvisati sono altrettanto famosi. «Prendendo come riferimento i contatti dei loro video su YouTube sono in assoluto paragonabili ai cantanti pop italiani di maggior successo, spesso con un mercato comparabile al loro o anche superiore», scriveva un anno fa Roberto Saviano su la Repubblica. E anche i fatturati sarebbero interessanti, per quanto spesso connessi al mercato nero.
«Questo tipo di prodotti fungono spesso da richiami identitari per persone provenienti dalla Campania o attecchiscono dove ci sono condizioni sociali simili», spiega Vacca nel suo libro. Questo giustificherebbe i tour, anche americani, di artisti come Ciro Ricci tra gli italoamericani. L’interesse dei Club Dogo, definito meramente economico da Napospia, potrebbe invece essere giustificato dalla descrizione di tematiche “da ghetto” comuni alla musica rap.
La geografia della musica neomelodica, per questioni di vicinanza culturale, guarda più che altro al Sud Italia. A Palermo e Messina, ad esempio, sono molto ascoltati. Qui artisti autoctoni come Gianni Celeste, il messinese Natale Galletta e soprattutto Tony Colombo cantano in napoletano esattamente come in Campania, e lo stesso avviene a sud di Roma. Molto meno, invece, in Calabria, dove prevale una musica d’ispirazione tradizionale, così come in Puglia. «Il fatto che cantino in napoletano è parte integrante del genere – spiega Vacca –, connota quel tipo di canzone rendendola immediatamente riconoscibile». Che la distribuzione non sia uniforme in tutto il Sud, invece, dipende dai modi in cui il materiale musicale circola, che «sono infiniti: possono intervenire particolari strategie dell’industria dell’intrattenimento, processi d’identificazione, a volte anche il semplice passaparola, specialmente quando si tratta di prodotti non accompagnati dalla grancassa pubblicitaria dei mass media».
Dal punto di vista del pubblico, i testi delle canzoni rappresentano il motivo di interesse musicale. È questo aspetto che, insieme alla personalità del singolo, attira Like su Facebook (che quasi tutti i cantanti usano). Descrivono prevalentemente «ambienti adolescenziali delle periferie» e parlano di amore, onore, famiglia, spiega il musicologo: tanti aspetti drammatizzati del vissuto quotidiano, insomma. Spesso – fa notare Veronica Valli, redattrice del partenopeo Jou-ng – vengono anche descritti fenomeni sociali poi ripresi da altri autori, anche non neomelodici. Un esempio è l’amore per le badanti straniere di Tengo ‘a Polacc di Gino Saggese, ritrovato poi in Sognando Cracovia di Immanuel Casto.
Alessio, Ma si vene stasera
Nel caso di Ma si vene stasera di Alessio, il tema è l’amore sbilanciato di una donna verso l’uomo che la tradisce:
«Tu lo ami da morire / e stai mal comm a cchè / iss nun s mport e nient / pchè nun è pazz e te / fors chest l’hai capit / ma chill è cchiù fort e te / e torn a perder».
Nancy Coppola, Ragazza madre
In Ragazza madre Nancy parla di un’adolescente incinta di un uomo che non vorrà il bambino:
«Passa o tiempo e nun trovo e parole / me metto paura chisà che farà / se gli dico che fra sette mesi / è un arrivo un bambino che poi nascerà / lui sposato già tene na casa / chi a sera lo aspetta e chi o chiamm papà / chisà se il mio lo accetterà».
Ciro Ricci, Figli della vita
Talvolta il tema sia semplicemente la difficoltà del vivere, come in Figli della vita di Ciro Ricci:
«Noi siamo tutti figli / di vincitori e vinti / dietro le rughe che noi scopriamo / ci sono sguardi che conosciamo / di figli e padri».
Alcuni dei cantanti gravitano nel “sistema” Camorra e ne parlano temi elogiativi. Non mancano esempi di interpreti al centro di episodi di cronaca. L’ultimo potrebbe essere Zuccherino, al secolo Alfonso Manzella, che è stato arrestato con l’accusa di esplosione di colpi d’arma da fuoco, detenzione e porto illegali di armi e resistenza a pubblico ufficiale il 16 settembre 2013. Non sono rari i casi di canzoni usate per come pizzini o di artisti le cui esibizioni sarebbero state imposte dai clan. Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, però, a detta di parecchi napoletani che pur li considerano musica trash.
Lisa Castaldi, Il mio amico camorrista
La chiusa della canzone Il mio amico camorrista di Lisa Castaldi, è in sintonia col titolo:
«A parola camorrista fa paura, fa tremmà, ma per chi li ha conosciuti nunn ‘e ssape giudica»
Anthony & Tony Marciano, Nun Ciamm Arrennere
Ciro “Tony” Marciano, arrestato per traffico di stupefacenti durante un’operazione contro il clan Gionta di Torre Annunziata, raccontava l’avversione per i pentiti e invitava i boss ad resistere in Nun Ciamm Arrennere:
«Chista è la verità che s’è vendut, nun po’ ricattà ormai ha parlat, te promett che la famiglia tuia, stà sempre bona niente mai le può mancà … fannu male sti cose, nun ciamm arrennere».
L’ambiente in cui è nata questa canzone definisce «la diversità del genere e l’irripetibilità in altri contesti», spiega Vacca. Questi cantanti parlano di quello del mondo in cui vivono e del quale esprimono la mentalità, con pregi e difetti. Anche i modi di realizzare videoclip e concerti dipendono dal carattere particolarmente «viscoso» che hanno i rapporti comunitari nel Napoletano. Ad esempio, a prima vista può colpire che in ogni video sia presente il numero di telefono del cantante per favorire il contatto diretto coi fan, così che possano chiamarlo e conoscerlo ma anche ingaggiarlo per suonare alle loro cerimonie. La stessa funzione hanno i ringraziamenti alla fine di un video musicale, che non tralasciano i riferimenti di quelli che hanno contribuito. Un altro aspetto legato al marketing riguarda invece a presenza dei cantanti sulla Rete, con canali YouTube, pagine Facebook e talvolta anche pagine di Wikipedia dedicate. «Impresari, cantanti o genitori dei cantanti sono infatti caratterizzati da grande senso imprenditoriale – prosegue Vacca – ma l’ambito in cui si muovono è, e resta, quasi sempre quello locale».
A me piac a Nutella, del Piccolo Lucio, in coda presenta dei ringraziamenti particolaremente articolati
A livello nazionale il fenomeno neomelodico resta non replicabile, né apprezzabile da larga parte degli appassionati di musica. La realtà locale di un artista milanese, ad esempio, avrebbe un orizzonte culturale più ampio che i quartieri popolari napoletani. In questo modo è più difficile affermarsi, per gli artisti, a livello locale; ma anche, dall’altra parte, ad apprezzare certi prodotti tipici: «Spesso la canzone neomelodica è ascoltata con curiosità e divertimento più che con reale godimento estetico, come una sorta di folklore tecnologico», spiega Vacca. Varie pagine di Facebook sembrano dargli ragione, e non solo loro.
Il provino del neomelodico Marco Marfè a X-Factor 2009
Nonostante questo, ogni anno case discografiche partenopee come la Zeus Record provano a far fare ai loro artisti il salto di qualità, cercando il nuovo Gigi D’Alessio. In genere puntano a ribalte come il Festival di Sanremo e, dopo l’approdo Maria Nazionale nel 2013, ci si chiede se abbiano crescenti possibilità di riuscirvi. Rimane che all’Ariston, fino ad ora, sono arrivati al massimo ex neomelodici, ripuliti e pronti a cantare in italiano. La stessa Maria Nazionale ha immediatamente sconfessato certe radici, sebbene precedenti interpretazioni lascino pochi dubbi: «Quando leggo che scrivete che sono una cantante neomelodica sento un’accoltellata al cuore. Sono una “melodica”», ha dichiarato.
Maria Nazionale, Ragione e sentimento
Twitter: @eva_alberti
PER APPROFONDIRE:
Un articolo di Stefano Pistolini su Il Foglio che racconta, tra altre cose, il sotto-fenomeno dei baby neomelodici, e la puntata de Il Testimone di Pif dedicata a questi cantanti.