Sono i gemelli diversi d’Italia, Matteo Renzi e Beppe Grillo, la speranza della sinistra e l’arruffa popolo, il ragazzino glabro e l’anziano barbuto, il magro e il rotondo: sono i veri capi dell’opposizione ed entrambi tentano la scalata ai voti del centrodestra in disarmo.
L’uno ha appena messo in scena a Firenze la sua Leopolda 2013, il teatro del renzismo, il trampolino “cool” verso la segreteria del Pd; l’altro si prepara alla più grande offensiva contro un presidente della Repubblica che si ricordi dai tempi di Giovanni Leone e Camilla Cederna.
E così Grillo sfiora il linguaggio xenofobo che fu di Umberto Bossi e della peggiore Lega, mentre Renzi per corteggiare la destra “legge e ordine”, rivela che la legalità è di sinistra e dunque si contrappone a quell’amnistia che Marco Pannella vorrebbe per ragioni di “diritto” e Silvio Berlusconi invece sogna per ragioni di “storto”.
Questi due uomini, così lontani eppure così vicini, osservano la rissa petulante del Pdl, rapidi e spregiudicati, dotati di un magico intuito, percepiscono l’odore acre di crisantemi che emana da Arcore, dunque si attrezzano a raccogliere, ciascuno per quel può, un po’ di schiuma del berlusconismo declinante. E sia Grillo sia Renzi criticano Giorgio Napolitano, cioè l’architrave di quella grande coalizione che entrambi vorrebbero abbattere; e sia Renzi sia Grillo funzionano in televisione; e sia Renzi sia Grillo sono contro i finanziamenti pubblici ai partiti; e sia Renzi sia Grillo giocano con il populismo; e sia Renzi sia Grillo parlano un linguaggio semplice (o semplificato); e sia Renzi sia Grillo vorrebbero rottamare il sistema della Seconda Repubblica; e sia Renzi sia Grillo usano Internet come nessun uomo politico prima di loro in Italia. Gemelli, dunque, ma diversi.
Mai infatti Renzi direbbe che gli immigrati irregolari sono “da mettere in galera”, che la cittadinanza per chi nasce in Italia è “senza senso”, che abolire il reato di clandestinità è un’aberrazione perché farebbe “perdere voti”. E mai Renzi, che pure vuole pensionare l’intero ceto politico dell’ultimo ventennio, userebbe il turpiloquio, l’anticamera della violenza, la più miserabile delle scorciatoie del pensiero, per liquidare i suoi agguerriti avversari politici. Renzi è forse l’uomo che più impensierisce Napolitano, ma per riuscire nella sua battaglia, per essere pericoloso, non ha bisogno di agitare in modo scomposto il cappio populista dell’impeachment, di vomitare nomignoli e storpiature, che sono invece la grammatica di Grillo – “vecchio”, “dentiera presidenziale”, “Morfeo” – né tantomeno Renzi si sognerebbe mai di cannoneggiare a colpi di rutti Mario Monti, Enrico Letta o Angelino Alfano. E insomma, entrambi hanno grande successo sulla rete, sanno usare i social network, Twitter e Facebook, eppure non ne fanno lo stesso uso. Per Renzi, Internet è l’estroflessione delle sue affettazioni un po’ mocciose, mentre per Grillo il web è esattamente quello che un tempo erano le birrerie per Bossi e Maroni, un posto dove stordirsi di stupidaggini, flatulenze, alito pesante e pensieri leggeri, settarismi, smargiassate, “osteria gratia plena / ve lo daremo sulla schiena”. E dunque mai Renzi rimesterebbe in quella pattumiera del risentimento che, nella lingua di Grillo, trasforma Gad Lerner in Gad Merder, fino allo sberleffo antisemita, la fogna dell’intelligenza, “non mi fiderei mai di uno col naso adunco”, “lo spedirei a passeggiare per Gaza con la papalina da ebreo in testa”.
Cercano i voti della destra, giocano con il populismo e sono due leader mediatici, sì, ma Renzi, che ha frequentato l’oratorio e ha fatto lo scout, rimane un figlio della sinistra italiana, malgrado, come dice Eugenio Scalfari, sia certamente il portatore di una trasformazione antropologica della sinistra nel nostro paese: piace alle mamme, ha la faccia pulita e l’aria da bravo ragazzo di mezza provincia, presuntuoso, a tratti un po’ gradasso, ma cresciuto senza ossessioni d’estremismo, senza traumi infantili, non conosce infatti pose messianiche né coltiva strane manie.
Si assomigliano, Renzi e Grillo, ma sono anche completamente diversi. L’arruffato genovese adesso potrà anche conquistare il voto della destra becera e biliosa, che in Italia ha avuto grande successo in passato, un successo persino totalitario dal 1922 al 1943. Con il complemento dei vernacolieri che lo adorano, Grillo adesso potrà anche scagliare lo sputo schiumoso dell’impeachment su Napolitano, e forse trovare persino un alleato nel centrodestra berlusconiano, nell’ultimo estremizzato colpo di coda del ventennio. Ma la destra migliore, quella liberale, aperta, curiosa, moderna, è invece terra di conquista per Renzi, è lo strumento con il quale trasformare antropologicamente – e chissà, migliorare – la sinistra italiana. A ciascuno il suo, dunque. Gemelli, sì, ma diversi.