In Italia ogni due giorni e mezzo viene uccisa una donna. Solo dall’inizio di questo anno, al 30 giugno, si contano circa 70 femminicidi. Ma i numeri delle donne che subiscono violenze sono anche peggiori: in Italia si stima che circa 6.743.000 siano le vittime di abusi fisici e sessuali. E che almeno un altro milione abbia subito stupri o tentati stupri.
Secondo l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) oltre il 57% delle donne che hanno subito violenza (specialmente se dal compagno o da un conoscente) non ne parlano con nessuno e solo il 7% (!) sporge denuncia. E questo nonostante decine di campagne contro le violenze, mobilitazioni e azioni di governo.
Fino ad ora c’è anche da dire che la quasi totalità delle iniziative in difesa delle donne sono sempre state realizzate da donne, per donne, e fra donne. Già perché in Italia c’è (e c’è da sempre) un latente maschilismo, che pare indicare che, dopo tutto, se una donna subisce violenza in fondo è “colpa sua”.
E questo inconscio pensiero è sempre stato talmente radicato da aver influito anche nella mentalità delle donne stesse, che hanno pensato prima di tutto (e giustamente) a difendersi poi a cercare di cambiare il loro modo di pensare ed agire. Sempre vedendo nel maschio il predatore da cui difendersi. Comprensibile analisi. Ma anche giusta?
In parte sicuramente, ma non completamente. Ed è quello che devono aver pensato gli ideatori della campagna “NoiNo!”. Iniziativa realizzata da uomini, rivolta agli uomini, che dicono “NO!” alla violenza sulle donne.
Giannandrea Bultrini, di “Studio Talpa”, che ha creato e gestisce la community di NoiNo.org, dice: «NoiNo.org è una prima persona maschile plurale, molto plurale. Perché non siamo una associazione né un partito: siamo una rete di uomini diversi tra loro per età, modo di vivere, convinzioni. Ognuno con la sua idea di che cosa vuol dire essere un uomo (o se preferisci un vero uomo). In NoiNo.org c’è spazio per tutti. Tranne che per i violenti».
Un cambiamento decisamente rivoluzionario perché è necessario, accanto al sostegno alle vittime, rivolgersi a coloro che commettono la violenza: agli uomini appunto. Ed è qui l’idea nuova per combattere lo strisciante maschilismo: ribaltare la prospettiva e coinvolgere uomini (famosi e non) affinché diventino i migliori testimonial di un messaggio semplice quanto efficace, cioè che la violenza sulle donne finisce cominciando da noi (uomini).