AGENDA DIGITALE / 1Italia e Europa provincia dell’impero digitale

Agenda Digitale

L’Agenda Digitale Italiana nasce nel marzo del 2012 per volontà del governo Monti che nello stesso anno ad Ottobre attraverso il “decreto crescita” ne definisce il percorso attuativo. Inizialmente è stata istituita una “cabina di regia” multi ministeriale che  ha indicato scopi e natura dell’Agenda e solo dopo il controllo è passato all’Agenzia per l’Italia Digitale. Enrico Letta il 13 Giugno ha incaricato Francesco Caio, autore dell’omonimo piano,  di guidare l’Agenzia,  passata sotto il controllo diretto della Presidenza del Consiglio, nella speranza  di velocizzare la fase operativa dopo la lunga gestazione. Ancora oggi il provvedimento è disatteso perché solo 8 dei 21 decreti attuativi previsti sono entrati in vigore.

Il progetto ADI è costola del programma per il rilancio economico europeo chiamato Europa 2020. Il piano decennale, erede di Lisbona 2010, definisce gli obbiettivi da raggiungere in campo economico dagli stati membri, le metriche di controllo e realizza le analisi di confronto tra i paesi. Non avendo potere prescrittivo, il piano è una mappa ideale dei percorsi da intraprendere e un grande laboratorio di analisi delle attività locali.

L’Agenda Digitale Europea si occupa di definire, all’interno di Europa 2020, le linee guida per lo sviluppo delle attività digitali. Sono state individuate sette aree tematiche a loro volta composte da 101 obbiettivi che dovrebbero servire “ to reboot the EU economy and enable Europe’s citizens and businesses to get the most out of digital technologies”. Neanche l’ADE può imporre il suo programma ma ha un ruolo di guida e di controllo. In concomitanza con il semestre europeo vengono effettuate delle valutazioni sui progressi dei singoli Stati; attraverso la raccolta di dati provenienti anche da centri di ricerca indipendenti dalla UE viene aggiornata una scheda-pagella per paese così da ottenere uno scoreboard dettagliato. L’ADE produce un documento di raccomandazioni specifiche per ogni Stato membro. In queste classifiche l’Italia ha fino ad ora ottenuto risultati insoddisfacenti. Cinquantesima nella classifica stilata dal WEF per la presenza delle tecnologie di informazione, l’Italia in Europa è ultima nella classifica di penetrazione della banda larga a 30 Mbps (con lo 0%) e nell’utilizzo da parte dei cittadini dell’eGovernment (meno del 20%), penultima nell’utilizzo degli strumenti di commercio elettronico e quart’ultima nell’uso della rete tout court (quasi il 50% degli Italiani dichiara di non usarla mai).

La situazione Italiana è allarmante rispetto alle altre nazioni europee ma, allargando la visuale, ci accorgiamo che tutto il continente “è Italia” rispetto al resto del mondo. La capacità dell’Europa di innovare e di essere traino economico e culturale su scala globale sembra essersi dissolta nell’era del silicio. Nel contributo della Commissione Europea in vista del dibattito del Consiglio Europeo sull’Economia digitale del 23 Ottobre e nella presentazione dell’evento da parte di Barroso, troviamo accanto alla problematica situazione Italiana un quadro poco rassicurante del sistema Europa nel complesso. Le TIC europee sono poche (10 tra le prime 50 nel mondo e nessuna tra le prime 10) e il mercato legato al mondo dell’informazione e della comunicazione (di conseguenza anche il mercato in generale), cresce molto più a rilento che negli USA anche a causa di investimenti  inferiori in ricerca e sviluppo. In Europa si investe meno in generale e nel mercato delle tecnologie di informazione in particolare. È l’intero continente a nono vedere l’importanza che la  knowledge economy ha e avrà nel prossimo decennio. A questa situazione i paesi dell’ UE stanno reagendo in modo diverso ma solo l’Italia, tra i più grandi, ha aspettato le indicazioni europee per iniziare a pianificare la sua road map digitale ed è la sola ad aver mutuato le priorità dell’ADE senza un forte adattamento alle specifiche esigenze del paese.

Nel tentativo di uniformare la situazione Europea e di passare ad un livello operativo con la sua Agenda Europea, Neelie Kroes durante il suo speech al secondo forum sull’ADI organizzato a Roma da Confindustria presenta la sua visione di “Continente connesso”, punzecchiando le lobby della telefonia mobile e indicando che va regolato il rapporto tra piccoli operatori e OTT del settore. Tutto questo mentre in Italia si parla da mesi di scorporo e di monopoli, senza trovare una soluzione al problema che soddisfi i palazzi e permetta una crescita del settore.

l’Italia è un paese complesso e sicuramente le riforme economiche e gli investimenti sulle infrastrutture non bastano a sanare un digital divide che è anche figlio di un problema culturale: secondo un sondaggio presentato dall’ anfov circa il 20% delle 1000 PMI italiane ascoltate sotto-utilizzano o non utilizzano affatto tecnologie digitali. La totalità degli intervistati non avverte problemi legati alla velocità di banda anche quando hanno attività in zone di digital divide. Il problema principale sembra essere la percezione dell’esistenza del problema stesso. Solo un rete di PMI che vogliono investire nel digitale possono spronare l’esecutivo a lavorare velocemente per migliorare la situazione e solo con imprenditori che guardano al digitale come risorsa possiamo sperare di costruire un economia stabile e con prospettive di crescita per il lungo periodo.

Per ora gli investimenti rimangono sulla carta, e sono comunque insufficienti. La loro erogazione langue per colpa della situazione economica del Paese e delle lungaggini legislative. Il primo anno sono stati spesi circa 2,5 Mld di euro e circa 1,2 Mld per ricerca e sviluppo. Una prima serie di investimenti che ci si aspettava producesse 4,3 miliardi di euro e fino a 54 mila occupati permanenti (19 mila nella fase di spesa). Sono partiti nel corso del 2013 i bandi per le regioni convergenti su Open Data e Big Data ed è al via lo stanziamento di 3 Mld per la digitalizzazione anagrafica, la comunicazione con la PA e la fusione dei CED comunali in meta Data Center gestiti dalle Regioni.

Scelte strategiche, tempistiche di investimento, rendicontazione dei risultati e conseguente percorso di correzione delle strategie sono ancora nebulose e in attesa di un chiarimento. Per questo il nuovo canale “Innovazione&Tech” de Linkiesta vuole diventare una finestra permanete sulle attività dell’Agenda Digitale Italiana. Per funzionare bene le istituzione hanno bisogno di partecipazione ma anche di controllo da parte della società civile. Noi saremo qui a monitorare i lavori e a rendervi partecipi delle attività di quella che dovrebbe diventare una delle più importanti azioni di governo dei prossimi anni.

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